Motor Valley
MotoGP | Maverick Viñales, da “Top Gun” a Batman
Maverick Viñales ha vissuto una carriera tra alti e bassi. In MotoGP è l’unico ad aver vinto con tre case diverse e ora può puntare in alto
Nello scorso fine settimana ad Austin Maverick Viñales si è imposto nella Sprint Race e nella gara classica. Al ring delle interviste, successivamente, si è lasciato andare ad uno sfogo e ad un pianto liberatorio, che dice molto delle difficoltà passate negli ultimi anni dal pilota spagnolo, che quando arrivò in Aprilia, sotto la gestione Gresini, iniziò un vero e proprio percorso di rinascita.
Predestinato dalla nascita
Maverick ha sempre dimostrato grande talento, fin da quando era bambino. La naturalezza con cui si imponeva sugli altri grazie alle sue abilità era disarmante. Il pilota catalano da giovane ha scalato le gerarchie fino ad arrivare al debutto nel Motomondiale nel 2011 sull’Aprilia 125cc. In quella stagione ottenne la sua prima vittoria al quarto GP in Francia e ripeté il successo in Olanda, Malesia e Spagna, a Valencia. Quattro trionfi che uniti ad altri 5 podi lo portarono a chiudere terzo nella classifica generale.
Maverick Viñales, campione all’ultimo respiro
Viñales fu costante e nelle successive due stagioni in Moto3 lottò spesso per la vittoria e per il campionato. Divenne campione del mondo nel 2013 in una stagione epica, con un finale da cardiopalma. Quell’anno Maverick vinse solo tre gare, ma fu regolarmente sul podio in tutte le altre, tranne Inghilterra e Malesia. La sua consistenza gli permise di arrivare all’ultima gara al circuito Ricardo Tormo in lotta per il titolo insieme ad Álex Rins e Luis Salom. Il pilota di Figueres aveva solo una strategia: vincere e così fece.
Il sorpasso all’ultima curva dell’ultimo giro, con cui si portò in testa e relegò Rins al terzo posto, fu la chiave che gli consegnò la corona. Quel giorno regalò a Maverick la consapevolezza di essere un pilota veramente forte, che avrebbe potuto fare grandi cose nella sua carriera.
Dalla Moto2 alla Suzuki
Il passaggio in Moto2 sembrò di non averlo nemmeno percepito. Moto più pesante e con meno elettronica, ma “Top Gun” stupì tutti di nuovo. Ad Austin nel 2014, seconda tappa del campionato, vinse la sua prima gara nella categoria, dichiarandosi un pretendente al titolo. La sua stagione continuò all’insegna della competitività con cinque podi e altre tre vittorie, nella parte finale del campionato, ma non bastò.
Viñales concluse un’altra volta terzo nel mondiale e chiuse la sua parentesi con la Kalex di Sito Pons. Ad aspettarlo c’era la MotoGP; fu scelto dalla Suzuki insieme ad Aleix Espargaró, quando la Casa di Hamamatsu tornò nella classe regina nel 2015. I due anni in Suzuki servirono da apprendistato, ma al secondo anno iniziarono già ad arrivare i risultati. Il podio a Le Mans nel 2016 e poi la stupenda vittoria a Silverstone, la sua prima in MotoGP, convinsero la Yamaha ad ingaggiarlo.
L’opportunità di Maverick Viñales
Nel 2017 arrivò al fianco di Valentino Rossi nel team ufficiale della Casa di Iwata, sostituendo Jorge Lorenzo, andato in Ducati. Con la M1 furono subito rose e fiori e dopo dei test invernali molto solidi, Maverick conquistò le prime due vittorie della stagione in Qatar e ad Austin. Vinse anche in Francia e si classificò nuovamente terzo alla fine della stagione. Il suo rapporto con la Yamaha continuò tra alti e bassi; momenti in cui la coppia sembrava imbattibile e altri in cui Maverick non riescì a far funzionare la moto.
Tra il 2018 e il 2020 ottenne solo tre vittorie e alcuni podi, ma non era sufficiente. Lo spagnolo voleva essere costantemente in lotta per la vittoria ed essere un contendente fisso al titolo. Purtroppo in quegli anni la Yamaha iniziò a mancare di competitività e questo non fu di aiuto.
