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Esclusiva – La nostra intervista a Filippo Fusco

Le parole dell’ex direttore sportivo del Bologna

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Filippo Fusco Bologna FC
Filippo Fusco (©Bologna FC 1909)

A 1000 Chiacchiere Rossoblù, la nostra trasmissione settimanale nella quale raccontiamo le novità legate al Bologna FC, è stato ospite l’ex direttore sportivo Filippo Fusco. Napoletano classe 1969, Fusco è stato Dirigente dell’Area Tecnica rossoblù da giugno a dicembre del 2014, prendendo in mano una squadra neo-retrocessa. In seguito ha ricoperto lo stesso ruolo anche nel Verona, dove è rimasto per due stagioni, e nel settore giovanile della Juventus, nella quale ha lavorato dal gennaio del 2019 a luglio del 2020. Dopo tre anni, nel 2023, l’ex dirigente è ripartito dalla Spal.

Filippo Fusco: «È una grande emozione vedere questo Bologna»

Che effetto le fa questo Bologna attualmente quarto oggi?
«È una grande emozione vedere questa qualità di gioco, l’appoggio dei tifosi e il Dall’Ara pieno. È un’emozione per tutti quelli che amano il calcio e per coloro che sono e sono stati legati al Bologna. Questa è una piazza che difficilmente si dimentica. Credo che la presenza di Saputo in città sia fondamentale, sentire da vicino la partecipazione del proprietario diventa importante per tutti. Dico spesso che all’interno delle società sportive le componenti meno visibili sono quelle che creano l’anima del club, dal direttore sportivo al presidente all’allenatore».

Si aspettava che Giovanni Sartori avesse un impatto così immediato e importante sulla squadra?
«Sartori fa il direttore sportivo nel senso proprio del termine: è uno che appare poco ma lavora e gira tanto, fa questo lavoro da tanti anni ormai. Conosco Giovanni da tempo, ci sentiamo e ci frequentiamo e penso che quello che sta facendo con il Bologna sia per lui motivo di grande orgoglio. Anche lui, da direttore sportivo, sta facendo un ottimo lavoro, nonostante il nostro ruolo sia importante ma non sempre sotto i riflettori. E lui interpreta questo ruolo perfettamente, è sempre al centro delle scelte tecniche pur non ricercando protagonismo».

Che persona è Joey Saputo, avendoci lavorato a stretto contatto?
«Posso raccontare un aneddoto su uno dei primissimi incontri che ebbi con il Presidente, risalente al dicembre dell’anno in cui arrivai a Bologna. Lui volle chiamare uno a uno i dipendenti per sapere cosa potesse fare per migliorare le loro condizioni di lavoro. Mi colpì molto e capii il rispetto che nutriva per tutti i dipendenti della società. Come dicevo, questa presenza costante del Presidente è un valore aggiunto, data l’importanza che tale ruolo ricopre».

Com’è stato lavorare nell’estate del 2014, ai tempi della retrocessione in Serie B?
«Quei mesi sembravano anni perché a quel tempo tutti si auguravano che il Bologna fallisse per poter ripartire da zero. Tuttavia c’erano spazi per salvare la squadra e anche se sembrava impossibile tutti i componenti, dai giocatori agli altri club, remarono nella stessa direzione. Sembravo un matto perché io ci credevo davvero. ‘Ragazzi, proviamoci – dicevo – Se siamo in B ci salviamo, se falliamo ripartiamo comunque dalla D e possiamo mirare alla C’. Abbiamo rifatto la squadra da zero, sia i giocatori che i procuratori furono molto disponibili. Tutti comunque capirono che Bologna è una tifoseria importante, oltre che una città bellissima, e quindi fu più facile ricostruire la squadra. Ripartimmo con varie difficoltà, tra lo scetticismo, poi cominciammo a vincere e alla fine del girone d’andata eravamo secondi in classifica. Abbiamo dimostrato di essere una squadra forte».

Secondo lei Motta deciderà di restare?
«Da esterno è difficile fare valutazioni. Di sicuro finora ha fatto un lavoro eccelso e a Bologna la sua mentalità ha avuto la sua consacrazione, a maggior ragione se la squadra dovesse raggiungere la Champions. Ogni scelta ha un pro e un contro, poi personalmente penso che la continuità sia un valore aggiunto».

Quale giocatore l’ha stupita di più? 
«Direi Zirkzee, considerando anche la partenza di Arnautovic che era un po’ il simbolo della squadra. Poi De Silvestri, lo conosco da quando è ragazzo, conosco i suoi valori morali e so quanto è importante avere un elemento del genere nello spogliatoio».

Come è cambiato il mondo del calcio dal punto di vista dei rapporti umani?
«Oggi tutti vogliono un direttore sportivo, anche nei Paesi esteri dove c’è un modello manageriale come l’Inghilterra. Si tratta di sicuro di una figura che ha una certa competenza ma con tutti i ruoli che ci sono oggigiorno dobbiamo continuamente riaffermarci».

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