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30 Aprile, il punto su Basket City: se in Lega, Fip e compagnia bella si continua solo a sognare la California…

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La doppia intervista a Baraldi/Pavani di martedì sera su TRC (per taluni aspetti un grido di dolore alla Cavour) ha in certo senso chiuso un periodo e – forse – aperto quello successivo: ha chiuso il periodo delle polemiche sulla chiusura anticipata, la mancata ripresa, argomenti sui quali ormai occorre mettere una pietra sopra, e aperto definitivamente l’età dei dubbi quasi irrisolvibili sul futuro. Già, perché il momento è tale per cui ogni parola spesa rischia di essere vanificata dalla realtà contingente, ogni proclama di essere subito smentito, ogni impegno di svanire nel nulla, con le incertezze nelle quali si naviga circa l’evoluzione della pandemia. Il fatto è che più che cercare autentiche soluzioni ai problemi che comporta un’attività agonistica di squadra pare che a livello istituzionale sportivo ci si fermi sull’orlo del guado per vedere se l’acqua smette di passare. È evidente, come hanno rimarcato l’ad virtussino e il presidente biancoblu, che così come stanno le cose è quasi impossibile che l’attività del basket professionistico possa riprendere a porte chiuse, ma è altrettanto chiaro che oggi come oggi la sola alternativa sarebbe quella di un passaggio su canali televisivi di enorme visibilità che potrebbero richiamare adeguate sponsorizzazioni. Si tratterebbe di fare un lavoro probabilmente mostruoso di marketing e promozione, con implicazioni non indifferenti sul piano politico, ma se il basket non vuole restare in stand-by ad libitum non è che si presentino tante altre scappatoie, a meno di invenzioni clamorose per ora imperscrutabili.

Tutto quello che si sente raccontare, oggi, a livello di mercato, di partecipazione a tornei europei, resta chiacchiera da bar per distrarre i tifosi e alimentare l’interesse, a rischio di progressivo esaurimento. Anche i proclami di solidità finanziaria rischiano di rivelarsi vani se non ci sarà un adeguamento dell’intero sistema, compresa la parte societaria, come ha chiaramente rimarcato Baraldi, giacché non è detto che per tutti saltino sempre fuori i Pantalone ad aggiustare le cose. Rimodernare Lega e Federazione, rinnovare i rapporti fra società e istituzioni, riguardare le modalità di partecipazione agli eventi e soprattutto la loro diffusione mediatica restano temi urgenti, imprescindibili, se non si vuole continuare a sognare semplicemente la California, come cantavano i Dik Dik e i Mama’s & Papa’s. La crisi c’è, e spaventosa, ma a volte dalle crisi si esce rafforzati. Oppure, ci si resta impantanati destinati a scomparire, se non si sfruttano questi momenti per compiere quel passo che rappresenti il valore aggiunto su cui ricominciare.

Chiaro poi che nella posizione dell’osservatore tutto può apparire più facile, ma sarebbe tanto chiedere da parte delle istituzioni sportive l’apertura ad un dialogo veramente costruttivo, la disponibilità a cambiamenti davvero produttivi, e non solo i giochini sull’italiano in più o in meno, il tentativo di rifugiarsi in corner del ritorno al dilettantismo, o le altre amenità che restano i soli argomenti di cui si sente parlare in Fip e Lega?

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