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Polvere di stelle: RENZO DE VECCHI – 24 feb

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IL FIGLIO DI DIO

Quel pomeriggio la bravura del terzino sinistro del Milan rasentava il soprannaturale: «Bravo Renzo!» gridò a squarciagola un celebre capo tifoso di nome Bonfiglio.«Bravo, sei il figlio di Dio!», Da quel giorno, Renzo De Vecchi, nato a Milano il 3 febbraio 1894, ebbe quell’incredibile soprannome. Figlio di una famiglia agiata, si era appassionato al pallone come mezzala sinistra in un piccolo club, il Minerva, da cui era entrato nel Milan praticamente bambino.«Papà» avrebbe raccontato poi «mi pagava le quote sociali e non perdeva una partita del Milan».L’esordio in prima squadra era stato precocissimo, due anni dopo, quando da poco aveva passato i quindici d’età e già della sua bravura si favoleggiava. Una volta, in una partita tra titolari e riserve,si era permesso di sradicare la sfera dai piedi di Herbert Kilpin, il vecchio capitano fondatore, ogni qualvolta questi si apprestava al tiro; e ne aveva ricevuto in cambio un paio di robusti calci nelle terga,a duro ammonimento del rispetto dovuto ai colleghi anziani. Sull’aire delle sue prestazioni in rossonero, volò in Nazionale, stabilendo il giorno del debutto (26 maggio1910, Ungheria-Italia 6-1) il primato assoluto di giovane età: 16anni, 3 mesi e 23 giorni. Lui stesso avrebbe poi descritto il viaggio a Budapest come il ricordo più dolce della sua camera: la mamma lo aveva accompagnato alla stazione per affidarlo ai dirigenti, poi era entrato in campo nella ripresa, calzando le scarpe normali,non trovandosi più quelle da calcio. Tempi di un football eroico,che De Vecchi, col suo fisico gracile e minuto, contribuì ad ammantare di leggendaria epopea. Dopo la sensazionale vittoria sui padroni di casa alle Olimpiadi di Anversa (3-2), Ettore Berra lo cantò così: «Stratega della difesa,aveva un piede fatato.

Tutti i palloni finivano sul suo sinistro implacabile. Col gran naso al vento fiutava il pericolo come il nostromo fiuta l’avvicinarsi del fortunale».E un altro grande del tempo. Bruno Roghi, così ne narrava le gesta dopo una vittoria sulla Germania:«Nel tumultuoso serrate della squadra tedesca, tutta forza, rudezza, ira, lo stile e la voce di De Vecchi sovrastavano la mischia. Un grande atleta e un impareggiabile incitatore». Quel corpicciuolo che ancora oggi lo rimpicciolisce nelle sbiadite foto d’epoca, era in realtà uno strumento vigoroso ed elastico, pronto ad assecondarne ogni pretesa agonistica. Perfetto nel colpo di testa, rapinoso nell’anticipo, autoritario nei rilanci |da vero regista difensivo, De Vecchi dopo quattro stagioni al Milan si trasferì al Genoa, nel1913, per un ingaggio di 24 mila lire: un operaio guadagnava allora due-tre lire al giorno. Poté così dare un senso al proprio albo d’oro,vincendo lo scudetto nel 1915 e,dopo l’interruzione bellica, nel1923 e 1924. Chiuse a 35 anni, 1’8dicembre 1928, contro la Reggiana. In Nazionale aveva totalizzato 43 partite. Dopo, divenne autorevole commentatore per il “Calcio Illustrato”.’È morto nel 1967.

Carlo Felice Chiesa

(Calcio 2000 n°18)

 

Foto di apertura: De Vecchi di testa anticipa Schiavio in un Genoa-Bologna della stagione 1923-24.

Foto a lato: Un primo piano di Renzo De Vecchi con la maglia della Nazionale.

 

 

 

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