Nel 2021 un nuovo anno, inaugurato con una splendida vittoria in Qatar, alla prima gara. Purtroppo fu solo un fuoco di paglia. Lentamente il rapporto tra lui e la squadra si logorò, forse anche per il cambio di equilibri che si generò con l’arrivo di Fabio Quartararo, e la situazione raggiunse il culmine al Gran Premio di Stiria, a Spielberg. Alcuni comportamenti del pilota catalano. dettati dall’istinto e la frustrazione, portarono Yamaha a decidere di rescindergli il contratto, lasciandolo senza sella nel mezzo della stagione.
Una famiglia in soccorso
In suo soccorso arrivò il team ufficiale Aprilia, gestito dalla squadra Gresini Racing e del faentino Massimo Rivola. La Casa italiana cercava un pilota di qualità da affiancare ad Aleix Espargaró, compagno già avuto in Suzuki, per poter crescere e diventare più competitivi. Maverick era il profilo giusto, ma arrivava in una condizione psicologica difficile, in quanto sfiduciato e bisognoso di supporto da parte di tutto il team.
Aprilia lo ha capito e coccolato, trattandolo come il top rider che può essere. Il suo percorso con la RS-GP è stato un crescendo. Nei primi mesi l’adattamento fu più complicato del previsto, ma nel 2022 arrivarono i primi podi e ne conquistò ben tre in quattro gare tra Assen, Silverstone e Misano.
L’amore con Aprilia non sembrava sbocciare del tutto, ma nel 2024 la storia sembra diversa. Già a Portimao ha fatto vedere di essere super competitivo, vincendo la Sprint e lottando per la vittoria la domenica, salvo poi dire addio alla gara per un guasto tecnico. In America però è arrivata la svolta. Al COTA, circuito amato da Maverick, lui e la sua Aprilia sono diventati imprendili, ricordando i tempi del miglior Viñales in Yamaha.
Vittoria al sabato nella Sprint, bissata poi la domenica nella gara lunga. Entrambe dominate dal pilota spagnolo che sul ritmo non ha lasciato scampo ai suoi avversari, diventando così il primo pilota a vincere almeno una gara con tre moto diverse in MotoGP, incidendo il suo nome in questo record.
In questo avvio di stagione Maverick sembra aver trovato la quadra della moto e sembra poterla sfruttare come vuole lui. Ora che A. Espargarò potrebbe valutare il ritiro, Viñales sembra essere pronto per prendere per mano il progetto e portarlo lassù sul tetto del mondo, dove sia Maverick che Aprilia sanno già come arrivare.
Luci e ombre di Maverick Viñales
Il suo carattere, secondo molti, sarebbe stato il suo anello debole, almeno fin qui. Negli ultimi anni in Yamaha e poi nella prima fase del passaggio in Aprilia, Maverick aveva sofferto particolarmente. Lo spagnolo è un ragazzo introverso, a tratti timido, molto tranquillo ed educato. Se in sella non si trasformasse, forse fare il pilota di moto non sarebbe proprio il suo. In più di un occasione è stato additato di essere troppo debole mentalmente, ma dal mio punto di vista Maverick è uno di quei piloti che ha bisogno di trovar un equilibrio perfetto, che gli dia stabilità.
Non è un caso che certe prestazioni arrivino ora che si fa guidare ed aiutare da un mental coach, che nella sua vita privata ha la stabilità che gli serve e che ha raggiunto la propria maturità come uomo. Quando Gresini Racing lo accolse nel 2021, ingaggiò un pilota che aveva bisogno di ritrovarsi, per dimostrare a tutti che non se ne era mai andato e che era ancora quel pilota che aveva fatto scintille nelle categorie inferiori.
Un ambiente come quello che si respirava nella squadra a lungo gestita da Fausto era ciò che gli serviva per tornare ad essere sereno. Questo lo ha fortificato e li ha fatto fare l’ultimo step che gli serviva per tornare grande.
Con Aprilia Maverick si è trasformato in Batman e ora quando abbassa la visiera si trasforma come un vero supereroe. Cinico, spietato, granitico e pronto a liberare tutto il suo talento pur di vedere per primo la bandiera a scacchi. Nelle prossime stagioni potrebbe diventare il punto di riferimento per la Casa di Noale, ma tutto dipenderà dall’equilibrio che il pilota catalano riuscirà a mantenere.
Continua a leggere le notizie di 1000 Cuori Rossoblu e segui la nostra pagina Facebook