Basket
23 Aprile, il punto su Basket City: sicuri di escludere di giocare a porte chiuse?
Tutti gli sport, attualmente, faticano a trovare la strada giusta da percorrere nell’ottica della ripresa post Coronavirus. L’intervento del ministro Spadafora sulla imprescindibilità, sul piano sia economico che sociale, dell’attività sportiva può aver scaldato gli animi di tanti, ma la realtà delle cose resta lì, implacabile, a ricordare che non abbiamo ancora nessuna notizia veramente attendibile sui tempi di ripresa per quanto riguarda un’interazione sociale e per gli sport che si disputano al coperto questo equivale a una condanna. Il clima degli asfissianti palazzetti dello sport, che rappresenta uno dei motivi di fascino degli incontri di basket, come di pallavolo od altri, si è trasformato in una vera spada di Damocle: quando potremo nuovamente permetterci assembramenti di migliaia di persone in una cubatura da colombaia? Oggi come oggi il coro dei dirigenti cestistici è quasi unanime nel proclamare l’impossibilità di riprendere le attività agonistiche senza un pubblico, che per molti in effetti rimane la principale – se non quasi esclusiva – fonte di introiti. È abbastanza inutile accampare motivazioni sentimentali e suggestive sulla spinta alle squadre dei tifosi: il vero aiuto viene dallo sbigliettamento col quale si pagano gli stipendi. Questo sta facendo sì che i più puntino a procrastinare l’inizio dei campionati a gennaio 2021, quasi presumendo che il Covid-19 sia legato all’annata bisestile, e con il passare di questa tutto possa tornare come prima. È evidente che non possiamo che augurarcelo, ma cosa ci lascia supporre che sarà proprio così? In assenza di un vaccino, quando potremo tornare davvero alla vita di prima? Non è un po’ troppo pericoloso rimandare ogni cosa ad una data che potrebbe rivelarsi comunque prematura? Rimanere dieci mesi totalmente senza pallacanestro giocata (in Italia, perché non sappiamo cosa accadrà altrove) con l’incognita di non poter ricominciare nemmeno a gennaio, non è un po’ rischioso? Chiaro che non si possono fare confronti col calcio e la sua potenza economica, tuttavia il pericolo è che la posizione dominante di quest’ultima si trasformi in assoluto monopolio – visto che il calcio riprenderà, in qualche modo, magari a porte chiuse, ma riprenderà – ricacciando gli sport “minori” a una condizione di pratica amatoriale, se questi ultimi non troveranno il modo di riproporsi ai tifosi. Va bene consolarsi coi trionfi passati, va bene fare chiacchiere su questa e quell’altra decisione federale, ma gli appassionati alla lunga vorranno veder giocare, pena la perdita progressiva di ogni interesse, dirottato tutto su chi possa dare emozioni agonistiche. Allora, perché non lavorare a soluzioni che prevedano il gioco a porte chiuse? Chiaro che occorrerebbe avere creatività imprenditoriale, che bisognerebbe coinvolgere il più possibile i mezzi di comunicazione visiva, internet e tv, e che tutto o quasi potrebbe dipendere da forme di sponsorizzazione, giacché è difficile pensare che possano bastare gli abbonamenti video, ma su questo presumibilmente occorrerà intavolare un dialogo con le istituzioni per immaginare forti crediti fiscali o quant’altro possa incentivare l’intervento economico dei privati. Restare in attesa di poter tornare a riempire le tribune potrebbe rivelarsi mortale. Non si esclude che una scelta come quella che proponiamo possa ridisegnare la geografia del basket, poiché non tutte le attuali realtà è detto che possano avere analoghe opportunità in termini di visibilità commerciale, ma è in gioco la sopravvivenza dell’intero movimento. Non si può pensare che la sparizione di Vattelapesca, magari attualmente ai vertici sportivi, debba essere pagata da tutte le altre società. Il mondo deve andare avanti, le diverse attività sportive rischiano di essere selezionate sulla capacità di sopravvivere alle nuove esigenze di vita. Per non parlare del caso delle squadre potenzialmente impegnate in tornei europei: dovessero ricominciare in autunno, cosa succederebbe a chi in casa propria avesse deciso di rimandare la ripresa? Vale dunque la pena di escludere a priori di provare a progettare l’eventualità di ripartire anche a porte chiuse?
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