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Virtus: una rimonta per chiudere la serie. Finale centrata – 02 Giu

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Anche gara 3 si tinge di bianconero. Il finale è 57-77 (parziali 15-15; 33-25; 45-51)

 

ORASI RA: Smith 12, Scaccabarozzi, Sgorbati 2, Chiumenti 2, Marks 9, Raschi 4, Masciadri 4, Tambone 13, Crusca, Seck 2, Sabatini 9. All. Martino

SEGAFREDO BO: Spissu 6, Umeh 12, Pajola n.e., Spizzichini, Ndoja 10, Rosselli 7, Michelori 2, Oxilia 2, Gentile 10, Penna n.e., Lawson 27, Bruttini 1. All. Ramagli

 

Obiettivo centrato. La finale di LNP non è più un miraggio, ma una solida realtà. La Virtus vi approda piegando la resistenza di una indomita Ravenna che deve abbandonare la speranza di prolungare la serie, dovendo inoltre digerire il pesante e perentorio 3-0 inflitto dai bianconeri. Segafredo che ha dovuto sudare più del previsto a causa di un primo tempo in cui le polveri erano decisamente bagnate, in particolare dalla distanza, e dove la difesa ha concesso vere e proprie praterie ai romagnoli. La stessa che ha poi serrato i ranghi nella ripresa, ergendo un muro quasi insormontabile per gli uomini di coach Martino, depauperati della propria fiducia possesso dopo possesso. L’inerzia del match, però, sembrava inizialmente propendere in favore degli ospiti, che aprivano le danze con la poderosa bimane di Lawson su assist di Umeh. Una giocata più o meno simile, questa volta sull’asse Rosselli-Ndoja, vale il primo tentativo di fuga dei bianconeri che hanno il demerito di voler chiudere subito i conti. L’accentuata frenesia, difatti, è cattiva consigliera e incrementa la frustrazione delle Vu nere che si vedono respinte dal ferro tutte le conclusioni tentate. La difesa non è certo da meno e, complice un innalzamento dei ritmi di gioco, lascia ampi spazi alle scorribande ravennate che trovano la parità con Raschi. Sul ribaltamento di fronte Gentile serve a Michelori un assist al bacio, premiato con un jumper a bersaglio dalla media. Tambone impatta nuovamente a quota 15, mentre a Ndoja non riesce il controsorpasso dalla linea della carità sul finire di prima frazione. La penetrazione di Raschi consente a Ravenna di prendere il comando delle operazioni, mentre sul fronte opposto sembra non avere fine il momento di completo appannamento dei bianconeri. La difesa pare reggere l’urto, ma, con l’imperiosa bimane di Smith, i padroni di casa costringono coach Ramagli ad un immediato timeout per tamponare l’emorragia (21-15 al 13’). In uscita dallo stesso, Rosselli spezza il digiuno ospite convertendo un bel rimbalzo offensivo, nonostante la mira delle Vu nere continui a scarseggiare. Spissu prova a dare la scossa ma non basta. Ravenna approfitta dei fischi per trovare punti preziosi a cronometro fermo e con le bombe in sequenza di Sabatini e Tambone trova il massimo vantaggio (33-23). Di Gentile i liberi che, alla pausa lunga, riducono il gap della Segafredo sotto la doppia cifra.

L’intervallo giova alla Virtus che rientra in campo con piglio completamente differente. Registrata la retroguardia, ora in vera modalità “the wall”, anche l’attacco ne beneficia e sul rimbalzo offensivo più layup vincente di un grintoso Ndoja, coach Martino è obbligato al timeout. Ravenna riesce a respingere qualche colpo, salvo poi incassare prima il pareggio poi il punto del sorpasso con la bomba ancora di Ndoja che manda in fibrillazione l’intero palazzetto. I romagnoli non si abbattono e trovano il nuovo controsorpasso sull’asse Sabatini-Smith, prima che Lawson riporti tutto in parità con un gioco da tre punti. Ndoja è la vera anima bianconera: prima si getta su un pallone vagante, lo recupera, e dopo buona circolazione brucia la retina da distanza siderale. È il segnale che sblocca tutta la compagine ospite, brava a trovare la via del canestro con le penetrazioni di Gentile e Rosselli. Di Lawson la bomba che, dopo aver dolcemente baciato la tabella, colpisce duramente il morale ravennate. Al 30’ Segafredo avanti sul 45-51. Con un jumper a bersaglio, Masciadri dimostra che i padroni di casa non sono ancora pronti ad arrendersi. Le scelte di coach Ramagli e la buona gestione dei possessi, grazie al controllo dei rimbalzi sfruttando la verve del doppio lungo (Bruttini e Lawson assieme sotto le plance), sono le mosse della Virtus per ampliare la forbice. Bologna raggiunge il massimo vantaggio (47-60) a metà frazione, mettendo una seria ipoteca sull’esito finale della contesa. Ravenna ci prova con cuore e orgoglio, ma le idee scarseggiano vistosamente. Umeh trova finalmente il bersaglio grosso a poco meno di 4’ dal termine, decretando la parola fine alle ostilità. Nel garbage time spazio ai giovani per ambo le panchine, con Seck e Oxilia a trovare gloria poco prima dell’ultima sirena. La Segafredo si impone anche in gara 3, centrando la finale a seguito della vittoria per 57-77.

Successo di importanza capitale per i bianconeri, bravi a chiudere subito la serie potendo così beneficiare di qualche giorno extra prima della finale in cui attenderanno la vincente della serie da Fortituto e Trieste, che domani vedrà recitato il terzo atto sul parquet del PalaDozza. Una partita, quella della Segafredo, inizialmente condizionata dalla fretta di voler chiudere anticipatamente i giochi. Pressioni che non hanno giovato alla truppa di coach Ramagli, bravo a catechizzare i suoi nell’intervallo. Rientrati in campo, i bianconeri hanno ritrovato unità in ambo le fasi di gioco, sospinti dal talento di Lawson, sicuramente anche oggi il migliore in campo, e dal cuore e verve agonistica di un indomito Ndoja, certamente leader emotivo del gruppo. Essere riusciti a controllare i rimbalzi, evitando che Ravenna potesse beneficiare di seconde chance, è stata una delle chiavi del match, alla fine meritatamente vinto dalle Vu nere. Onore e merito alla truppa di coach Martino, autrice di un’ottima stagione e degna avversaria nonostante il 3-0 subito non ammetta repliche. Ora l’obiettivo è davvero a portata, serviranno altre gare come questa per poter sognare il bersaglio grosso. Raziocinio, pazienza, umiltà e voglia di gettarsi su ogni pallone saranno le armi che la Segafredo ha dimostrato di possedere e dovrà sfruttare a pieno. Ai posteri l’ardua sentenza.

 

 (foto: Valentino Orsini)

 

 

 

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