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Fabbian a cuore aperto: «Sono un ragazzo normalissimo»
Il giovane centrocampista rossoblù si è raccontato in un’intervista realizzata da “La Gazzetta dello Sport”
Intervistato dalla Gazzetta dello Sport, per la rubrica “A tu per tu con..”, Giovanni Fabbian ha raccontato della sua vita, partendo dai primi calci al pallone, passando per le giovanili tra le fila dell’Inter e l’esperienza alla Reggina e finendo con il suo percorso universitario.
Chi è Giovanni e quando nasce la passione per il calcio
«Sono un ragazzo normalissimo di 21 anni che ha la fortuna di fare quello che gli piace da una vita e quindi cerco di godermi tutto questo nel modo più tranquillo possibile. Ho iniziato quando avevo quattro anni, in casa giocavo sempre e mia mamma non ne poteva più perché capitava che qualche vaso volasse, qualche danno l’ho fatto. Quindi mi ha iscritto alla Scuola Calcio di Rustega, mi ricordo che agli allenamenti mi portava spesso mio nonno, anche lui grande appassionato. Era bello perché giocavo con i miei amici di scuola, con i miei amici di una vita che ancora oggi frequento. Ho dei bellissimi ricordi.»
L’importanza della famiglia
«Ho avuto la fortuna di avere una famiglia che non mi ha mai messo pressione, è sempre stato un processo graduale. Ho sempre detto a loro che volevo divertirmi, per me giocare a calcio è divertimento e loro mi hanno sempre accompagnato e sostenuto. Vengono spesso allo stadio, sono molto felici ed è bello vederli così.»
Il papà
«Mio papà, sia che giochi bene sia che giochi male, mi dice “bravo” e questo secondo me mi ha sempre aiutato. Non mi ha mai giudicato e mai lo farà perché lo conosco, so com’è e lui sa come sono io. I suoi sono sempre messaggi di incoraggiamento e questo è molto bello. Mio padre è sempre stata una persona molto umile e questa è una caratteristica che continua a cercare di trasmettermi giorno dopo giorno. Si è sempre rimboccato le maniche ed è un bell’esempio per me.»
La mamma
«Lei è sempre stata una combattente, quando era giovane ha perso il papà e quindi ha dovuto smettere di studiare per andare a lavorare. Ha dovuto rimboccarsi le maniche e “portare a casa il pane”; questa sua caratteristica me la trasmette ogni giorno e non mi fa mai dimenticare quanto sia fortunato.»
Le giovanili e il Padova
«Da piccolo ho cominciato facendo l’attaccante, poi ho giocato molti anni come difensore, da terzino. Questo quando ero nel Padova, intorno ai 10 anni. Ho fatto un po’ tutto tranne il portiere, quello non l’ho mai fatto. Il sogno ovviamente era quello di arrivare, un giorno, a fare il calciatore però non ci pensavo. Ho passato degli anni meravigliosi a Padova e mi divertivo proprio con i miei compagni, che magari erano anche amici che frequentavo fuori dal campo. Alla fine è stato proprio il coronamento di un percorso che ho iniziato quando avevo 8 anni ed è finito con la vittoria del campionato; è stata un’esperienza magnifica perché eravamo un grande gruppo e sono stati degli anni meravigliosi che ricorderò sempre.»
L’Inter e Chivu
«Chivu è stato un allenatore che mi ha segnato molto perchè l’ho avuto per vari anni, quindi sicuramente ha influenzato un po’ il mio modo di giocare. É stato un allenatore molto bravo ed esigente che mi ha aiutato molto. Per noi era ancora giovane e sentire i suoi aneddoti di quando era in prima squadra, dei festeggiamenti di quando hanno vinto il Triplete era molto bello. Sicuramente è stata una persona positiva per me.»
Le amicizie
«Willy (Gnonto, ndr) è sicuramente un bravissimo ragazzo, siamo stati in classe assieme e anche in convitto. É un tipo simpaticissimo, anche la sua famiglia è veramente bella e fatta di brave persone, umili. È un giocatore straordinario. Con Casadei, Zanotti, Gnonto e molti altri ragazzi ci sentiamo, è sempre un piacere sentire le persone con le quali alla fine sei cresciuto. Stando qualche anno nel convitto si creano certi legami che sono veramente belli e duraturi.»
Il legame con Reggio Calabria
«La gente è indescrivibile, hanno un cuore e una bontà che non avevo mai visto finora. É stata un’esperienza che mi ha veramente segnato e che cerco di portarmi dentro perchè sono delle persone che danno tutto quello che hanno e ho imparato che posso farlo anche io con le persone che conosco. La proprietaria della casa dove vivevo, ogni weekend mi faceva trovare i pasticcini in casa oppure quando ho compiuto gli anni mi ha fatto trovare una torta con la mia faccia con la maglia della Reggina.»
Barella e i modelli di riferimento
«A me piace Barella, ha molta personalità, si fa dare palle ed è uno che sa fare molte cose. È un piacere vederlo giocare. All’estero ammiro sicuramente Bellingham, è un giocatore incredibile. Anche Sinner ora è un esempio, soprattutto per noi giovani italiani, come mentalità, stile, umiltà e perseveranza.»
Margini di miglioramento
«Sono migliorato in molte cose ma devo migliorare in altrettante, però è bello sapere che si hanno dei margini di miglioramento. Ogni giorno in allenamento cerco di perfezionarli. Ad esempio la costruzione del gioco e il fatto di legare di più la difesa e il centrocampo sono aspetti su cui voglio migliorare.»
Mentalità
«Il fatto di poter sbagliare sicuramente è una cosa importantissima, perchè tutti sbagliano e a maggior ragione, se un giovane sbaglia, deve cercare di prendere l’errore come un punto di partenza. Si può aver talento senza riuscire a sfruttarlo, perciò serve che vada di pari passo col lavoro perché il talento da solo non basta.»
Università
«Ora sto facendo economia ed è un percorso che ho deciso di portare avanti perchè sicuramente mi arricchisce e perchè può aiutarmi quando un giorno finirò di giocare. Sicuramente poi si aprirà un’altra vita e si vedrà quello che farò.»
Fonte: La Gazzetta dello Sport
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