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Bologna

Grandi Pensieri di Mattia Grandi

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La fortuna aiuta gli audaci. La sfiga, invece, ci vede benissimo. Sarebbe però troppo riduttivo appellarsi alla bizze della Dea Bendata nell’analisi dell’ennesima sconfitta del fanalino di coda Bologna. Già, a forza di raccontarcela, il Bologna nelle ultime diciotto uscite di campionato ha vinto soltanto una partita. Iella?! Potremmo andare avanti secoli snocciolando i numeri di un colossale fallimento che porta la compagine del presidente Guaraldi alla poco invidiabile consegna della maglia nera della serie A italiana. Otto partite, tre punti. Questo è chiaro, lampante, plateale. E’ scritto, è insindacabile, inconfutabile. Poi c’è anche l’elemento sfortuna che spesso accompagna a braccetto chi gioca con il fuoco. Scottandosi. Presagio, monito, vodoo, macumba, malocchio, ci sono svariati modi per appellare la costante riproposizione di eventi non favorevoli. Al Bologna non gira sicuramente bene, il calcio non è una scienza esatta e la sfiga felsinea potrebbe essere soltanto il conto da pagare quando ci si siede ad un tavolo verde giocando d’azzardo per troppo tempo. Non esiste sfortuna quando in serie A si subiscono 22 goal in otto partite. Quali sono le colpe della Dea Bendata se in attacco un goal su azione non arriva da mesi?! Dopo venti minuti di gioco il Bologna soccombe due reti a zero contro una delle compagini tecnicamente più imbarazzanti dell’ultimo lustro di calcio nazionale. Pochi alibi. Natali si fa infilare da Berardi, Mantovani gli frana addosso, Laxalt perde il pallone, Floro Flores tira, Khrin devia e moviolone Curci si tuffa al rallentatore. Sfortuna?! Ah sì, il diluvio che di fatto cancella il promettente secondo tempo. Capita. Pensiamo anche alle duemila anime che hanno pagato una ventina di euro abbondanti per una doccia rinfrescante fuori stagione. Quella è sfiga o è fede, dipende dai punti di vista. Il piglio della squadra bolognese era quello giusto, onesto riconoscerlo. Però se ogni domenica si parte con un gap al passivo di due reti a zero dopo venti minuti di gioco ci sarà qualcosina che tocca. Maran a Catania (5 punti) è stato esonerato un paio di orette fa. Pioli a Bologna no. Giusto così, era doverosamente allontanabile nel post Bologna-Verona, oggi non avrebbe particolarmente senso. Dopo una delle migliori performance stagionali da zero punti? No. Lo spogliatoio è unito ed il gruppo ha le credenziali per la remuntada. “Fatti non pugnette”, recita il celebre slogan di Paolino Cevoli. Ecco, io aspetto i “fatti” per evitare anche solo di pensare al tranello dello spettro alibi. Credo fermamente alla salvezza del Bologna, gli emiliani valgono più di tre miseri punti. A forza di aspettare però sto invecchiando e perdendo, di domenica in domenica, le frecce difensive all’interno di una faretra bucata. Sufficienti Diamanti, Cristaldo e Sorensen, poca roba il resto della banda. Iniziamo a metabolizzare che la seconda finale del torneo pioliano è contro una compagine quadrata come quella del Livorno. La neopromossa dal calcio vivace e concreto dell’ex Ravenna Davide Nicola è infinitamente più forte del Sassuolo e del Bologna. Lo dicono i numeri, io non invento nulla. Quindi? Ennesimo crocevia da percorrere, sperando di imbroccare, finalmente, la giusta direzione del senso unico. Non ci sono scusanti, l’alternativa è un dichiarato gps per il paese di “Cadetteria”. Perchè succede che le ripetute sconfitte minano la serenità dello spirito e della mente, infondono insicurezza e poca consapevolezza della propria valenza. Turbano i rapporti umani ed alimentano strane credenze popolari, come quella della sfiga. Forza Bologna!

Mattia Grandi 

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