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Le Storie di Almanacco: Lajos Detari – 16 mar

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Se dico estate 1990, ad ogni calciofilo degno di rispetto riaffiorano veloci alla mente first of all le vivide immagini degli occhi pallati di Totò Schillaci e l’atmosfera dolceamara (ma più amara che dolce) delle Notti Magiche. Tutto ciò mentre le truppe irachene su iniziativa del loro rais Saddam Hussein si preparano ad invadere il Kuwait e la Germania neocampione del Mondo sta marciando a passi spediti verso la sua tanto agognata riunificazione politica del dopo Muro. Nel frattempo, Vasco trionfa a San Siro e al Flaminio con il Fronte del Palco tour e il discotecaro DOC si dimena in pista infradiciando camicie al ritmo del tormentone estivo dei Twenty 4 Seven “I can’t stand it”….
E’ questo il quadro che fa anche da cornice ad un Bologna reduce da un ottimo e insperato ottavo posto in campionato che, complice la vittoria del Milan in Coppa Campioni nella finalissima di Vienna, consente la partecipazione alla prossima Coppa UEFA. Il gol siglato dall’olandese Rijkaard è il passepartout che permette ai rossoblu di tornare di nuovo sotto i riflettori dell’Europa calcistica dopo un’assenza lunga oltre tre lustri.
Il commiato di Gigi Maifredi, in procinto di passare alla Juventus, non può essere davvero migliore.
Per essere competitivi a livello internazionale, diventa tuttavia necessario rafforzare la squadra, soprattutto nel reparto offensivo e ancor di più in tempi brevi.
Parte così la caccia allo straniero in grado di farci fare il salto di qualità.
Il calciomercato ben presto entra nel vivo e l’attenzione si sposta sui nomi dei possibili attaccanti e la lettura dei quotidiani diventa una tappa obbligata della giornata. Tanti sono i papabili che si sovrappongono in questa calda estate pallonara, dalla giovane promessa rumena Raducioiu all’affermato centravanti russo Protassov, ma sono solo flebili voci.
Alla fine, l’afa di luglio ma soprattutto il Presidente Corioni ci regalano l’ungherese Lajos Detari. Così a caldo, l’acquisto del ventisettenne magiaro dall’Olimpiakos Pireo risulta senza alcun dubbio un grande colpo, perché il ragazzo ha doti tecniche invidiabili, estro ed esperienza internazionale a buoni livelli. Messosi in luce tra le fila della mitica Honved e ai Mondiali messicani, confermandosi poi nell’Eintracht Francoforte, non a caso è stato considerato (addirittura da un fine osservatore come l’Avvocato) uno dei possibili eredi al trono lasciato vacante da Le Roi Michel Platini (la dirigenza bianconera alla fine farà cadere la scelta sull’atalantino Marino Magrin, ma questa è un’altra storia, peraltro non troppo felice).
Accolto calorosamente dalla tifoseria felsinea, il “nipotino di Puskas” ripaga l’anticipato affetto con una prestazione maiuscola nella prima amichevole ufficiale della stagione al Dall’Ara contro il Napoli campione d’Italia, bagnando l’esordio con una rete da autentico fuoriclasse. Superata la metà campo palla al piede, mette a sedere Crippa con una finta e scaglia un terrificante destro terra-aria all’incrocio dei pali, alle spalle dell’incolpevole Galli, sotto la San Luca… Un gran bel biglietto da visita, giusto per far capire a tutti che aria tira.
Appena il tempo di prendere possesso del suo armadietto a Casteldebole, ecco che la curva gli confeziona un bel coro su misura, sulle note della celeberrima canzoncina della Famiglia Addams. “Per vincer la partita – non c’è nessun problema – se c’è Detari gol – Detari gol – Detari gol…”
La nuova stagione pare dunque iniziare sotto i migliori auspici ma alla fine si rivelerà un fallimento su tutta la linea. Scelta errata dell’allenatore (dall’allegria e la schiettezza di Maifredi si passa all’ombroso e incomprensibile Scoglio, il quale visti i deludenti risultati, viene ben presto esonerato. Il suo sostituto, Radice, ha purtroppo perso lo smalto e la verve dei giorni migliori), alcuni giocatori sono impresentabili e non all’altezza, troppi gli infortuni, così come sono tanti i giovani gettati nella mischia senza esperienza alcuna. Le uniche soddisfazioni giungono dalla Coppa UEFA, con epiche rimonte casalinghe.
