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Football Knowledge #2: Mamma ho perso l’aereo

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È notizia di pochissimi giorni fa la mancata partenza di Maurizio Sarri insieme alla sua squadra in occasione della trasferta di Bologna: il tecnico toscano, accompagnato da alcuni membri del suo staff, ha infatti preferito raggiungere la città felsinea in treno, anziché usare l’aereo come l’intera rosa partenopea.

Il motivo? Pare sia ricollegabile alla paura del volo: quando è possibile, Sarri predilige i mezzi di trasporto via terra agli aeromobili, sebbene in alcuni casi (vedi la trasferta ucraina di domani sera contro lo Shakthar Donetsk) non possa fare a meno di planare. Non è il primo, né sarà l’ultimo uomo di calcio ad avere terrore degli spostamenti aerei. Sarà questo, insieme ad altre curiosità legate alla conflittualità del rapporto tra il mondo del football  e i voli, il tema della seconda puntata di Football Knowledge

Come anticipato, sono numerosi i casi dei calciatori che soffrono di aerofobia (no, aerofagia è un’altra cosa…). Il più celebre tra questi è senz’altro un giocatore al quale è stato affibbiato un soprannome profetico. Non-Flying Dutchman, in contrapposizione al folcloristico Olandese Volante, il vascello fantasma reso celebre dal musicista tedesco Wagner, altri non è che l’ex Inter ed Arsenal Dennis Bergkamp, che convive con la paura del volo sin dall’età infantile per colpa…dell’Etna. Una turbolenza causata dal vulcano siculo, in occasione di una trasferta giovanile con l’Ajax, fini per turbare, è proprio il caso di dirlo, il giovane attaccante, che nonostante il contraccolpo psicologico continuò a volare fino al 1994. In occasione del mondiale americano, però, un inopportuno scherzo di un giornalista al seguito della Nazionale oranje , il quale urlò alla bomba durante un viaggio di spostamento, acuì una ferita mai chiusa. Anzi, la riaprì definitivamente: il contratto firmato con l’Arsenal, nel 1995, vide fissata una clausola che esentava il giocatore dalle trasferte in cui si fosse reso necessario il volo, e lo stesso giocatore si ritirò dalla Nazionale al termine dell’Europeo casalingo. Seppure il diretto interessato non abbia mai rilasciato dichiarazioni a tal proposito, pare che uno dei motivi che lo abbia spinto a tale decisione sia legato alla necessità di dover sobbarcarsi ore ed ore di aereo per dirigersi in Corea e Giappone al mondiale successivo.

Quello di Bergkamp, comunque, non è l’unico caso di paura di volare: a fargli compagnia, infatti, tra i giocatori di casa nostra troviamo l’ex Bologna e Napoli Eraldo Pecci, che nel 1999 fece più di 2000 chilometri in auto per dirigersi a Minsk, sede della gara tra Bielorussia ed Italia che avrebbe dovuto commentare insieme a Bruno Pizzul, mentre caso emblematico di tale fobia è un infortunio muscolare occorso all’attaccante Paolo Guerrero. Nel 2010, quando militava all’Amburgo, l’attaccante peruviano fu protagonista di un episodio di stress da trasferta aerea, scendendo e risalendo ben 4 volte dall’aereo che avrebbe dovuto riportarlo in Germania dalla patria natia. Al quinto tentativo, legato letteralmente alla poltrona dell’aeromobile, non riuscì a somatizzare l’ansia, procurandosi un infortunio muscolare.

Chi, invece, ha saputo valicare la paura del volo nonostante un episodio che lo abbia, inevitabilmente, segnato, è Kalusha Bwalya, che nel 1993, scampò alla tragedia che colpì i compagni di nazionale dello Zambia, deceduti nel disastro aereo di Libreville, causato da un incendio al motore sinistro dell’aereo che divampò all’interno della cabina, determinando la morte di tutti e 30 i passeggeri. Bwalya, infatti, era l’unico calciatore, insieme all’infortunato Musonda (altro superstite), militante in Europa, tra le fila del PSV Eindhoven. Il club olandese, nell’occasione, gli impedì di partire con i restanti connazionali a causa di impegni nelle competizioni nazionali, garantendogli il via libera solo al termine degli stessi, nei giorni successivi. Salvandogli, di fatto, la vita, così come fece il caso con Christian Panucci nel 1996. Il difensore, infatti, si infortunò nei giorni immediatamente precedenti le Olimpiadi di Atlanta, nelle quali avrebbe dovuto rappresentare l’Italia nelle vesti di capitano. Per questo, si decise per una partenza anticipata con un volo da New York a Parigi, città dalla quale avrebbe preso la coincidenza per Roma. Lo smarrimento del bagaglio in un volo precedente, tra Atlanta e Cincinnati, gli fece di fatto perdere l’aereo che, pochi chilometri dopo il decollo, esplose in volo a causa di un corto circuito, uccidendo le 230 persone a bordo.

Il fato, inoltre, fu tutt’altro che avverso per Sauro Tomà e Renato Gandolfi, rispettivamente difensore e portiere di riserva del Grande Torino. I loro nomi non figurano sulla stele di Superga in quanto il primo rinunciò alla trasferta di Lisbona a causa di un infortunio, mentre il secondo fu inavvertitamente salvato dal compagno Aldo Ballarin, che pressò i tecnici Erbstein e Lievesley affinchè convocasse, come spalla di Bacigalupo, il fratello Dino. E a proposito di estremi difensori: c’è anche chi, come il brasiliano Taffarel, decise di non sfidare il destino. Il numero 1 della Seleçao, campione del mondo nel 1994, era in procinto di firmare con l’Empoli, nel 2004, al termine dell’esperienza a Parma. Nel tragitto per l’aeroporto di San Paolo, da dove partirà per l’Italia, la sua auto si ferma improvvisamente per un guasto tecnico. Interpretandolo come un segnale divino, Taffarel decise di rinunciare al contratto con i toscani, ritirandosi dal mondo del calcio.

 

È storia recente, infine, la vittoria dell’Atletico Tucuman in casa degli ecuadoregni del Nacional nelle qualificazioni alla Copa Libertadores, ottenuta indossando le divise (e gli scarpini) dell’Argentina under 20. Lo scorso febbraio, nello spostamento aereo verso Quito, contrassegnato da aerei persi e ritardi, si smarrirono i borsoni della squadra ospite, con tutto il loro contenuto. Ad un dirigente degli argentini, però, venne in mente che in città stazionavano i giovani connazionali, partecipanti al Sudamericano di categoria, che prestarono il loro materiale al Tucuman. Che, nonostante il calcio d’inizio posticipato di più di un’ora, la spuntarono per 1-0. E le disavventure aeree, nel loro piccolo, hanno dato gloria alla classe arbitrale dei nostri vicini sammarinesi: nel 2007, il maltempo abbattutosi sul capoluogo delle Isole Far Oer, Torshavn, non permise alla terna turca già designata per la partita tra la nazionale locale e la Francia di atterrare sul suolo dell’arcipelago che fa parte del territorio danese. Per sopperire all’assenza, l’UEFA affidò l’onore di dirigere il match a Gabriele Rossi, che nella mattinata aveva diretto la gara tra le selezioni under 21 delle stesse Far Oer e dell’Azerbaijan. Per quella che, ça va sans dire, è stata la partita più importante mai arbitrata in carriera.

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