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Le Due Metà: Roberto Baggio – 2 feb

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Roberto Baggio. Indiscutibilmente uno dei migliori giocatori di tutti i tempi; c’è chi si azzarda a porlo sul gradino più alto del podio, Noi siamo certi che laddove inizia la soggettività, finisce, di riflesso, l’oggettività, madre e pane del calcio quotidiano, che permette a Noi opinionisti, giornalisti, editorialisti o aspiranti tali di avere qualcosa su cui scrivere. Ecco, l’oggettività. Roberto Baggio è stato, oggettivamente, una quasi perfetta incarnazione del Calcio, italianamente parlando.

Già, italianamente: capello moro, la sfortuna di essere bersagliati dagli infortuni, la capacità di far emozionare e sussultare qualunque tifoso delle squadre nelle quali Il Divin Codino ha giocato. Roberto Baggio non ha però rappresentato il manifesto generazionale di tantissimi ragazzi, era impossibile: impossibile e impraticabile, perché come Lui non ne nasceranno più.

Su Baggio hanno scritto in tanti, troppi, e continueranno a scrivere per moltissimi anni: l’articolo nel quale Vi siete imbattuti o del quale avete iniziato la lettura consapevolmente non è nient’altro che una sorta di “tributo”, anche se non è la parola più corretta, dato che i tributi, per come la vedo Io, li si fanno a chi, sfortunatamente, lasciano questo mondo. È un elogio, un inno fatto da un ragazzo di 21 anni che Baggio non lo ha mai visto giocare. E qui storcerete il naso, lo so, lo storgo anche io, perché alle volte scrivere di cose che non si sono vissute in prima persone è sempre molto difficile, pure troppo.

Però, in questa vita, ci vuole coraggio. Il coraggio di cambiare, di fare scelte che a molti non andranno a genio. Coerenza e coraggio condurranno a grandi traguardi. Mi hanno insegnato questo, e provo a trasmetterlo su carta (o su un sito web, che dir si voglia).

Per cui, dicevamo: Roberto Baggio, Le Due Metà. Il titolo non è casuale, nella sua carriera poche cose lo sono: è una canzone di Kaos One, che a molti di Voi sarà sconosciuto (ma non è questo il punto), il quale dice, nel suo pezzo che Sarà che una metà non ha voluto che tornassi/ Sarà che una metà non ha creduto che lottassi/Ma la verità è che ho mantenuto gli occhi bassi/E la metà di un rifiuto ho temuto la meritassi”. La carriera di Roberto Baggio, o quantomeno, l’avventura che Baggio visse a Bologna e a Firenze la si può benissimo riassumere qui. È fatta apposta per Lui questa strofa. Ora, Kaos One non è un amante del calcio (stasera suonerà al Velodromo, vicino al parco della Montagnola, potremmo chiederglielo), quindi difficilmente avrà pensato al Divin Codino: ma le somiglianze e le analogie sono preoccupanti e incredibili.

In realtà, Le Due Metà ha un altro titolo: Lacrime Rosse. Già, lacrime.

Era il 18 luglio del 1997. Il ragazzo che Vi sta raccontando la storia era nato da pochi mesi e a Bologna era arrivato un Pallone D’Oro. Come? Un Pallone D’Oro? Sì, Roberto Baggio, che veniva da un’ultima difficile stagione al Milan, decise di abbracciare il progetto rossoblù, con il Presidente Gazzoni che decise di credere fortemente nel talento vicentino, il quale aveva bisogno di tornare a giocare per arrivare in forma ai Mondiali di Francia 1998. Lacrime Bleu, in quel caso. Ma non è questo il posto per parlarne, direi. Troverà la sua giusta collocazione anche quello psicodramma sportivo.

Gazzoni Frascara, di nome Giuseppe. Per molti uno dei migliori Presidenti che il Bologna Calcio abbia mai avuto. Uomo particolare, eclettico, ma che sapeva fare il bene suo, della sua squadra, e della sua città: arrivato Baggio, non tardò ad assicurare le gambe del fantasista per 10 miliardi di lire. In sostanza, costarono più le gambe del Divin Codino (che tanto Codino più non era, dato che quando mise piede sotto Le Due Torri decise di tagliarselo) che il giocatore intero. Pazzesco.

Lacrime rosse. E blu. Lacrime rossoblù.

Arriva il  momento dell’addio di Baggio. Ma come? Cioè, sei arrivato ieri, e già te ne vai? Sembra l’amico che non esce mai la sera e, quelle rare volte che esce, sta fuori poco, come se a casa avesse di meglio da fare.

Una strana sensazione pervase, però, tutta Bologna: Baggio non faceva innamorare, faceva “godere”, e penso stia qui la differenza tra un buonissimi giocatore e un fuoriclasse. Lasciare un buon ricordo senza che le emozioni stravolgano il tutto. Solo applausi. Poi la decisione splendida di comprare una pagina di un noto giornale per dedicare una lettera al popolo di fede calcistica rossoblù che lo aveva sostenuto lungo il corso della stagione. Un signore, niente da dire.

I ricordi iniziano ad annebbiarsi nella mente di chi vive di emozioni. Di chi assapora il calcio prima con il cuore, con l’anima, e poi con il cervello. Ne avranno un’essenza sicuramente più pulsante, più succosa, ma magari meno veritiera.

Estate 1985.

Mentre metà popolazione italiana e sulle spiagge adriatiche a godersi il sole, c’è un ragazzino, che gioca nel Vicenza e del quale si parla un gran bene che, sul finire della stagione precedente, si è, di fatto, sbragato il ginocchio. Si chiama Roberto e, secondo gli esperti, ne sentiremo parlare a breve.

La Fiorentina, che vuole provare ad investire sui giovani talenti del calcio nostrano, decide di puntarci fortemente, nonostante i tempi di recupero siano lunghi. Roberto Baggio rimarrà a Firenze per 5 stagioni, segnando la bellezza di 39 gol e consacrandosi, di fatto, al calcio internazionale.

Sono ricordi confusi. Annebbiati dall’amore che due città come Bologna e Firenze possono dare. Amore, già.

Affetto, stima. La gratitudine, invece, è quella che Baggio ha sempre riservato nei confronti delle società nelle quali ha giocato perché, Signori, la classe non la si potrà mai insegnare a nessuno.

Domenica andrà in scena il Derby dell’Appennino. Bologna contro Fiorentina. Una sfida che ha perso un po’ di fascino, sia perché la sana rivalità territoriale ha perso quel fuoco che aveva un tempo (che in certi momenti ha toccato picchi altissimi).

Bologna – Fiorentina sarà anche la partita di Roberto Baggio, capace di vivere sulle due metà opposte del crinale senza avvertire così tanto la pressione.

“È la metà ferita, è la metà tradita”.

Chi, tra le due metà, è quella ferita, e chi quella tradita lascio a Voi deciderlo.

Io mi limito soltanto a dire che, in un Calcio come attuale, nel quale si ha la necessità di dover paragonare per forza giovani ragazzi a grandi Campioni del passato, mi auguro che nessuno si azzardi a mettere in correlazione giovani talentini con quello che era Roberto Baggio.

Grazie Roby.

E buon derby.

 

Lacrime rosse. Blu. Viola. 

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