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Alé Bulåggna – Ciapèr la scóffia

Nuovo episodio della rubrica in dialetto bolognese Alé Bulåggna. La frase di oggi è “Ciapèr la scóffia”, mai come quest’anno vera per il tifosi rossoblù

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Alé Bulåggna
Alé Bulåggna, oggi parliamo della frase "Ciapèr la scóffia"

Nuovo appuntamento con la rubrica in dialetto bolognese Alé Bulåggna, che riporta in auge il nostro dialetto e cerca di accostarne modi di dire a situazioni che si possono vedere nel mondo sportivo, e in particolare nell’ambito del Bologna FC.

Oggi parliamo di un termine che viene utilizzato ormai da centinaia di anni, con prove documentate, e che ha bene o male mantenuto, almeno in parte, il proprio significato più profondo.

La scóffia

Partiamo dall’inizio. Secondo lo scrittore ed editore Tiziano Costa, le prime attestazioni di questo modo di dire, hanno origine nel 1288, quando il Senato di Bologna decise di fare dono di una cuffia di panno rosa ad ogni fidanzato bolognese di sesso maschile, prossimo alle nozze.

Veniva chiesto ai ragazzi di indossarla per mostrare a tutti la propria “condizione”. In questo modo veniva teoricamente loro impedito di trovarsi in situazioni spiacevoli come corteggiare altre ragazze o essere richiesto per un altro sposalizio.

Ciapèr la scóffia

A quel punto, per la tradizione popolare, divenne facile accostare il prendere la cuffia del matrimonio con lo stato d’animo dell’innamorato, che pensa solo alla propria amata. A volte, addirittura, questi arriva a sragionare dal tanto amore provato.

Bene, scriviamo queste righe nel 2024, a pochi giorni dalla fine della Serie A 2023/24. Cosa vuol dire? Beh, vuol dire che anche chi scrive, come tutta Bologna, ha “ciapè la scóffia” per il Bologna di Thiago Motta, e la storica qualificazione in Champions League.

Ma possiamo anche dire che il medesimo Thiago Motta, così come tutti gli allenatori e tifosi, aveva sicuramente ciapè la scóffia per alcuni giocatori più adatti di altri al proprio modo di giocare.

E ancora, certamente, possiamo dire che il giocatore Santiago Castro ha ciapè la scóffia per Bologna, visto che dopo neanche tre mesi di permanenza in città si è tatuato la Torre di Maratona sul polpaccio.

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