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Ciclismo – Paris-Roubaix: Mon cher ROI PHILIPPE
E’ lecito iniziare per la seconda volta in pochi giorni il resoconto di una corsa ciclistica con delle scuse? Forse no, stando canoni classici delle cinque W che dettano le regole del giornalismo (Who, What, When, Where, Why), ma a me, che a ben vedere non sono un giornalista, importa un fico secco di tutto ciò (d’altronde un vero giornalista non userebbe questa espressione un po’ volgare, ma va beh).
Io devo assolutamente chiederti perdono, mon cher Philippe. Perdono sì, perché nel pronostico proposto ai lettori nel mio pezzo introduttivo di ieri, non ti avevo inserito tra i vincitori della Paris-Roubaix di oggi. Non che non avessi preso in considerazione la tua “candidatura”, ma, non volermene, ti consideravo un pò vecchiotto (trentasei anni, mica pochi!), magari non troppo adatto a questa corsa che finora ti era sempre sfuggita e alla cui vittoria in passato non ti eri neppure avvicinato, inoltre ritenevo che nella tua stessa squadra vi fosse gente più accreditata di te, per esempio quel Lampaert che invece tra i miei favoriti avevo inserito eccome. Non volermene, mon cher Philippe, ma avevo dato per scontato che, così come a Sanremo, tanto per dirne una, ti saresti accontentato del ruolo, peraltro nobilissimo, di “capitano non giocatore”, insomma di regista in strada, limitandoti a godere con occhi sinceri e commossi (li ho visti, sai, a marzo in Via Roma) per l’eventuale vittoria di un tuo compagno.
E invece no, mon cher Philippe. Non oggi. Oggi avevi deciso che poteva, doveva essere la tua corsa. Una delle poche che, finora, era sfuggita al tuo imperiale palmarès. E che, evidentemente sbagliando, molti di noi non ritenevano adatta a te. Forse tu stesso, fino ad un paio di anni fa, fino a quella magica fuga al Fiandre che ti regalò allo stesso tempo una vittoria bellissima (forse una delle più belle della tua carriera costellata di successi di ogni tipo) e la certezza che potevi dire la tua non solo sulle cotes delle tue Ardenne (sei nato, nel luglio del 1982, proprio ai piedi della Redoute, una delle salite chiave della Liegi-Bastogne-Liegi da te vinta nel 2011,) ma anche sul pavé del Fiandre e, giustappunto, della Roubaix.
Quando ti ho visto là davanti, a una cinquantina di chilometri dall’arrivo, pensavo ancora stessi lavorando per la squadra. Ma quando, ai meno ventidue, sei rimasto in testa insieme a Peter Sagan (vincitore lo scorso anno) e al tedesco Politt (il nome nuovo di oggi) ho capito che facevi davvero sul serio, e lo facevi in nome tuo, non per conto terzi. Ne ho avuto l’ulteriore conferma quando, a una quindicina di chilometri dal velodromo di Roubaix, nel tratto di pavé denominato “Carrefour de l’arbre” (che prende il nome da un’antica locanda e che è uno dei tratti più duri e decisivi di questa benedetta-maledetta corsa) ti ho visto davanti prima in compagnia del solo Sagan (che a un certo punto, sul più bello, si è spento di colpo) e del succitato, semisconosciuto, Nils Politt, di Colonia, Germania. Ma tu c’eri sempre, mon cher Philippe. Fresco e vigile come un ragazzino, alla faccia dei tuoi trentasei anni, quasi trentasette.
C’eri quando tu ed il Tedesco siete passati con 22” di vantaggio ai dieci dall’arrivo, e noi suiveurs quasi all’unisono abbiamo pensato “non li prendono più!”.
C’eri quando siete entrati insieme nel velodromo ed io, col batticuore, ho pensato “adesso questo qui lo beffa”. Perché, lo ammetto, quando si tratta di ciclismo io cerco di essere sportivo e poco tifoso, ma oggi ho tifato per te, mon cher Philippe. Ho tifato per te eccome.
Ho tifato per te quando vi guardavate percorrendo il parquet liscio del velodromo di Roubaix dove da tempo immemore si chiude questa corsa: quasi un contrappasso, una presa in giro, per i corridori che, dopo essersi sparati chilometri e chilometri di sassi e vibrazioni, vengono “costretti” ad arrivare su un terreno liscio come l’olio.
Ho tifato per te quando sei partito.
Ho alzato le braccia al cielo con te e come te quando hai tagliato il traguardo.
E finalmente, dopo essere stato in passato, principe di Liegi, della Lombardia, delle Fiandre, di Valkenburg (Amstel e Mondiali), sei diventato anche, inaspettatamente, il Re di Roubaix.
Un palmarès regale a cui manca la sola Sanremo, che hai sfiorato in giovanissima età, e poi ti è sempre sfuggita.
Credo tu possa farne a meno, mon cher Philippe.
E comunque oggi hai dimostrato a me ed al mondo che nulla è impossibile e che per i campioni,
quelli veri come te, non solo il tempo non passa mai. Ma davvero non ha mai fine.
1 P.GILBERT (DQT – BEL) 5h58'02ལ
2 N.POLITT (TKA – ALL) s.t.
3 Y.LAMPAERT (DQT – BEL) a 0'13''
4 S.VANMARCKE (EF1 – BEL) a 0'40''
5 P.SAGAN (BOH – SLQ) a 0'42''
6 F.SENECHAL (DQT – FRA) a 0'47''
7 M.TEUNISSEN (JUM – HOL) s.t.
8 Z.STYBAR (DQT – RTC) s.t.
9 E.SISKEVICIUS (DMP – LIT) s.t.
10 S.LANGEVELD (EF1 – HOL) s.t.
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