Basket
14 Maggio, il punto su Basket City. C’è bisogno di tornare al basket giocato, e imprescindibilmente di riformare un sistema anacronistico
Non ci sono dubbi: c’è un grande bisogno di basket giocato. Il balletto che si è creato dalla chiusura in avanti di ricorrenze storiche, repliche di partite, contest sui social e tutto il resto sta estinguendo la propria forza comunicativa e rischia di diventare un po’ stucchevole. Nel frattempo, le prime timide voci di mercato sembrano specchietti per allodole giacché fin quando non ci saranno idee più precise sul futuro sarebbe da pazzi per le società mettere nero su bianco impegni formali che potrebbero trasformarsi in capestri. C’è poco da fare: per uscire da questa posizione di stallo ci sarebbe bisogno di tornare sui parquet. Verrebbe da dire anche a qualsiasi condizione, pure a porte chiuse, fatte salvo, ovviamente, tutte le imprescindibili misure di sicurezza sanitaria. Però questo non pare ancora possibile, per lo meno in Italia, in attesa che l’Europa dei canestri il 24 maggio prenda una decisione anche per il resto del continente. E allora, che fare? Di sicuro, non quello che stanno facendo i vertici istituzionali della pallacanestro, che si limitano a balbettare ipotesi velleitarie di tornei all’aperto, supercoppe autunnali ed altre amenità che per ora più che altro fanno ridere i polli; non quello che sta facendo la maggioranza delle società, che per ora si limita a litigare sulle retrocessioni o meno, su chi promuovere dalla A2, sul numero delle partecipanti alla A1, ovviamente tirando più che altro ciascuno acqua al proprio mulino incuranti di incoerenze e incongruenze. Tutto questo senza capire/accettare che i cambiamenti imposti dalla stretta attuale sono improcrastinabili, che i giochi sul tavolo non potranno essere più gli stessi e si dovranno fare scelte radicali sul sistema: decidere, cioè, se tornare al para-dilettantismo o rimanere professionisti, ma veri, con norme stringenti sul piano finanziario e sindacale. Non si può più continuare a prendersi reciprocamente in giro e tamponare con lacrime di coccodrillo le falle che sistematicamente si provocano. Le società in grado di sostenere certi standard finanziari e organizzativi sono poche? Si riparta da queste e si aiutino quelle che potrebbero farcela con un sostegno iniziale creando una lega professionistica senza l’andirivieni delle retrocessioni, spauracchio che blocca in larga misura ogni programmazione. Domani è previsto un incontro fra le società, ma ci vuole poco ad immaginare che si trasformerà nella solita gazzarra per ottenere gli ultimi risibili privilegi. La fretta pilatesca con la quale Petrucci e compagni hanno voluto terminare anzitempo la stagione ha creato una situazione di stallo pazzesca che ha avvantaggiato solo quelli che non vedevano l’ora di chiudere un anno che poteva per loro diventare disastroso, buttando totalmente all’aria investimenti che in certa misura si potevano, forse, spalmare sulla ripresa agonistica autunnale, ma fatta la frittata è sempre più chiaro come gli attuali vertici non riescano a venirne fuori. Poi, c’è L’Europa, che ha voluto attendere maggio per le decisioni definitive rese oltremodo complicate dalle differenti scelte operate da ciascuna federazione nazionale: l’ultimo spiraglio per vedere ancora un briciolo di basket giocato prima dell’estate, del quale ci sarebbe un bisogno spasmodico, con quasi qualunque formula e qualsivoglia collocazione, visto che ben difficilmente potrebbe trattarsi di eventi aperti al pubblico. La Virtus pare non gradisca ipotesi di questo tipo, con valide ragioni, ma siamo sicuri che permettere ai tifosi di rivivere certe emozioni anche solo in tv non sarebbe una panacea per l‘intero movimento? Qui, il rischio della disaffezione, se si tolgono i supertifosi più o meno organizzati, è molto forte, in particolare se il calcio dovesse davvero riprendere. Attenzione a non darsi ulteriormente la zappa sui piedi! In questo caso non parlo di Basket City, che i suoi palasport almeno in teoria dovrebbe riempirli sempre e comunque, ma il gioco richiede avversari sostenuti da ambienti adeguati per riuscire ad essere credibili, e il basket da un bel po’ non vive tutta questa stagione dorata. In conclusione: si torni il prima possibile, anche se con sacrifici economici, naturalmente salvaguardandosi da ogni rischio sanitario, ai temi agonistici, e invece di trastullarsi in beghe di quartiere ci si attrezzi nel frattempo per riformare veramente un mondo che da tempo non è più in linea di galleggiamento. Poi, ben vengano le tante iniziative culturali, sociali, ludiche proliferate in queste settimane, ma la pallacanestro non può permettersi di vivere di soli ricordi.
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