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Pallanuoto – La FIN ricorre al TAS dopo i fatti di Italia-Ungheria

Scandalo nella pallanuoto a Parigi, ma la FIN non ci sta: fatto ricorso al TAS dopo il rifiuto del ricorso da parte di World Aquatics

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Iapichino quarta a Parigi2024
Pallanuoto (©Parigi 2024)

Ci sono alcuni sport che attendono, ciclicamente, 4 anni per tornare sui grandi palcoscenici che gli competono. Ecco, la pallanuoto è uno di questi sport: ogni Olimpiade, sono innumerevoli gli spettatori che si affacciano a questa disciplina, che ne lodano la difficoltà, lo spettacolo, la costanza che devono avere questi atleti (come del resto in ogni disciplina olimpica) per arrivare fino a lì, nello specifico, a Parigi 2024. É un vero peccato che una disciplina come questa, che meriterebbe i più grandi palcoscenici non solo in queste occasioni, ma tutto l’anno, dato l’altissimo livello del campionato italiano (considerato dai più quello più competitivo al mondo), sia stata protagonista di uno degli scandali peggiori di questi Giochi.

Il quarto di finale Italia-Ungheria: per molti, la morte della pallanuoto

Probabilmente una delle dinamiche arbitrali più discusse a Parigi 2024 è quella che riguarda il quarto di finale tra Italia e Ungheria al maschile. Una partita storicamente combattutissima, che fa scendere in vasca alcuni dei più grandi campioni di sempre di questo sport, come Denes Varga, che chiuderà ufficialmente la propria fantastica carriera proprio al termine dei Giochi. Comunque: si gioca, la sfida è avvincente e sta coinvolgendo migliaia di persone. Poi il fattaccio ha coinvolto sfortunatamente Francesco Condemi, il più giovane della spedizione pallanuotistica azzurra e, nonostante ciò, uno degli elementi più importanti tra le file di coach Sandro Campagna. Il catanese segna la rete del 3-3 ma, tirando, colpisce inavvertitamente nella chiusura del tiro il difensore ungherese al volto.

Gioco fermo, il magiaro esce con un occhio nero dall’acqua. Una cosa che può capitare, dato che la pallanuoto è uno sport di contatto (e forse anche qualcosa di più) e il colpo è stato, senza alcun margine di dubbio, assolutamente non volontario: i video replay del tiro ne sono testimonianza. Non sono dello stesso avviso, purtroppo, i due arbitri che stanno dirigendo la partita, Alexandrescu e Miskovic. Condemi si becca il rosso e l’Italia, dopo aver subito il tiro di rigore, trasformato dall’Ungheria, è costretta a giocare 4′ in inferiorità numerica, la pena peggiore da scontare nella pallanuoto. Boato sugli spalti: non è giusto. Il Settebello è stoico e resiste in difesa, non subendo nemmeno un gol in quei dannati 4 minuti, ma deve completamente annullarsi in attacco, destinando ogni energia alla fase difensiva.

Un epilogo che avrebbe potuto essere diverso

L’epilogo è già noto. Il Settebello trascina l’Ungheria ai rigori ma si scontra con il muro eretto dal portiere ungherese, che spinge i suoi in semifinale olimpica. Anzi, più volte è stato detto che, nonostante l’errore (volendo vederlo così), l’Italia avrebbe potuto ugualmente vincere la partita. Vero. Il Settebello avrebbe potuto farcela, dato che ha trovato anche il vantaggio di due reti. Nonostante ciò, quello che è accaduto non può essere ignorato nell’economia di una partita del genere e ha condizionato, per non dire deviato, la partita in una direzione: quella ungherese.