Si retrocede così mestamente in serie B.
E il magico Lajos? Anche lui patisce svariati malanni fisici (soprattutto un grave infortunio al ginocchio, che lo lascia fermo ai box per alcuni mesi) ma non per questo è da ritenersi esente da ogni responsabilità. I lampi di pura classe e giocate sopraffine che ci regala non nascondono i suoi limiti caratteriali, che lo portano spesso a scontrarsi con i propri compagni di squadra, con il mister di turno o persino con i magazzinieri, anche solo per futili motivi.
Leggende metropolitane presto si infittiscono su di lui (si dice sia in grado, per scommessa, di colpire un palo o una traversa per dieci volte di fila e che abbia sempre con sé un registratore con cui ascoltare i cori e i boati del pubblico dello stadio Karaiskákis dell’Olimpiakos Pireo, in delirio per le sue prodezze), qualcuno lo critica di passare più tempo nelle concessionarie ad ammirare auto lussuose o in fila dal tabaccaio (brutto vizio, la sigaretta…. ma magari fosse stato solo quello il problema) che sui campi di allenamento, altri invece lo rimproverano di perdere un po’ troppi palloni e di alterare gli equilibri di squadra.
Ma, diciamola tutta, certi suoi numeri sono come pietre preziose da collezione.
Da antologia, la rete con cui accorcia le distanze a Marassi nel match d’andata contro la Samp o quella contro il Bari scartando tutti e tutto, portiere compreso, ignorando persino due compagni liberi su ambo i lati della sua visuale. Oppure certi lanci millimetrici di cinquanta metri a pescare sui piedi il compagno, o alcuni passaggi in profondità con il contagiro.
Anche lui ovviamente ha le sue pecche (ma quando in occasione di Bologna-Juve si fa parare un rigore da Tacconi è purtroppo la mia radiolina a farne le spese) e spesso la fortuna non l’assiste come meriterebbe (a Vienna, nella gara di andata degli ottavi di Coppa Uefa, colpisce ben quattro legni tra pali e traverse, guadagnandosi l’indomani sui giornali la trasformazione del cognome in Depali….)
Indubbiamente, è dai tempi di Haller che a Bologna non si vede giocare un campione di così grande spessore. Certo sì, intermittente e discontinuo, ma con classe e inventiva da vendere. Quando è in giornata e la sua luna è diritta diventa pure difficile contrastarlo a dovere.
Un giocatore del genere desta ben presto la curiosità di tanti addetti ai lavori. Non è infatti un caso se durante la stagione, un noto quotidiano sportivo riporta addirittura la notizia con tutti i dettagli dell’operazione (ma con un accentuato sapore di bufala), di un clamoroso scambio tra il Bologna e il Napoli: Detari alle pendici del Vesuvio, Diego Maradona sotto le Due Torri!! Mah, l’idea che il magico magiaro si possa vestire d’azzurro ci potrebbe anche stare… ma il Pibe in rossoblu pare subito roba da Fantacalcio ante litteram…. Ogni dubbio trova poi conferma quando l’asso argentino vien fermato da un normale controllo antidoping di rito che decreta anzitempo la fine della sua avventura italiana.

All’indomani della retrocessione, Corioni cede la società all’ineffabile triade Gnudi-Gruppioni-Wanderlingh.
La squadra è ampiamente rinnovata in tutti i reparti e la nuova dirigenza non nasconde l’obiettivo di una rapida risalita nella massima serie.
