Calcio
Torino, Bologna e lo Scudetto mai assegnato – 28 nov
Oggi tornano ad affrontarsi Torino e Bologna. Entrambe squadre storiche del nostro calcio, nel proprio palmares vantano la vittoria di ben 7 Scudetti a testa, e si sono affrontate fino a oggi ben 114 volte. Una sfida in sostanziale parità, con 41 vittorie rossoblù (147 reti realizzate), 39 vittorie granata (144 gol) e 34 pareggi. Il Bologna dominò in particolare gli anni ’20 e ’30, venendo poi “sostituito” proprio dal Torino all’inizio degli anni ’40, quando sorse la mitica squadra che sarebbe stata sconfitta soltanto dallo schianto aereo sulla Basilica di Superga. Sia Bologna che Torino, poi, hanno passato negli ultimi anni diversi momenti difficili, ed entrambe guardano adesso al futuro con rinnovato entusiasmo. Ci sono insomma molte cose in comune tra queste due gloriose società, ma forse il caso più famoso in cui granata piemontesi e rossoblù emiliani sono arrivati a scontrarsi non riguarda una partita tra le due, bensì un intero campionato, quello del 1926/1927, e uno Scudetto reclamato da entrambe. Dopo aver conquistato il suo primo titolo nazionale – pur tra mille polemiche – nella Prima Divisione 1924/1925, il Bologna aveva poi visto smorzare i suoi piani di conferma la stagione successiva: nel 1925/1926, infatti, i rossoblù avevano raggiunto ancora una volta la finale del centro-nord, venendo però sconfitti dopo ben tre partite dalla Juventus.
La Divisione Nazionale del 1926/1927 aveva dunque visto sia Bologna che Juventus partire con i pronostici degli esperti ampiamente a proprio favore, confermandoli poi di fatto sul campo. Tra le due rivali si erano però inserito il Torino del Conte Cinzano, che era deciso più che mai a dare una vittoria titolata ai granata a qualsiasi costo: non aveva badato a spese, il Conte, facendo costruire il mitico stadio Filadelfia e poi riportando con se dal Sud America il fenomenale bomber argentino Julio Libonatti, primo “oriundo” della storia del calcio italiano giunto nel nostro campionato per scelta professionale. In coppia con il pungente Rossetti II, e con alle spalle il sontuoso interno di centrocampo Adolfo Baloncieri (definito dallo storico del calcio Carlo F. Chiesa “tra i migliori registi del calcio mondiale di ogni epoca, se non il migliore”) Libonatti aveva composto il cosiddetto “Trio delle Meraviglie”, trasformando la squadra in un’armata invincibile, e nel girone finale a sei squadre, valido per l’assegnazione dello Scudetto, i granata avevano raggiunto appunto Juventus e Bologna e poi il Genoa, l’Inter e il Milan. Nell’ultima giornata del girone d’andata ecco che si erano affrontate Torino e Bologna, entrambe capoliste: a spuntarla erano stati i piemontesi padroni di casa grazie a un rigore di Balacics – straordinario difensore magiaro, esiliato dall’Italia la stagione successiva come molti stranieri – siglato dopo mezz’ora di gioco: questa era stata la ripetizione di una partita già vinta dai granata ma che la FIGC aveva invalidato – ordinando di rigiocarla – in seguito a presunti e mai provati errori da parte dell’arbitro Pinasco di Sestri Ligure. L’ostacolo più duro tra i granata e il loro primo titolo doveva però ancora arrivare, ed era rappresentato dal derby della Mole contro i cugini della Juventus, già capaci di vincere la gara d’andata. Il 5 giugno del 1927 andò dunque in scena la sfida tra Torino e Juventus: nonostante l’iniziale vantaggio bianconero ad opera di Vojak, i granata riuscirono a rimontare e a conquistare due punti fondamentali grazie alle reti di Balacics (ancora lui) e al gol decisivo, arrivato a un quarto d’ora dalla fine, proprio di Julio Libonatti. Due punti decisivi si è detto, perché la classifica finale vide il Torino trionfare proprio per due punti sul Bologna, che all’ultima giornata distrusse i granata con un rabbioso quanto inutile 5 a 0. Il Conte Cinzano e i suoi uomini però non fecero in tempo a festeggiare il trionfo che subito si abbatté su di loro uno dei primi e più famosi scandali del calcio italiano, che sarebbe passato alla storia come “il caso Allemandi”.
