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Il Punto sul Bologna – Le motivazioni dell’amante

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È finita. O è appena cominciata? La chiusura di una stagione messa in discussione sembra essere solo prodromica a una serie di decisioni che verranno prese dalla società rossoblù. Tutti sono in attesa delle parole e delle volontà del nostro amato chairman che domani sarà a Bologna per chiudere, appunto, questo campionato e, così facendo, aprire il prossimo.
Non starò a tornare su quanto scritto una settimana fa, sul valore della città e sulle aspettative lecite dei tifosi. La lettera aperta inviata ieri dal Centro Coordinamento Club segue infatti, più o meno, la stessa traccia.
Però, mi preme tornare su un concetto che, in città, abbiamo sentito rimarcare da un po’ di tempo, a mo’ di giustificazione: le motivazioni. Ma non le nostre, ovvero quelle di chi è famelico di risultati positivi e ambizioni. Non quelle che dovrebbero, un giorno, renderci tutti orgogliosi. Bensì le motivazioni degli altri. Per essere più specifici, ritorno a quanto affermato dal nostro direttore sportivo Riccardo Bigon, al termine della penultima sconfitta in campionato, contro il Chievo. In quella occasione, è stato detto che le motivazioni del Chievo “risorgimentale” erano ben più forti delle nostre. Questa giustificazione, non so se sia del tutto chiaro, crea una scissione al limite del radicale tra le motivazioni “nostre” che sono quelle della squadra e di tutto ciò che gravita nelle immediate vicinanze, e le “nostre” da tifosi e di chi si occupa di rendere pubbliche (comunicatori, informatori, bloggers…) quelle attese.
Perché le motivazioni del Chievo (o dell’Udinese nella settimana successiva o di tante altre nelle settimane precedenti) non potranno mai essere superiori a quelle di chi ha festeggiato l’arrivo di Joey Saputo (compreso chi scrive, dal primo minuto) come il neo Rinascimento. Un Rinascimento che, da queste parti, si auspicava e ci si auspica ancora poter considerare come linfa vitale. E di rinascita, appunto.
Perché se utilizziamo ciò a scusante di un certo “andare”, rischiamo di “cadere” per eccesso di ironia. Sarebbe infatti come se, da traditi, giustificassimo l’amante che ha più voglia di nostra moglie (ma ognuno può scegliere il genere che preferisce) rispetto a noi. E questo senza avere la saldezza morale di domandarci se qualche colpa o responsabilità, nel caso, l’avessimo anche noi.
Anche le motivazioni di chi ci ruba il portafoglio, sono superiori a chi lo tiene distrattamente  nella tasca dei pantaloni o lo appoggia, colpevolmente, sul bancone di un bar e se lo dimentica. E forse sono superiori anche le motivazioni di chi ci sopravanza nella fila alle Poste o ci toglie il parcheggio sotto casa.
Le motivazioni degli altri, in questo modo, possono sempre essere superiori alle nostre. E sarà sempre così se non ci rendiamo conto che questo derogare ad altri le responsabilità delle nostre sconfitte non può, mai, considerarsi proficuo. Perché, se non abbiamo la capacità di riconoscere i nostri sbagli, non potremo mai crescere facendo esperienza e imparando dagli errori. Che, più o meno, è quello che insegniamo ai nostri figli.
Non c’è nulla di male ad accorgerci se sbagliamo. E a riconoscerlo. Ben vengano i 24 punti fatti nel girone d’andata, ma i 15 del ritorno sono poca cosa. Ben venga la moderazione della dirigenza rossoblù, ho sempre amato maggiormente chi riflette rispetto a chi sbatte i pugni. Ma tra queste riflessioni, sarebbe bene accorgersi che la retrocessione della squadra Primavera non può far parte della Pianificazione e del Progetto, ambiziosamente espresso anche dallo stesso Saputo. Insomma, il lento tracimare da gennaio a oggi, non può servire a nulla se non lo accogliamo come esperienza utile da non ripetere.
A differenza di tanti, non credo che far “saltare” delle teste possa giovare. Però assumersi l’onere della gestione del Bologna (non discuto sull’onore che sembra più “robetta” per noi tifosi) vuole anche dire saper ripartire evitando, nel futuro, gli eventuali errori commessi nel passato. Praticamente, la base di ogni progetto a lunga scadenza. Sono fiducioso. Ma non c’è più spazio per le motivazioni dell’amante.

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