Bologna FC
IL GRILLO PENSANTE – Nella terra di nessuno
Tutto secondo copione, il Bologna benedice anche la resurrezione dell’Inter confermandosi per l’ennesima volta il viatico ideale per rilanciare compagini in crisi nera, una sorta di buon samaritano della serie A; così San Siro ricorda lo stesso sapore aspro della gara col Milan, quelle note pungenti ed inconfondibili di ciò che poteva essere ma che invece è scivolato via insieme all’atroce rimpianto di non aver profuso il massimo. Tredicesima sconfitta in 24 gare disputate, neppure la condizionale o le attenuanti generiche potrebbero salvare uno score tanto mortificante dalla condanna.
Il pomeriggio milanese ha emesso anche alcune sentenze specifiche: i cartellini rossi sventolati in faccia agli esterni rossoblu Mbaye e Masina hanno sancito metaforicamente la bocciatura definitiva di un reparto (le fasce difensive) sguarnite da troppo tempo di armigeri affidabili; in estate si attende un segnale forte dal calciomercato, e l’ipotetico ingaggio a parametro zero del gigante Dijks dall’Ajax a rinforzare il reparto è stato notificato col tipico stile giornalistico bolognese: sovradimensionato. Il fatto che si tratti di un prodotto della pregiatissima fucina dei lancieri fa ben sperare, ma annunci di un colpo sensazionale basato sul nulla (fugaci apparizioni nelle nazionali giovanili, attualmente comprimario nel suo seppur prestigioso club e lo scorso anno in prestito nella seconda divisione inglese) inducono a pensare che forse, sotto le Due Torri, l’abitudine a mangiare brodini faccia percepire come gourmet anche piatti non esattamente rinomati. Vestire Dijks di rossoblu senza alcun esborso è cosa buona e giusta, ma a tanto clamore dovrà corrispondere un verdetto del campo altrettanto altisonante, un po’ come accaduto la scorsa estate con Cesar Falletti; è vero che la piazza di provenienza è di ben altro prestigio, ma troppi consensi entusiastici avevano accompagnato l’arrivo del fantasista argentino che in cadetteria non aveva fatto meglio dei già noti Falco e Petkovic. Contro l’Inter è stato nuovamente confermato che la Serie A è ambiente a lui ostile, e sembrerebbe complesso immaginare un finale di stagione di spessore differente. Anche Avenatti appare ancora un po’ spaesato, ma ha un alibi di ferro che allontana qualsiasi ipotesi di giudizio e che gli permetterà di giocarsi le proprie carte nelle gare rimanenti.
La formica Bologna, quindi, che tanto laboriosamente aveva accantonato fieno in cascina (e una posizione di classifica invidiabile) si è tramutata in una sconsiderata cicala capace di scialacquare il proprio patrimonio nel giro di un paio di mesi; 7 sconfitte nelle ultime 9 gare sono ferite ancora aperte, tanto che l’ampia frattura tra il gruppo “Europa” ed il gruppo “Salvezza” è stato ricompattato col Genoa che ha arpionato proprio il Bologna a quota 27 punti, in una terra di nessuno dall’atmosfera fastidiosamente familiare per la truppa di Donadoni. Ed è proprio l’allenatore ad essere entrato nell’occhio del ciclone per aver escluso Mattia Destro dall’intera gara con l’Inter, dando vita ad un fratricida fuoco amico tra i detrattori del mister e quelli del centravanti; sinceramente, osservando i numeri, tale contesa ha i connotati di una frugale guerra tra poveri: Donadoni che in 90 partite disputate è capitolato in 42 occasioni a confronto con il giocatore più pagato dell’intera rosa e sua principale bocca da fuoco che in 76 gare ha gonfiato la rete soltanto 24 volte. Chi non ha peccati scagli la prima pietra.
Sotto una pesante e grigia cupola di depressione il Bologna si prepara ad un tris di gare che stabilirà senza appello quale finale di campionato andrà di scena nel capoluogo emiliano: la solita sbobba stucchevole senza meta né motivazioni oppure un’arrampicata verso l’alto che possa riscaldare un ambiente tramortito da una pioggia di prestazioni deprimenti. Sassuolo, Genoa e Spal saranno i giudici al bivio della strada da intraprendere, e dopo la caduta libera prolungata si attende un poderoso rimbalzo sulla piazza di Bologna. L’assunzione di un antidepressivo neroverde appare quindi indispensabile, diventerebbe il primo passo per recuperare la retta via, ma sarebbe vietatissimo accontentarsi perché, sebbene il proverbio afferma che ci sarebbe da godere, da qualche parte il classico saggio fa eco sostenendo che l’accontentarsi è l’inizio della strada per l’infelicità.
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