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Umarells rossoblu – Un caffè…amaro – 25 Settembre

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Sono seduto in un caffè del centro storico della città. Sono nella mia Bologna. Mi guardo attorno, oggi non è una giornata di particolare fermento. E’ un normale giovedì bolognese con i negozi chiusi, mezzi chiusi, mezzi aperti e chi ci capisce più nulla.
Bologna è una città internazionale, sì avete capito bene. Lo è. La sua Università è a tutti gli effetti la più antica del mondo. Si sentono molteplici lingue nei vicoli. Si respira ancora, nonostante un regredimento, una bella aria di vigore culturale e umano. 
Bologna perdona sempre i suoi figli e anche i figliastri. E’ una città generosa che ha sempre accolto tutti. I portici della nostra città sono come le braccia forti di una madre, orgogliosa di chi può stringere.
 
Il bolognese tipico è un po’ dandy, un po’ fighetto, un po’ milordino, il tutto però condito da una mentalità aperta, da voglia di fare e cuore da vendere.
 
Il bolognese vero. 
 
Poi ci sono i bolognesi acquisiti che, un po’ come i parenti, non te li scegli. Un po’ come il cognato, il cugino laterale o il nonno di terzo grado. Sono sassolini nelle scarpe, che può anche succedere che siano meglio di un bolognese verace, ma a volte, seppur rare ti bucano i calzetti.
 
Non sono cattivo. Non odio nessuno. Penso solo che Bologna vada amata come si deve: senza condizioni. Senza lamentarsi. Con il rispetto che si deve a una città che ha un cuore grande come la regione intera.
 
L’amore per questi tetti rossi, per i tortellini, per le torri, per le belle donne che ci abitano e per gli uomini veri e sinceri è roba da tutti i giorni, roba da cucirsi sulla pelle per ventiquattro ore ogni santo giorno. 
 
L’amore per Bologna non ammette soste, non ammette ripensamenti. 
 
Sono proprio un romantico, mentre penso queste cose mi vien da zigare. Come un bambino. Per me Bologna non è stata solo gioia. Però, come dice una scrittrice bolognese, “Bologna è come una ragazza che ti delude spesso, ma che non sai mai lasciare”.
 
Mentre mi asciugo le lacrime una cameriera mi porta il caffè che avevo ordinato.
 
“Come lo vuole il caffè?”.
 
“Amaro, come la vita.”.
 
Poi vedo la marca, ah ma è proprio quella marca lì? Il caffè mi va di traverso e mi sporco la camicia. Era meglio una Coca Cola ammmerigana?

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