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Amarcord – Chievo vs Bologna: sorrisi, schiaffi e baci in bocca

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Erano passati pochi minuti da quando il boato aveva scosso l’aria del Dall’Ara. Giorgino Bresciani, d’anticipo, d’astuzia, aveva appena anticipato il portiere spizzicando di testa il pallone che voleva dire gol ma soprattutto che voleva dire “Serie A”. Un boato così, al Dall’Ara, lo avevamo sentito molti anni prima, paragonabile, per ansia, per incertezza, per tensione, a quella partita decisiva, con il Trento, che ci aveva subito spazzato via l’onta della prima volta in serie C. Il gol di Facchini come il gol di Bresciani. Due promozioni. Di quel giorno, di quegli istanti, ricordo che scattai dalla tribuna stampa verso la sala stampa – dico dopo la prodezza di Bresciani – come e meglio di un centometrista. E sapete chi aveva fatto meglio di me? Il solo che trovai ad avermi anticipato fu il presidente Giuseppe Gazzoni Frascara in persona. Nel corridoio stretto che portava alla scrivania dove poi i protagonisti sarebbero venuti a raccontare quel giorno, c’eravamo solo io e lui. Uno sguardo, un attimo. Mi venne in mente una sola parola da spendere, e non era buonasera presidente o qualcosa del genere. Dissi d’acchito: “Grazie”. Lui rimase per un attimo interdetto, e fece un gesto come dire… non deve ringraziare me. Invece sì. Grazie presidente. Appunti a ruota libera, che sgorgano senza sollecitazione, istinto puro. Infatti ci sono altre istantanee legate al gialloblù e al rossoblù. Una Bologna sotto la neve, partita sospesa e poi recuperata, con gran gol, sullo striscione del traguardo, di Marco Di Vaio, a rompere un palpabile equilibrio (con assist… lo ricordate? Di Moras). Sorrisi, schiaffi, baci in bocca, parafrasando il titolo di un grande film italiano degli anni ruggenti. Polaroid del cuore: per esempio, spostandoci al Bentegodi, dopo quel pareggio striminzito in un pomeriggio di calcio fatto di… niente, ma anche di tutto, visto che il nostro cuore ballava in gola, vi ricorderete il silenzio che accompagnò gli attimi successivi al fischio finale, i ragazzi sul campo che… boia chi va nello spogliatoio, Bombardini con la radiolina in mano e in canottiera, le notizie che arrivano da lontano, Diego milito santo subito e allora l’urlo liberatorio: Siiiiiiiiiiiì. E la festa che comincia. Momenti di trascurabile felicità, li definirebbe il grande Francesco Piccolo. Trascurabile ma non per noi dal cuore bicolore. E altri invece, assai meno gioiosi, come quando comincò la favola dei Mussi che volano, eravamo in serie C, la prima sarebbe stata promossa in serie B direttamente, l’altra sarebbe passata dai playoff. Sulla panca veneta sedeva un allenatore nuovo, un po’ curioso: lo chiamavano l’allenatore contadino, perché aveva mio ruvidi, semplici, diretti. E sapeva fare i fatti. Il suo nome: Malesani. Malesani ruppe le uova nel paniere di quel Bologna, attrezzato per vincere il campionato e alla fine rimasto al palo. Malesani ce lo saremmo ritrovati in panchina rossoblù, molti anni dopo. E con risultati davvero più che lusinghieri. Bologna Chievo è pure una galleria di foto tessera di calciatori che hanno molto a che fare con il Bologna e giocano dalla parte opposta. A cominciare da Sorrentino, che è stato a un passo dal vestire la maglia rossoblù, lui che – bambino – talvolta accompagnava il papà al campo, figlio d’arte di un difensore dei pali che dopo una più che onorata carriera era diventato uno dei migliori preparatori di n.1 in circolazione. E allenava i n. 1 del Bologna. E poi il cinno di casa, il “Gambero”. Nato e vissuto qui, un ragazzo composto nei modi, persino timido lo ricordiamo ai suoi esordi, quando Guidolin, dopo una partita che Alessandro disputò, una delle prima, da titolare a Torino contro la Juventus, ruppe gli indugi per battezzare per quel difensore taciturno un grande avvenire. “Se continuerà così, lo vedremo giocare in grandi club”. Non ci aveva visto male. E ancora rendiamo omaggio a Meggiorini, nato centravanti nell’Inter Primavera, passato da gol a raffica segnati in cadetteria, ingiustamente bollato come brocco da tifosi miopi, anche a Bologna, intelligente e sensibile al punto da cambiare pelle, dal trasformarsi in un universale, in un attaccante di scorta che all’occorrenza sa anche difendere. Ma a noi sta a cuore ricordare quel 69 che porta sulla maglia, per amicizia, un’amicizia bellissima che si è per lui trasformata in un grande dolore. L’amicizia con Nicky Hayden, campione del mondo di Moto Gp, dal destino crudele e beffardo, morto in un incidente sulla sua mountain bike, lui che aveva sfidato la Signora con la Falce in pista, tante volte, a folle velocità. E ancora l’orgoglio di Radovanovic, uno che da ragazzino a Bologna raccoglieva manciate di minuti, facendo collezione di attimi, sul campo. E che con la maglia dei Mussi ha imparato a volare.  

E’ un gioco come il domino, un’immagine tira l’altra. Quando il Chievo arrivò in serie A, la prima volta, il Bologna esordì – si era alla prima giornata di campionato – proprio a Verona contro i Mussi. Perse 2 a 1. Risultato amarissimo. Ricordo che il giorno dopo, un po’ per professione e molto per passione, ne parlai con Carletto Nervo. Fu dapprima una chiacchierata formale, ma poi… sapete come si fa tra persone serie? Chiusi il taccuino e mi rivolsi a Carlo da amico. Sapeva che si poteva fidare. La domanda non convenzionale: Carlo, ma come avete fatto a perdere? Guarda che, sinceramente, pensavamo che pure un pareggio ci sarebbe stato stretto. La risposta confidenziale fu questa: Diego, non scriverlo, però in tanti anni di calcio non ho mai preso tante botte come stavolta. Picchiano di brutto.  

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