L’aitante difensore bianconero Luigi Allemandi, che la Juventus aveva prelevato la stagione precedente dal Legnano, era infatti accusato di corruzione proprio in relazione al derby della Mole del 5 giugno: principale accusatore era il giornalista Renato Farminelli, corrispondente della testata fascista “Il Tifone”, che abitava nella stessa pensione in cui alloggiava Allemandi e aveva udito con i suoi orecchi una discussione a voce alta tra il calciatore e un certo “Dottor N” riguardante proprio il pagamento di una “bustarella”. I fatti divennero ben presto chiari: il “Dottor N” era il Dottor Nani, un dirigente del Torino, che all’insaputa del proprio presidente e tramite uno studente che alloggiava anch’esso nella pensione dove viveva Allemandi, aveva avvicinato il difensore juventino promettendogli l’enorme (per l’epoca) cifra di 50.000 lire se questi avesse fatto in modo che il Torino vincesse la delicata sfida. Il giocatore aveva inizialmente accettato, prendendo metà della cifra, ma poi in campo aveva giocato talmente bene da risultare uno dei migliori, tanto da convincere Nani che non vi fosse stato alcun aiuto da parte sua. Per questo il dirigente e il difensore avevano litigato, con il primo che rifiutava di pagare la seconda parte della cifra pattuita e che anzi quasi pretendeva indietro il cospicuo anticipo. Fu anche ritrovato un bigliettino incriminato scritto proprio da Allemandi, e “Il Tifone” uscì in edicola con un titolo eloquente: “C’è del marcio in Danimarca”.
La FIGC, dopo aver svolto le dovute indagini, non poté fare altro che procedere d’ufficio, revocando il titolo al Torino e squalificando a vita sia il dirigente che il calciatore incriminati: i granata, che si erano battuti con onore sul campo dimostrando di essere i più forti, si sentirono scippati di un campionato vinto, ma questo Scudetto non andò come logica avrebbe voluto ai secondi classificati. Il Bologna, infatti, aveva conquistato il suo primo titolo – appena due anni prima – tra molte polemiche dopo un’estenuante serie di sfide contro il Genoa, che aveva accusato i felsinei di essere favoriti dall’appena insediatosi Regime Fascista: in effetti il presidente della FIGC era il gerarca Leandro Arpinati, il quale non si sentì di assegnare il titolo al Bologna per non inimicare all’appena insediatosi Duce Mussolini un popolo sempre più appassionatosi al calcio. Il campionato del 1926/1927, dunque, non fu assegnato, e tutt’ora rappresenta una ferita aperta sia per il Torino che per il Bologna, con ognuna delle due compagini che lo sente moralmente suo. La stagione successiva il Torino comunque conquisterà il suo primo Scudetto, mentre immediatamente dopo toccherà al Bologna guidare il calcio italiano nei difficili ma gloriosi anni ’30, quelli delle due vittorie ai Mondiali da parte di Vittorio Pozzo: Luigi Allemandi, presto amnistiato come spesso accade nel nostro Paese, sarà un punto fisso dell’Ambrosiana-Inter e dell’Italia Campione del Mondo nel 1934, mentre Arpinati morirà con la caduta del Fascismo, assassinato nella sua Bologna da un gruppo di partigiani.
Quasi novant’anni dopo ecco dunque ancora di fronte Torino e Bologna, così diverse eppure così uguali nello spirito da quelle squadre che si contesero uno Scudetto poi mai più assegnato.
Foto:
#1: Luigi Allemandi (Wikipedia)
#2: Il Torino Campione d’Italia 1926/1927 (Wikipedia)
#3: Angelo Schiavio sfugge agli juventini Rosetta e Allemandi (Wikipedia)
#4: Leandro Arpinati con Benito Mussolini (www.europinione.it)
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