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La Virtus Segafredo verso una serie di prove del nove

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Con la vittoria di ieri a Cantù, soprattutto nel modo in cui è arrivata, la Virtus Segafredo si è confermata squadra che può avere paura davvero di poche cose. La più temibile, forse, è insita in lei, la tendenza a tratti ad accontentarsi di esibire le proprie potenzialità per poi sonnecchiarci sopra soddisfatta, il che la espone a rischi abbastanza ridicoli (come è purtroppo accaduto nel recentissimo passato). Però questa è una squadra che non può non piacere perché è davvero bello vederla giocare, senza l’ossessione del pick’n’roll obbligatorio, senza l’imprescindibilità del tiro da tre, con la spettacolarità degli assist più imprevedibili e apparentemente improbabili che si sia mai vista in Italia (e forse non solo). È veramente un delitto, insomma, che proprio quest’anno sia inibita la partecipazione del pubblico nei palasport. L’inserimento di Belinelli procede con successo, a quanto pare; il suo utilizzo come “cecchino” ha reso una squadra da 90 punti di media a partita ancor più pericolosa; Weems pare tornato quello dello scorso anno; Gamble migliora ogni giorno di più la propria intesa coi registi della squadra, soprattutto, ovviamente, con Teodosic, al quale diventa sempre più difficile applicare attributi senza cadere in una retorica encomiastica. Tutto bene, allora? Mah, staremo a vedere, le prove del nove stanno per arrivare e l’auspicio è quello di giungerci con l’organico al completo, visto che dietro l’angolo persistono minacce evidenti per chi è costretto a spostarsi per il mondo. Anche per questo io continuo a ritenere indispensabile una distribuzione maggiore della responsabilità della squadra, che non può dipendere eccessivamente da questo o quel giocatore, anche se si tratta di campioni di altre galassie. Ma questa è una mia idea, che si può o meno condividere, tanto quello che mette in campo la squadra per fortuna è Sale Djordjevic, che comunque la pensi vale ben più di uno scribacchino qualsiasi. Credo tuttavia che occorra anche non esagerare con l’entusiasmo, almeno per ora, non per sfiducia nei confronti di una squadra in cui credo davvero tanto, ma perché di prove del fuoco vere e proprie non ce ne sono ancora state, come quelle dentro/fuori che arriveranno solo con la Coppa Italia, che sarebbe bello vincere ma occorre avere la consapevolezza che esistono gli avversari che stanno crescendo altrettanto (Milano, Venezia, in particolare) e che si ratta in ogni caso di un traguardo secondario per la società bianconera. Quello che urge è il ritorno nell’Europa che conta, nella vetrina che impone il salto di qualità sia tecnico che societario. Dove poi scopriremo che talune pessime abitudini, che certe dinamiche pietose si replicano in modo endemico come negli ambienti ultimamente frequentati, a cominciare dalla qualità degli arbitraggi. Però lì arrivano gli sponsor veri, lì si troverebbero le forze per ricostruire roster davvero stellari. Ma non cominciamo a correre troppo avanti, concentriamoci sul fare un passo alla volta, per non rischiare di cadere in voli pindarici.

p.s.: la stoppata di Adams, m.1,88, su Bigny-Williams, m. 2,11, che vediamo qui sotto (complimenti al fotografo), rientra nei contenuti della favola odierna

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