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Vu Nere davanti a moniti da non sottovalutare. L’editoriale del lunedì sulla Virtus

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Dopo la batosta presa da Cremona, la trasferta ad Andorra per l’Eurocup non può non essere motivo di preoccupazione per una Virtus Segafredo che per la prima volta quest’anno si è scoperta fragile. Se la sconfitta nel derby in Supercoppa LBA era stata giustamente assorbita come incidente di percorso nella fase di precampionato, se quella, onorevole, contro Milano in finale si poteva giustificare in mille modi, con quella di sabato contro una delle cenerentole del campionato è come se si fosse sollevato il tappeto scoprendo una polverina che vi era stata nascosta. Intendiamoci, non vi è motivo per farne una tragedia: siamo ad inizio stagione, ci sta che taluni meccanismi siano da finire di rodare e che lo stato di forma di alcuni giocatori non sia ottimale, e probabilmente i due punti persi potrebbero non pesare eccessivamente nel prosieguo del campionato; però, qui i problemi attualmente paiono soprattutto due: il primo, è che la Virtus a trazione serba non ha perso il vizio di approcciare le gare con una sufficienza che la costringe a rincorrere nella seconda parte della partita qualunque avversario, accumulando stress e tossine in eccesso  e non consentendo una più serena rotazione dei giocatori, funzionale ad una ripartizione dei carichi di lavoro. Col rischio, come appunto sabato, che un imprevisto faccia saltare il banco. La tripla da metà campo di Pepp Curry, il Poeta di Cremona, a mezzo minuto dalla fine, ha decretato la condanna di una squadra molle e distratta fino a dieci minuti prima, colpevolmente supponente nel credere di poter ribaltare qualsiasi situazione, come in effetti è accaduto molto spesso fin qui, considerando pure la stagione passata. L’anno scorso vi si era in parte ovviato inserendo Santeodosic nel quintetto iniziale, ma quest’anno neppure questo sembra sufficiente. È evidente, pertanto, che esiste un problema di mentalità da sradicare, se si vogliono perseguire gli obiettivi fissati per quest’anno. L’altra questione, forse ancor più insidiosa, riguarda la gestione dei finali, e più in generale del roster. Anche l’occhio meno esperto si accorgerebbe del fatto che Djordjevic si fida ciecamente solo di due o tre dei suoi uomini, ai quali affida la gestione di tutti i momenti topici, che diventano tanti quando le partite prendono così spesso la piega di dover rincorrere allo spasimo. In questo modo si rischia un loro rapido surmenage, con lo spreco di potenziali risorse alternative. In soldoni: Adams in carriera ha dimostrato di non spaventarsi se deve prendersi l’ultimo tiro, o giocare l’ultimo pallone: non sarebbe il caso di provare ad affidare un po’ anche a lui la squadra nei finali, dove stiamo vedendo quasi solo un dio Milos che scende dall’olimpo con compiti di sbrogliare ogni matassa, finendo invece per incartarsi soffocato da difese tutte accentrate su di sé, costretto sovente a forzature improduttive? Come mai la Virtus per tutta la partita cerca quasi sempre il passaggio smarcante, ma nei frangenti topici finisce per praticare la forzatura solitaria? Altri problemi, come lo stato di forma di alcuni, l’inserimento di altri, certi macroscopici errori al tiro e anche alcuni vezzi difensivi sono fisiologicamente risolvibili, ma le due questioni sopra poste rischiano di farsi pesanti, a lungo andare. Questo, anche se domani ad Andorra la Virtus dovesse vincere bene o grazie a un tiro di Santeo sulla sirena finale. I dioscuri serbi non sono immortali ma neppure infrangibili, non sarebbe il caso di coltivare interamente le potenzialità della rosa virtussina? La settimana scorsa parlavamo di un segnale d’allarme che oggi suona come le sirene della contraerea e sarebbe assurdo nascondersi dietro a un dito. E non deve indorare la pillola il fatto che Venezia le abbia prese in casa da Pesaro e pure Trento abbia fatto una figuretta, dimostrando che l’Eurocup costituisce un considerevole dispersore di energie sia fisiche che mentali: questo dovrebbe proprio rimarcare l’esigenza di una migliore ripartizione delle fatiche, a meno che non si ritenga che oggi la Virtus sia gravemente squilibrata nel proprio assetto.

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