Primo. L’Italia ha perso uno dei propri giocatori migliori, come testimonia la rete messa a segno un istante prima del fattaccio da Condemi. Secondo. L’Italia aveva messo a segno la rete del pareggio, ma le è stata tolta poiché il gol è stato annullato. Terzo, l’Ungheria ha avuto la possibilità di effettuare un tiro di rigore, che ha messo a segno, portando così lo scorse dal 3-3 al 4-2. Quarto. L’Italia ha giocato 4′ in inferiorità numerica, dovendo così sacrificare ogni energia nel non prendere gol e non scivolare indietro nel passivo. Tenendo conto di tutti questi fattori, aver trascinato l’Ungheria fino ai rigori è un risultato che in poche squadre, nel panorama mondiale, avrebbero saputo raggiungere. 

Le parole di Campagna

Precisiamo: tutti gli sport devono fare i conti con gli arbitri, che essendo umani, spesso e volentieri commettono errori. Cose del genere, tuttavia, fanno completamente perdere la fiducia in quella che è la direzione di gara e soprattutto nella loro buona fede. L’azione che ha coinvolto Condemi non ha alcun tipo di natura dubbia, è un lampante esempio di scontro di gioco che nessun arbitro, men che meno di livello olimpico, potrebbe confondere con un’azione volontariamente violenta.

Subito dopo la partita, mister Campagna è stato chiaro: «Scientificamente è impossibile il gioco violento quando un giocatore tira: è impossibile perché tu stai tirando, sei concentrato, fai il gesto e non puoi poi colpire l’avversario dopo un centesimo di secondo. È stata una decisione inaccettabile. Avessimo perso ai rigori una partita senza episodi del genere probabilmente avrei analizzato anche le piccole debolezze o errori che abbiamo commesso. Recuperare una partita del genere e indirizzarla sui binari della vittoria penso che sia una cosa straordinaria. Non posso dire niente ai ragazzi. L’unica cosa che posso dire è che sono veramente orgoglioso di essere il loro allenatore».

La Federazione non ci sta, ma il dado è tratto nella pallanuoto

A pioggia, nella giornata di ieri, sono arrivate le conseguenze del misfatto. La Federazione Italiana Nuoto ha fatto ricorso, chiedendo di rigiocare la partita poiché evidentemente condizionata da un lampante errore arbitrale. La World Aquatics ha respinto il ricorso della Federazione, annullando però la squalifica di Francesco Condemi. In pratica, si tratta di un’ammissione di innocenza del giocatore, ma non l’ammissione dell’errore, sempre se così si può definire, degli arbitri.  L’episodio è stato infatti analizzato dal Management Committee, che ha reputato innocente Condemi e non intenzionale il colpo subito dall’ungherese. Alexandrescu e Miskovic, intanto, sono stati sospesi dalla conduzione di altre partite nel torneo olimpico. Perchè farlo, se secondo la World Aquatics non hanno sbagliato?

La Federazione ha così deciso di ricorrere al TAS, il Tribunale Arbitrale dello Sport di Losanna, il massimo organo della giuria internazionale. Non si tratta certo di un tentativo modificare il corso degli eventi e di rigiocare una partita di pallanuoto che, ormai, ha già un suo vincitore. Si tratta di giustizia, soprattutto nei confronti di atleti che hanno passato 3 anni a preparare questo fondamentale appuntamento. E l’Italia ne aveva fatta, di strada. Dopo l’amarezza di Tokyo, l’Italia aveva centrato quasi tutti gli appuntamenti più importanti sul calendario, conquistandosi, poco tempo fa, un argento e un bronzo negli ultimi Europei e Mondiali.

Si tratta di giustizia per atleti che hanno sacrificato tutto, negli ultimi anni, e hanno visto sfumare il sogno di una medaglia olimpica per una decisione che ha un sapore tutto diverso rispetto alla correttezza. Ci sta perdere, soprattutto contro un’avversaria valida come l’Ungheria. Ma perdere così, in questo modo, non è accettabile per chi probabilmente ha disputato la propria ultima Olimpiade e l’ha vista dissolversi in questa maniera.

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