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Il Punto sul Bologna – Prigionieri – 6 dic

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È sempre difficile avere a che fare con chi ha meno esperienza di te e convincerlo a fare le cose giuste. E lo scotto che attualmente il Bologna sta pagando sembra essere questo con Donadoni che, probabilmente, si trova a dover sbrogliare una matassa complessa e difficile. Questo è infatti il terzo Bologna che vediamo nel giro di tre anni, figlio di tre diversi direttori sportivi che si sono avvicendati. E si è passati da Matuzalem a Torosidis, da Zuculini a Pulgar, da Bessa a Nagy, solo per fare alcuni esempi. Anzi, andiamo per gradi, dalla stagione della serie B sono rimasti Da Costa, Oikonomou, Morleo, ‘MBaye, Maietta, Gastaldello e Masina, praticamente solo il reparto difensivo. Il resto dell’impianto è stato praticamente e per intero, rivoluzionato. Dalla passata stagione, ci portiamo dietro, invece, Destro, Taider, Pulgar, Krafth, Rizzo, Mounier, Donsah, Floccari e Mirante. Tra questi ultimi, tra il campionato scorso e quello attuale, è bene ricordare che spesso sono stati lontani dal campo di gioco, per problemi fisici, i suddetti Destro, Krafth, Rizzo, Donsah e perfino Mirante con la sua personalissima vicenda che fortunatamente ha trovato ottima conclusione.

Tuttavia, questo tourbillon di nomi che si accavallano, non basterebbe a comprendere il calo che la squadra sta al momento vivendo. Un calo che si è evidenziato non tanto per le due sconfitte consecutive in campionato con Atalanta e Udinese, quest’ultima arrivata per un’invenzione al ’93 del giocatore dell’Udinese al momento più discusso, ma più che altro per un abbassamento repentino dell’entusiasmo complessivo. E in una squadra composta per la maggioranza da giovani, è proprio l’entusiasmo che crea la differenza. L’upgrade dell’aspetto tecnico e tattico è ancora in fase di svolgimento, ma quello che sembra venire meno è quello che potremmo definire della “Fotta” consapevole. Ovvero, non mi sembra di aver visto nessuno tirare indietro la gamba o chiedere permesso, anzi la grinta sembra comunque esserci. Il problema è che, sempre al momento, sembra essere una grinta psicologicamente  disorganizzata. Esempio palese e ultimo, dal punto di vista cronologico, l’espulsione per doppia ammonizione rimediata ieri dal nostro cileno.

Tornando alla matassa da sbrogliare, dunque, l’aspetto psicologico sarà quello dove, a mio modesto parere, dovrà intervenire il tecnico bergamasco ed il suo staff. Un’azione complessa proprio perché, la maggior parte della squadra, è fatta di giovani con belle speranze. Speranze che noi tifosi rossoblu vorremmo si tramutassero, nel più breve tempo possibile, in certezze.

Ma per far sì che questo avvenga, serve anche mettere il coniglio in fuga davanti ai levrieri, come si fa nelle corse canine. Al momento questo coniglio non c’è e sembra essersi creata una sottilissima distanza tra chi la squadra l’ha allestita e chi la gestisce. Donadoni ci ha sempre dimostrato, seppur con pacatezza e silenzi di fattura bergamasca, che l’obiettivo che si pone per il Bologna è più in là del ridimensionamento costante che invece impone Bigon. E la cautela di quest’ultimo sembra essere figlia della retrocessione del Verona dello scorso anno quando direttore sportivo della squadra scaligera era appunto il nostro attuale.

Allora, forse, il nodo gordiano è proprio qui. Non so dire se abbia più ragione il tecnico o il direttore sportivo ma so che ai giovani non si può mai sottrarre l’entusiasmo. Ma, soprattutto, non si può instillare la paura. Dobbiamo smettere di guardare alle nostre spalle, la classifica degli ultimi posti non è prevista nelle attenzioni di quest’anno. È roba dell’anno scorso, ora dovremmo essere nel consolidamento nella massima serie. Questo vuol dire crescere. E nel terrore crescono solo i prigionieri. 

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