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Troppi infortuni: ecco perchè la sfortuna non c’entra – 9 nov
Gli infortuni muscolari sono un problema di ogni sportivo, e noi rossoblu ne sappiamo qualcosa, visto il numero altissimo di infortuni ai muscoli, da due anni a questa parte.
In questo articolo cercheremo, senza accusare nessuno, di analizzare i problemi, le cause, e le soluzioni ai tanti infortuni che avvengono soprattutto nel calcio italiano.
Per orientarci subito meglio, suddividiamo gli infortuni muscolari in due categorie, in base al meccanismo lesivo:
1. da trauma diretto: sono prodotti da un agente traumatico esterno, come ad esempio un tackle da parte di un giocatore avversario. La conseguenza è una contusione che può interessare le fibre muscolari profonde, i vasi sanguigni e le strutture nervose. Il muscolo più colpito in questo caso è il quadricipite femorale.
2. da trauma indiretto: questi sono dovuti a una violenta contrazione in un muscolo già allungato, o in un allungamento improvviso in un muscolo in fase di contrazione in relazione a un preciso gesto tecnico. I muscoli più interessati sono i flessori del ginocchio.
Le cause degli infortuni da trauma indiretto sono parecchie, e anche qui c’è da fare una distinzione netta tra:
1. Fattori intrinseci: Infortunio muscolare precedente, caratteristiche fisiche e psicologiche del giocatore, forza muscolare, grado di elasticità muscolare e disfunzioni muscolo scheletriche;
2. Fattori estrinseci: allenamento inadeguato, affaticamento, condizioni atmosferiche e terreno di gioco.
E’ necessario spiegare che le ricadute sono dovute alla difficoltà delle fibre muscolari a tornare allo stato di rilassamento, diventando sempre più rigide. Il muscolo quindi va sempre più incontro a squilibri, con conseguente deficit prestazionale e rischio di lesione.
Si fatica troppo?
La risposta a questa domanda è sì!, e ci aiuta molto l’intervista fatta da GianlucaDiMarzio.com a Claudio Tozzi, uno dei più grandi esperti di preparazione atletica sulla forza in Italia.
Tozzi dichiara subito che la sfortuna non c’entra nulla, ma “gli infortuni dipendono dai troppi chilometri percorsi dai giocatori rispetto alla biologia umana. La miglior performance, farà strano leggerlo, si ottiene con molte meno ore di allenamento e con una maggiore intensità e qualità. Il tutto accompagnato da un adeguato recupero e riposo”.
L’infortunio, continua Tozzi, è il modo del nostro organismo per dirci che ci stiamo allenando troppo. Oltre a questo, c’è da valutare la qualità dell’allenamento stesso, che alle volte non è mirato allo sviluppo delle capacità fisiche e non è funzionale alla prevenzione degli infortuni. Spesso si cerca di migliorare la performance fisica, non tenendo in considerazione degli effetti collaterali, che possono disturbare molti equilibri.
In questo caso ci può aiutare Paolo Terziotti, professore in Scienze e tecnologia applicata al calcio presso l’Università di Ipswich. L’ex preparatore di Legia Varsavia e Lech Poznan, spiega, sempre su GianlucaDiMarzio.com, che “é l’allenamento che porta ad una maggiore incidenza di infortuni nel corso delle partite. I calciatori hanno quadricipiti troppo forti e sviluppati rispetto alla parte del bicipite femorale, più debole”. Il bicipite femorale debole va incontro a lesioni e scarso equilibrio al ginocchio.
Nel calcio sono molto frequenti gli infortuni agli adduttori. In questo senso è importante citare un altro muscolo, forse poco conosciuto, ma che gioca un ruolo fondamentale: l’ileopsoas. Questo è un muscolo del bacino spesso e allungato, costituito da due ventri muscolari: il grande psoas e il muscolo iliaco.
Il muscolo ileopsoas viene attivato e allenato troppo, provocando problemi alla schiena e a tutta la parte del pube. Negli allenamenti questo eccessivo carico porta il muscolo ad accorciarsi e a diventare troppo forte. Come suggerisce Terziotti, sarebbe meglio non allenarlo, o almeno non farlo intervenire negli esercizi di forza.
Anche l’adduttore è eccessivamente sotto stress, quindi bisognerebbe allungarlo, non rinforzarlo.
E’ ovvio che interventi duri in scivolata siano avvenimenti poco prevedibili, ma bisogna smetterla di citare la sfortuna quando si parla di problemi muscolari, soprattutto quando questi sono reiterati.
Insomma allenamenti più corti e meno duri, maggior lavoro sul bicipite femorale, cercando di potenziarlo a livello del quadricipite, e coordinarlo con il gluteo e minor lavoro sull’ileopsoas, per non attivarlo: questi sono solo alcuni metodi per diminuire i tanti, troppi infortuni muscolari.
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