Nonostante le insistenti voci di mercato (il Bari, ad esempio, farebbe carte false pur di ottenerne il cartellino) l’estroso magiaro rimane a Bologna (forse controvoglia, chissà), ma sia il Maifredi-bis che il ruggente Sonetti non riescono nell’impresa di smussarne adeguatamente gli spigoli caratteriali.
In osmosi con i risultati della squadra, Detari alterna prestazioni sfavillanti (il gol su punizione al Brescia è un bolide di rara bellezza) a gare deludenti, in cui prevalgono eccessi di individualismo ed un insopprimibile e a tratti insopportabile spirito da primadonna.
Giusto per arricchire il suo personale palmares di follie, al termine della gara disputata a Messina, dichiara candidamente ad un giornalista di aver sbagliato un goal apposta, in aperta polemica con alcuni compagni di squadra perché non gli passano la palla. La notizia diventa presto di dominio pubblico e il fantasista magiaro non gradisce molto l’idea, a tal punto da minacciare di investire con la sua potente fuoriserie l’incolpevole cronista, reo solo di aver divulgato la notizia e svolto al meglio il proprio mestiere.
La discontinuità resta la sua caratteristica principale ma lo tormentano peraltro alcuni problemi fisici, che lo inducono a terminare la stagione con largo anticipo, proprio nel momento in cui la rincorsa verso la A pare meno illusoria.
Alla fine il Bologna resta in B e l’ungherese lascia i colori rossoblu per approdare nelle Marche, pronto per vestire la maglia del neopromosso Ancona, in serie A per la prima volta del sua storia.
Come nelle più tormentate storie d’amore da romanzo, Lajos Detari se ne va così, in silenzio, quasi senza salutare una città e una tifoseria che l’hanno amato in maniera incondizionata fin dal primo giorno. Per lui, sono quarantanove le presenze complessive in maglia rossoblu e sedici le reti messe a segno. Alcune ancora scolpite nella memoria di tanti.
Resta purtroppo l’immagine di un giocatore altalenante tanto quanto idolatrato.
Nella stagione successiva, quella casilliana e con il finale catastrofico, vedere ai nastri di partenza il numero 10 del talentuoso biondino venuto dall’Est assegnato al carneade Tarcisio Catanese lascia trasparire una tangibile una linea di delusione, quasi la sensazione che si prova quando ci si trova a tavola davanti ad una pietanza particolare e manca il sale a darle il giusto sapore.
L’esperienza con la formazione dorica, nonostante l’immediata retrocessione, è positiva. Nove marcature e tanti assist. Ma ciò non tuttavia è sufficiente per salvare la pellaccia. Altri saluti di commiato e via in Svizzera nel Neuchâtel Xamax e di nuovo in Italia tra le fila del Genoa, senza però lasciare tracce significative del suo passaggio. Ma la parabola discendente è già purtroppo iniziata. Prima tappa in seconda divisione austriaca, poi il rientro in patria in squadre senza alcun blasone e di lì a poco il definitivo ritiro. Senza il pallone la sua vita è però troppo vuota e priva di significato. Si ricicla dunque allenatore di formazioni minori, tuttavia con scarsi risultati sia a casa sua che in Grecia, approdando persino in Vietnam e addirittura alla guida della Nazionale ungherese insieme all’ex compagno di squadra Boszik. Ma anche lì dura poco. La continuità e la lungimiranza non sono mai state sua prerogative, anche appese le scarpe al chiodo.
Una bella chicca ce la regala in occasione del Centenario del Bologna, ottobre 2009. C’è snche lui fra gli invitati alla prestigiosa ricorrenza alla serata di gran gala al Dall’Ara, ma alla fine non si presenta. Il motivo ufficiale? Pare che abbia perso l’aereo. Sì, proprio così.
Chissà se l’ha fatto di proposito, come quel gol sbagliato sullo Stretto anni orsono.
E come sosteneva il grande Carletto Mazzone, chi nasce tondo non muore quadrato. Mai.

(Foto Storiedelcalcio.Altervista.org)

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