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STORIE DI BASKET CITY – “Dalibor unico Dio” – 19 Mar

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15 Ottobre 2014: Reggio Emilia gioca al Paladozza, impianto scelto per le gare casalinghe di Eurocup. L’avversario è il Bamberg, squadra della quale si dice un gran bene. In panchina c’è Trinchieri e in campo altre vecchie conoscenze del basket italiano. La curiosità di vedere all’opera entrambe le squadre mi spinge verso il Palazzo, poi, scorrendo il roster degli ospiti mi balza agli occhi il nome di un giocatore che quel palazzo lo conosce molto bene. Tra le fila del Bamberg c’è Dalibor Bagaric, uno di quei giocatori che ha legato indissolubilmente il suo nome alla Fortitudo. Lo vedo entrare da quel tunnel che conduce al campo, fare quelle scale, quelle che ha salito mille volte per andare ad affrontare tutte le battaglie cestistiche combattute su quel parquet. Il centro entra in campo e uscendo dal tunnel di fronte si troverebbe anche la Fossa se si trattasse di una gara casalinga della Fortitudo, ma non è questo il caso e quel settore, salvo qualche sporadico spettatore è semi deserto.

Chi sa che Dalibor non abbia ripensato a tutte le volte in cui la Fossa ha inneggiato al suo nome e magari anche al due aste su cui compariva la scritta “Dalibor unico dio”. Ne ha di ricordi in quel Palazzo e poco dopo quei ricordi diventano concreti e si trasformano in un coro a lui dedicato: alcuni fortitudini sono andati al Paladozza solo per lui, per salutarlo e per tributargli proprio quel coro che ogni Domenica lo accompagnava quando scendeva in campo. A fine partita Bagaric va verso di loro, li va a salutare uno ad uno, quasi come fossero dei vecchi amici ritrovati. Anzi, senza il quasi, era proprio così: un bolognese e fortitudino d’adozione che ritrova dei vecchi amici, che reincontra i suoi tifosi. Basterebbe solo questo a capire cosa ha rappresentato Bagaric per i fortitudini: un giocatore che con la maglia bianocblu addosso ha fatto innamorare tantissimi tifosi. Lo hanno amato per la sua grinta, per quel suo carattere che lo portava a lottare su ogni pallone e in ogni azione. Lo hanno amato per l’intensità che metteva in ogni gara, anche quando entrava dalla panchina, lo hanno amato per quei meravigliosi movimenti spalle a canestro in post basso, quelli con i quali ha portato a scuola mezza Serie A. Lo hanno amato perché era diventato un fortitudino a tutti gli effetti e lo ha dimostrato a più riprese anche e soprattutto nei derby e nel modo in cui li viveva.

Con la Fortitudo giocò prima dal 2004 al 2006 e poi dal 2007 al 2009, con in mezzo la parentesi al Girona, squadra con la quale vinse la FIBA EuroCup. La Fortitudo lo prelevò dall’Olympiakos, e nelle prime due stagioni in maglia biancoblu arrivò prima lo Scudetto grazie al fantascientifico tiro di Douglas (la storia di quello scudetto ve la racconteremo nelle prossime puntate) e poi la Supercoppa italiana contro Treviso, avversaria di mille battaglie della Fortitudo. Si ambientò con facilità Dalibor, in quella che definì più volte come una grande famiglia o una terza casa (dopo quella tedesca e quella croata). Quando andava in campo i suoi 216 centimetri li sfruttava tutti e considerando che, nonostante l’altezza era anche molto atletico, marcarlo per le difese avversarie diventava un serio problema. Bagaric era un vero e proprio totem nel pitturato, se poi, giocava anche in post basso non c’era storia: da lì poteva fare una virata anche per andare a schiacciare, oppure prendere il centro dell’area e trovare una facile conclusione. Questo è il giocatore che Repesa aveva voluto per la sua Fortitudo, un giocatore che si rivelò fondamentale nelle rotazioni nelle due annate con i biancoblu. L’anno dopo la Fortitudo non riuscì a fare il bis e si arrese alla Benetton in finale scudetto per 3-1. Nell’unica gara vinta al Paladozza, il 18 Giugno del 2006, Bagaric ne mise 16 in 18’ chiudendo con 25 di valutazione e dando un concreto apporto a quella che alla fine si rivelò solo una vittoria illusoria per i sogni tricolore.

