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La Virtus Segafredo spezza un’ultra decennale serie negativa vincendo a Cantù: 82-91 all’Acqua San Bernardo

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ACQUA SAN BERANDRO CANTU’ – VIRTUS SEGAFREDO BOLOGNA   82 – 91  (17-24; 38-39; 61-73)

Acqua S. Bernardo: Gaines 24, Thomas 8, Smith 19, Kennedy, Procida 3, La Torre, Bigby-Williams 21, Johnson 3, Bayehe, Baparapè n.e., Pecchia 4, Caglio n.e.. All. Pancotto

Virtus Segafredo: Tessitori n.e., Deri ,n.e. Belinelli 6, Alibegovic 6, Markovic 2, Ricci 10, Adams 6, Hunter 4, Weems 13, Teodosic 17, Gamble 25, Abass 2. All. Djordjevic

Arbitri: Bartoli, Pepponi, Valzani

Tiri liberi: CU 18/23; BO 12/17

Rimbalzi: CU 39; BO 39

Falli: CU 18; BO 22

Tiri da 2: CU 11/29; BO 23/40

Tiri da tre: CU 14/38; BO 11/25

 

È la saga degli assist (col solito SanTeo protagonista) a caratterizzare, alla lunga, una partita che a momenti di bel gioco alterna parentesi di nebbia soprattutto nella difesa di una Virtus Segafredo che ha trovato il career high nel campionato italiano di Julian Gamble. L’Acqua San Bernardo Cantù prova a resistere ma Bologna gioca un po’ come il gatto col topo con i brianzoli, illudendoli, a momenti, di poter resistere, per poi sferrare ogni volta la mazzata. La Virtus torna a vincere a Cantù, in tal modo, dopo una mezza eternità (12 anni), però il sapore della vittoria non toglie un retrogusto amaro generato dalla gestione della squadra da parte della panchina. Tra i canturini gode particolarmente l’ex Frank Gaines, che sparacchia tanto ma con discrete percentuali e segna, alla fine, 24 punti.

Il quintetto Virtus propone Abass assieme a Markovic, Weems, Ricci e Gamble: Cantù replica con Smith, Gaines, Pecchia, Thomas e Bigby-Williams. Comincia con un’altalena di bei colpi da una parte e dall’altra e una serie di controversi fischi/non fischi arbitrali che potrebbero finire per incattivire la gara.  La Virtus peraltro parte con un’ormai solita flemma difensiva che le impedisce di capitalizzare davvero le buone cose fatte in attacco. Un Gamble in leggera confusione poi non aiuta, nonostante in un paio di occasioni mostri di poter essere di altro pianeta. In ogni caso la Segafredo nel primo periodo ha già messo sul parquet dieci suoi giocatori, contro i nove lombardi, e termina avanti di 7, 17-24.

Il secondo quarto comincia con un 5-0 che induce Djordjevic a chiamare timeout. Che la testa non sia quella giusta lo dice il pareggio che arriva a 27 dopo una palla regalata su rimessa sotto canestro da Belinelli a Pecchia. Il fatto è che in questi casi invece di puntare all’essenziale la Virtus si incaponisce nel cercare soluzioni da circo che raramente pagano nei frangenti concitati. Si salva perché Cantù conferma una certa modestia, al di fuori del buon asse play-pivot costituito da Smith e Williams. La tripla di Gaines guadagna ai brianzoli un nuovo pareggio a 33 a 3 minuti precisi dall’intervallo. L’ex virtussino cerca di tenere a galla i suoi, Bologna pare giocare più che altro per gli highlights, per cui chiude avanti di 1 38-39, perdendo di fatto il parziale del quarto.

Teodosic indossa i panni del santo e allunga praticamente da solo ad avvio ripresa, fra assist e canestri. Il maggiore supporto lo trova in Gamble, ora in versione leone. Cantù affida prima a Smith, poi a Gaines il tentativo di resistere, ma sul parquet la differenza tra le due squadre è eclatante e il distacco non può che arrivare in doppia cifra: 61-73 all’ultima sosta. Partita non finita, ma almeno in teoria su una strada ormai definita.  

In verità, la partita continua perché le “seconde linee” bianconere (Adams, Abass, Belinelli, Alibegovic e Hunter) non riescono ad aumentare il divario, così Djordjevic a 5 minuti dalla fine sul +10 ripropone il “nucleo base” (Markovic, Teodosic, Belinelli, Ricci e Gamble) che prima scende a +6 e non ritrova comunque la doppia cifra conclusiva: 82-91, alla fine, ma non capiamo il perché di questa gestione della squadra. Non può essere la paura di perdere, perché non ce ne erano i presupposti; invece, l’impressione che il coach dà è di fidarsi solo di un gruppo ristretto di giocatori, il che non fa di certo crescere il gruppo. Avrà i suoi motivi, ma viene sempre più da chiedersi se questo è il sistema giusto per affrontare una stagione lunga e faticosa con certe ambizioni: Cantù ha confermato di essere una squadra squilibrata nei ruoli: alcuni campioni di alto livello (la coppia Smith-Gaines), più un gruppo di comprimari per cercare di salvarsi. Ma questa non dovrebbe essere un’utopia, per i brianzoli.

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