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Bologna

Grandi Pensieri di Mattia Grandi

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Sette punti in una settimana. La doppia affermazione sull’asse Livorno-Cagliari ed il pareggio nel posticipo con il Chievo Verona traghettano il Bologna dall’ultimo posto in classifica ad un punto in più sulla zona retrocessione. Quella che da tutti era stata etichettata come una partita decisiva per l’economia felsinea finisce per ridursi ad un pessimo spot in prima serata del pianeta calcio. Quattro tiri nello specchio della porta in novanta minuti. Tre di marca emiliana, uno made in Verona. Tre impegni ravvicinati in otto giorni finiscono necessariamente per offuscare mente ed appesantire gambe ma la pochezza mostrata sotto ai riflettori del Dall’Ara è sinonimo di un “volemose bene” di circostanza. Stiamo poi parlando di una sfida tra ultima e terz’ultima della classe, mica la semifinale di Champions. Mettiamola così: il Bologna ha conquistato a Cagliari i punti che avrebbe dovuto incamerare nel posticipo ed ha acquisito davanti al pubblico amico il puntaccio auspicato dalla trasferta isolana. Invertendo i fattori il prodotto non cambia. Ci sono però alcuni elementi da valutare attentamente. Uno. Il Bologna non concretizza affatto il fattore casalingo nelle sfide in ottica salvezza. All’ombra di San Luca Pioli & soci rimediano k.o. con Torino e Verona (quest’ultima proiettata in zona Europa League peraltro), due punti con Sampdoria e Chievo, un successo di misura con il Livorno. In una bagarre per la sopravvivenza che vede racchiuse oggi come oggi una decina di compagini, il fattore campo ha ed avrà una sua valenza sul resoconto finale. Due. Il pallone che capita tra i piedi a Rolando Bianchi al minuto 91 o giù di li va scaraventato in fondo al sacco. Sempre. In una partita dove le nitide occasioni da goal si contano nelle dita di una mano, quel tiro dal vertice sinistro dell’area piccola grida vendetta. Non è una questione personale con Bianchi che è anche un ragazzo educato, è una questione di pura etica e sopravvivenza. Etica: sei un attaccante, sei pagato profumatamente per fare goal, 403 minuti giocati (pari a quattro partite e mezzo), zero goal. Sopravvivenza: le reti di Rolly servono come il pane, Bianchi è un giocatore di proprietà del Bologna quindi un concreto valore di una società terribilmente bisognosa di liquidità, Rolando percepisce un buon ingaggio. L’equazione non torna da nessuna angolazione. Poi arrivano dichiarazioni dal fratello procuratore sul giustificato malumore del numero nove felsineo sul suo scarso utilizzo. Pallone vacante sotto al diluvio di Reggio Emilia, altezza testa Bianchi, distanza 1 metro dalla porta, fuori. Lancio di Perez, preciso stop di Rolly, 5 metri dalla porta di Puggioni, fuori. Non conta il minutaggio, conta il cinismo. Oggi quello di Bianchi è pari allo zero, non lo dico io, lo dicono i numeri. In sala stampa qualcuno ha anche il coraggio di dire (collega che stimo poco in chiave calcistica): “No, ma l’aveva colpita bene”. Se la colpisci bene, da li fai goal, se no giochi a pallavolo. Alla resa dei conti questi errori avranno un altro peso specifico. Chiusa parentesi. Ammonizione di Perez. Ovvia. L’uruguaiano non avrebbe comunque giocato a Bergamo per l’impegno delicatissimo con la Celeste in chiave qualificazione mondiale. Serve aggiungere altro? Reset ammonizione calcolato. Finalone su Sannino ed il Chievo. Come si salva una squadra che ha fatto in undici partite la bellezza di sette reti? Io l’ho chiesto direttamente all’interessato in sala stampa ieri sera. Risposta: una supercazzola in stile Amici Miei. Auguri Mister, buon lavoro.

Mattia Grandi           

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