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Le Due Metà: Manolo Gabbiadini – 9 mar
Le Due Metà prova a raccontare, da un punto di vista diverso, quella che è stata la carriera di calciatori che hanno vestito la casacca del Bologna e della squadra che i felsinei affronteranno durante il weekend. Un racconto, una storia magari già sentita ma affrontata con occhi differenti: questo è l’obiettivo che la rubrica si prefigge.
Manolo Gabbiadini rappresenta, metaforicamente parlando, la prima fidanzatina: te ne innamori, e i sentimenti che provi per Lei sono sinceri e puri. Sai che difficilmente proverai emozioni così forti per un’altra persona, lo accetti e vai avanti, ma un pezzetto di cuore apparterrà sempre al cosiddetto primo amore.
Manolo, a Bologna, come tutti Noi sappiamo, è diventato grande, ma la sua storia affonda le radici in uno passato che è, a livello spaziale, neanche troppo lontano: Calcinate, provincia di Bergamo. È da qui che parte il nostro racconto: un’avventura che parla di un ragazzo la cui passione per il Calcio gli è stata trasmessa dalla sorella. Già, la sorella. Melania, più grande di Lui, ha portato avanti con determinazione e tanto coraggio un movimento che solo ora sta ricevendo la giusta attenzione.
Il ragazzino, ovviamente, entra nel giro delle giovanili orobiche: inevitabile se sei bravino col pallone, un posto lo trovano per forza. Poi, solo le tue abilità e un pizzico di fortuna decideranno del tuo futuro.
Con la Primavera Manolo segna, ma neanche troppo: ha un piede fino, un mancino da studiare e da ammirare, nonostante in giovane età sia ancora un po’ da sgrezzare. Gli serve un prestito, di quelli che ti permettono di “farti le ossa” per tornare a Zingonia motivato e conscio delle sue abilità.
Poi, un piccolo salto in avanti: iniziamo a stendere il nostro filo rosso, piccolo e impercettibile, che segna subito la carriera di Manolo Gabbiadini: domenica 25 marzo 2012. Una vita fa, praticamente. Il Bologna sfida l’Atalanta all’Atleti Azzurri d’Italia; lo stesso Bologna che poi concluderà la stagione con 51 punti: minuto 50, cross di Raimondi, gol di un ragazzo alto e leggermente dinoccolato, con la maglia numero 28, al suo primo gol in Serie A. “Siamo sempre la prima volta di qualcuno”. Una storia che ricorre spesso, anche ultimamente. Lo accetti, te ne fai una ragione. Soprattutto se poi la storia va come è andata in questo caso.
Prima rete in Serie A. 21 anni, e una carriera che inizia a mostrarsi; il cammino si fa meno buio, una radura compare all’orizzonte, anche se il cammino è lungo. Molto.
Poi, al Destino piace sparigliare le carte: la Juventus ne compra il cartellino e il giocatore, dopo un lungo tira e molla, si trasferisce sotto Le Due Torri. Si pregustava già ciò che poteva essere ma, neanche nelle migliori previsioni, potevamo immaginarci che un giocatore, alla sua prima, vera esperienza in Serie A (in termini di segnature e di prestazioni) entrasse così tanto nel cuore di una tifoseria. Un popolo caldo, incline ad amare, questo è vero. Ma che Manolo Gabbiadini riuscisse ad occupare un posto così importante per il tifo rossoblù, questo era davvero difficile, quasi impossibile, da pronosticare.
A cosa è dovuto? Al fatto che più giochi bene, più ti fai volere bene. Nulla di più.
E poi l’amore: già perche Manolo a Bologna trova l’amore, quello vero. Non solo l’affetto della gente, alle volte irrazionale, ma quello di una persona che poi continuerà a stargli a fianco. Iniziano a crearsi legami forti, con una città che lo ha accolto e cresciuto come fosse figlio suo, al pari di tanti altri passati da quelle parti. Bologna riconosce il talento, lo culla e, inevitabilmente, a una certa è costretto a fargli spiccare il volo.
Nell’estate successiva, quella del 2013, le strade dell’attaccante bergamasco e del club felsineo sono costrette a dividersi. E da quel momento in poi non faranno altro che continuare a rincorrersi, in un loop infinito. Sampdoria, Napoli e poi Southampton. Ma il cuore è lì, a Bologna: sotto i portici, dentro le osterie, nel cuore dei tifosi.
Gabbiadini ha fatto emozionare, e non poco, grandi e piccini, indipendentemente dall’età. È un giocatore che è stato capace, attraverso l’universale linguaggio del pallone, di mettere d’accordo tutti.
Gli amori non finiscono, fanno giri immensi e poi ritornano.
Frase perfetta. La metti qui, nel posto giusto e vedi che calza a pennello. Suona bene; grazie Antonello.
Ne siamo convinti: il Bologna e Manolo sono due rette, non parallele, che prima o poi torneranno ad incrociarsi. E a quel punto sarà amore vero, genuino.
Per Bologna – Atalanta di domenica era inevitabile parlare di Lui, che più di ogni ltro, in tempi recenti, è stato legato alle due città e, conseguentemente, alle due squadre: una, la prima (Bergamo), città dove il Calcio ha iniziato a far parte della vita di Manolo, l’altra, la seconda (Bologna), città d’adozione.
E a Bologna il bimbo si fece Uomo.
Per Le Due Metà: Manolo Gabbiadini.
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