Bologna FC
7 Giugno 1964 – “Storia RossoBlù dalla nascita fino all’ultimo scudetto” -01 Set-
8 – A.A.A., cercasi “mago”: e da Vienna arriva Hermann Felsner
Il Bologna che si affaccia agli anni Venti è un’altra squadra. Matura per il grande salto verso i vertici del calcio italiano. Manca solo una rotella, ma è quella decisiva per far girare l’ingranaggio nel migliore dei modi. L’allenatore. O il “trainer”, come si dice ancora di questi tempi. Fin qui, a tenere le fila era toccato soprattutto ai giocatori più carismatici. L’ultimo, in ordine di tempo, è Angelo Badini. Ma i tempi stanno cambiando in fretta. Lo sa bene il presidente, Cesare Medica. Uno che ha l’occhio lungo e la situazione sotto controllo: il potenziale ci sarebbe, ma manca un sistema, un ordine, una preparazione adeguata. Cose che urgono, in un’epoca in cui si cominciano addirittura ad “acquistare” i giocatori. Bernardo Perin, vicentino, è il primo nella storia rossoblù. Come si è detto, è costato due lire, il rimborso per le spese di viaggio e un aiuto concreto per l’apertura di un forno in piazza Malpighi. Sarà un impegno ripagato: Perin giocherà in rossoblù dal 1919 al 1931, con 205 presenze e 74 reti. E contribuirà alla conquista di due scudetti.
Il “trainer”, dunque. Medica e la dirigenza rossoblù sono decisi: bisogna cercarlo tra i maestri del calcio danubiano, quello più in voga, più redditizio e spettacolare dell’epoca. In Austria, dunque. È così che un bel giorno su un quotidiano di Vienna appare un insolito annuncio: il Bologna Football Club cerca la sua guida, astenersi perditempo. Rispondono in parecchi, e tocca all’ex capitano Arrigo Gradi, quello che decise che la maglia del Bologna sarebbe stata rossoblù, affrontare il viaggio Bologna-Vienna. Tutto registrato nei libri contabili della società: «25 settembre 1920, rimborso spese a Gradi per viaggio a Vienna per assunzione trainer, lire 1183,65».
Il prescelto è un gran bel personaggio. Trentuno anni, alto, elegante, istruito. Laureato in giurisprudenza, insegna ginnastica e si è abbeverato alla scuola inglese seguendo due corsi di specializzazione in football. Si chiama Hermann Felsner. Entrerà nella storia rossoblù.
Il “trainer” arriva alla stazione di Bologna, si guarda intorno e non trova nessuno ad aspettarlo. Non si perde d’animo, non èil tipo: pochi minuti e si presenta al Bar del Corso, punto di ritrovo della squadra, in pantaloni alla zuava, cappellone e monocolo. Di lì a poco è sul campo, a cambiare metodi di allenamento e mentalità del gruppo. Il mutamento è ben spiegato su «Bologna FC», la prima rivista ufficiale della società: «Si notava principalmente la mancanza di una vera tecnica di gioco, di un razionale allenamento… La direzione, consenzienti entusiastici tutti, decise allora di sobbarcarsi al sacrificio di un vero trainer, e trovatolo nella persona del dotto Felsner, attese fidente i risultati».
Attesa proficua. Il danubiano, nato a Graz il primo aprile 1989, lavora soprattutto su preparazione atletica e fondamentali. Ore e ore a palleggiare contro il muro, roba mai vista su questi schermi. Ma “il professore”, o “l’umazz”, l’omaccio, come lo ribattezza subito Pierino Genovesi, sa anche farsi amare dalla squadra. La tiene unita, la dirige col piglio del maestro e la bonomìa del fratello maggiore. Appica il Metodo, ovviamente, ma lo adatta alle caratteristiche dei singoli.
Ma insomma, che tipo di allenatore è questo Felsner? Ce lo racconterà qualche anno più tardi, a gloria conquistata, lo stesso Gradi, con un bell’intervento nel libro scritto per i cinquant’anni della società, nel 1959. Sentiamolo:“…Poiché un buon allenatore avrebbe certamente potuto portare un miglioramento sia ai singoli giocatori che al complesso della squadra, io andai in Austria e in Cecoslovacchia per cercare un allenatore. Portai così a Bologna il Dott. Hermann Felsner, che insegnò veramente a giocare con intelligenza e precisione. Fu in quell’epoca che il Bologna F.C. raggiunse fama nazionale e internazionale, fu Campione d’Italia e vinse la Coppa d’Europa”.
Il calcio italiano è cambiato, il Bologna pure. Nel senso che è diventato grande, e ha un posto da protagonista nello spettacolo del “football” che già incanta gli italiani. A pensarci, tutto in una decina d’anni, considerando quelli persi in guerra. In seguito, tutti riconosceranno il grande lavoro di Hermann Felsner per far diventare quella rossoblù una grandissima squadra.
(8 – continua)
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