Dalibor Bagaric in maglia Fortitudo (foto: Gazzetta.it)

Nel suo secondo anno in maglia biancoblu, Dalibor conobbe il derby finalmente: l’atmosfera, il clima rovente della partita ma anche l’attesa interminabile e quasi snervante prima del match. Bagaric ne aveva sentito parlare dai suoi tifosi e aveva capito subito l’importanza di quella sfida per la supremazia cittadina, quella sfida che alla prima stagione non aveva potuto giocarlo in quanto la Virtus era in Legadue, in quello che fu uno dei due anni di purgatorio per le V nere dopo il rischio del fallimento. Certo, un conto è sentirne parlare, un altro è viverlo un derby, soprattutto a basket city. L’anno seguente, con il ritorno dei bianconeri in A, tornò anche il derby e fu proprio in un derby, che si inimicò tutta la tifoseria virtussina. In un’atmosfera come quella un giocatore dal carattere di Bagaric si esaltava e per esultare dopo un fallo e canestro mise il dito davanti la bocca nel gesto di zittire i tifosi virtussini che, neanche a dirlo, non la presero benissimo, per usare un eufemismo. Quel gesto, che gli valse anche il tecnico, forse fu esagerato, ma indubbiamente fu dettato dal clima del derby e dalla trance agonistica di quel momento. Da quel momento entrò ancor di più nel cuore dei suoi tifosi e divenne “l’unico Dio” che la Fossa inneggiava.

Bagaric in un derby

Bagaric in Eurolega con la Effe (foto: Euroleaugue.net)

Tornò nel 2007, lo fece per l’amore che lo legava a quei colori e per i tifosi. Già, i tifosi, quelli che al suo ritorno a Bologna lo accolsero al “Marconi” con molti cori. Bagaric parlò di loro così: “i tifosi della Fortitudo non hanno rivali, sono i migliori e nessuno regge il paragone. Se sono tornato qui è anche per loro perché quello che mi è mancato è stato soprattutto il loro calore”. Per parafrasare Venditti potremmo dire “certi amori non finiscono fanno dei giri immensi poi ritornano” e lui era tornato a casa, anche se il suo “giro” era durato solo un anno. Nella stagione a Girona, però, non si era dimenticato della sua amata Effe, si teneva informato sulle sorti dei biancoblu, soffriva e gioiva proprio da vero tifoso, da vero fortitudino. Le due annate con la Fortitudo, però, non furono come le prime due e tra mille problemi societari, che non starò qui a ricordare, arrivò anche la retrocessione della Fortitudo in Legadue nel 2008/2009 con Bagaric che vide pochissimo il campo. Tornare nelle squadre in cui sei stato un vincente e un protagonista non è mai facile, non è mai semplice ripetersi, ma il richiamo della Effe era troppo forte per dire no e stare qui a fare inutile retorica non avrebbe senso. A volte prevalgono i sentimenti e per un “fortitudino” è difficile dire no quando la tua squadra chiama.

La Fossa ha sempre amato i giocatori che danno l’anima e non si tirano mai indietro perché rispecchiano la loro indole di non arrendersi mai davanti alle difficoltà e i fortitudini di situazioni difficili, sportivamente parlando, ne hanno affrontate parecchie. Bagaric aveva capito lo spirito Fortitudo, uno come lui non poteva non essere amato dai suoi tifosi. 216 centimetri tutti di cuore e grinta, per un giocatore che stava per far diventare monoteisti i suoi tifosi: “Dalibor unico Dio”.

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