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In Serie A si gioca troppo poco? Bisogna correre ai ripari

Ma il tempo effettivo medio di una partita di Serie A in quanto consiste? E se il problema è tale a livello europeo, come disciplinarlo?

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Il Bologna festeggia il gol di Fabbian - Serie A (©Bologna Fc 1909)
Il Bologna festeggia il gol di Fabbian - Serie A (©Bologna Fc 1909)

Le statistiche del tempo effettivo delle prime sette giornate di Serie A sono state preoccupanti, con ben cinquantuno ore di calcio perse. Un’enormità, nonostante i recuperi sempre più lunghi, forse condizionati anche dalle numerose soste per il VAR. Così, il risultato è stato una media di 54 minuti effettivi di gioco. Troppo pochi, contando che una partita dura quasi il doppio del tempo. Tra 400 e 480, in particolare, sono stati i minuti persi in ogni giornata, e il record negativo è detenuto da Empoli – Monza (44 minuti), in contrapposizione a Juve – Napoli (64’).

Il ritmo “europeo”

Analizzando i tempi di gioco degli altri campionati, gli esiti sono simili. Anche in Spagna si giocano 54’, in Germania appena uno in più, mentre in Inghilterra e Francia 56. Non è dunque un problema nazionale, anzi. Guardando le stesse statistiche con due anni di anticipo, nel 2022 in Premier si giocavano 61 minuti, in Bundes e in A circa 61:30 e in Olanda più di 63. E il campionato “meno giocato” era quello ceco, a 55’. Come in due anni sia cambiato il mondo del calcio resta complesso da spiegare. Ma alcuni fenomeni che hanno propiziato la tendenza ci sono.

I recuperi lunghissimi: un’idea fallita?

Non è un caso che la partita con meno tempo effettivo di questa stagione sia stata giocata tra Empoli e Monza. Due squadre che, almeno alla vigilia, sembravano destinate a lottare per la salvezza. Proprio nella parte destra della classifica, infatti, le squadre in vantaggio, dal momento che ogni punto vale oro, iniziano logicamente a prendere tempo. Questo però si è sempre fatto: la differenza sta nella condizione mentale dei giocatori. Sapere di dover giocare ancora sette o otto minuti dopo il novantesimo ha un impatto mentale non indifferente, e già verso il 70° le perdite di tempo iniziano a manifestarsi, moltiplicandosi.

Il VAR ha influito sul tempo effettivo?

Un altro potenziale “colpevole” è il Video Assistant Referee, in arte VAR. Alcune soste durano troppo tempo, e gravano pesantemente sui recuperi, con tutte le conseguenze di cui già abbiamo trattato. Ovviamente è una rivoluzione tecnologica utilissima, ma ha anche dei contro, come ogni cosa. Si potrebbe risolvere questa cosa con delle autentiche “pause VAR”, sullo stile del cooling break. Se l’arbitro viene richiamato al monitor, però, a differenza della sosta per abbeverarsi il tempo si potrebbe realmente fermare, per aiutare in una valutazione più corretta dei minuti in campo.

Tempo effettivo: idea estranea al calcio o potenziale soluzione?

Già un paio di anni fa c’era chi avrebbe voluto una riforma del calcio basata sul tempo effettivo. Un po ‘ come nella pallacanestro, dove ogni volta che la palla esce dal campo o il gioco viene interrotto, il tempo si ferma. Questo cambiamento però non sarebbe una soluzione appetibile in quanto cambierebbe la natura del calcio in maniera troppo netta. Ad esempio, fischiare la fine nel momento in cui un giocatore è sul punto di segnare sarebbe deleterio. L’emozione del calcio verrebbe annacquata, probabilmente snaturandolo eccessivamente.

Una cosa è certa, al calcio, e forse non solo in Italia, servono dei cambiamenti per fare fronte alle nuove tempistiche in campo. I cambiamenti nello sport moderno sono molto rapidi, e servono misure controbilancianti altrettanto rapidamente.

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