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L’inaDieguato – Post Bologna Toro- 8 Aprile

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Accetto l’invito dell’amico Andrea Neri a riunire i pensieri espressi alla fine di Bologna-Torino dell’altra sera. E scrivo la mia, per chi avrà la bontà di leggere. Un istante dopo il fischio finale avrei preso l’Impomatato, l’avrei cosparso di olio e salamoia e messo in forno. Con lui anche Morleo, uno che da due turni non gioca affatto male, ma se collegasse anche qualche filo cerebrale in modo da pensare anche a “gestire” un risultato sofferto e preziosissimo, non sarebbe male. Dopo questo attimo di cannibalismo mentale… ehi Diego! mi sono detto, prova a ragionare anche tu. Mi sono rivisto il film della partita, prima del pareggio di Kone stavo pensando che si stava mettendo maledettamente male. Che era più facile che il Toro raddoppiasse piuttostro che raggiungere il pari. Intendiamoci: il giro palla e la pazienza non facevano difetto. Ma Diamanti non trovava sbocco, Ogbonna aveva imprigionato Gila. Lì ho invocato Kone e il suo etto e mezzo di imprevedibilità. Gran gol del greco, 1 a 1. Avevao ancora paura. Però il Bologna è cresciuto, ha mostrato grande carattere anche senza Perez il mahatma rossoblù. Il raddoppio lo stavo vivendo come un premio proprio al forte senso di appartenenza di tutti. Il guizzo, forse anche ingiusto nei confronti dell’avversario, ma sacrosanto per i valori collettivi. Mai come stavolta: una classe operaia in paradiso. Finchè Morleo e Demarco non hanno rovinato la festa. Trovo quindi giusto come non mai guardare non uno ma tutti e due i lati della medaglia. Mi identifico nella analisi di Pioli. Un Pioli che ho apprezzato moltissimo anche nelle parole di presentazione. Mi piace la sfida lanciata a ogni suo giocatore. Cioè quando ha detto che quest’anno la piazza è partita diffidente (sono andato sul leggero), ha preferito voltarsi indietro e rimpiangere (io no) Ramirez e Gillet e Mudingayi, piuttosto che guardare bene a questo gruppo. Che proprio per questo ogni rossoblù che ha saputo conquistarsi con tanta dedizione la fiducia oggi è davanti a un bivio. Quello di accontentarsi del minimo contrattuale, la salvezza, oppre di andare alla ricerca – da qui alla fine – di rivincite personali con chi era scettico; di sodfdisfazioni professionali e di un’ambizione che, chissà mai perchè, in un piccolo club non dovrebbero esserci. Bravo Stefano, grande tecnico e grande uomo! E per tornare ad affondare i tacchetti sull’erba del Dall’Ara… in ultimo: qualcuno stroce il naso perchè il Bologna non sa fare falli tattici. Anch’io, a volte, lo invoco. Però, permettetemi: senza questa soluzione difensiva antipatica (quanto lo era, da bambino, quello che ti toglieva con la mano il pallone dalla testa o dal tiro al volo, perchè lui non ci era arrivato) il piacere del risultato è maggiore. L’ingenuità la puoi vedere come un difetto ma ha pure un suo lato distintivo. Il Bologna non commette sistematicamente il fallo tattico? Io me ne vanto. Ecco, Andrea, forse ho sproloquiato. Ma spero di averti accontentato.

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