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Io non ho paura

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Brutta bestia, la paura: ti assale, smonta le tue presunte certezze, ti impedisce di affrontare razionalmente la realtà. L’ho conosciuta, la paura. Accadde una dozzina d’anni fa, quando ripresi conoscenza dopo che un ictus mi aveva raso al suolo: mi risvegliai nei sotterranei del Bellaria, sdraiato sul letto e accompagnato da un infermiere a fare la TAC. Scoprii di essere tetraplegico: non muovevo un solo muscolo, in compenso i miei pensieri andavano a mille. Mi posi centinaia di domande, che vi risparmio, ma non l’unica che aveva senso in quel preciso momento: posto che la situazione era quella, che cosa potevo fare per migliorarla? Poi la paura lasciò il posto all’incazzatura, infine l’incazzatura si trasformò in energia positiva: scesi da quel letto, scesi pure dalla carrozzina che per mesi ero stato costretto a utilizzare, abbandonai il pannolone e il pappagallo (anche loro fanno parte della paura, che cosa credete?), affrontai il calvario della riabilitazione. Ma attenzione: non vale il “tutto è bene ciò che finisce bene”, perché in realtà niente è finito, il mio “campionato” è ancora in corso e – a differenza delle squadre di calcio – non so quante “partite” mi restano da giocare. Brutta bestia, la paura: ti assale, smonta le tue presunte certezze, ti impedisce di affrontare razionalmente la realtà. Passando ad argomenti per me (ma “solo” per me, me ne rendo conto) più leggeri, la paura per esempio ti impedisce di apprezzare (non “festeggiare”, non “esaltare”: semplicemente apprezzare) un pareggio contro la Fiorentina, che comunque resta una formazione tecnicamente superiore al Bologna. Non avendo tempo né voglia per seguire le reazioni di tutti i miei colleghi (sono tanti, non voglio “fare permali”, come si dice da queste parti), mi sono concentrato sul Più Bravo di tutti noi a livello locale, e sottolineo “a livello locale” perché fu una precisa scelta personale che tenne avvinghiato Gianfranco Civolani alle mura bolognesi (in particolare il tratto Porta Lame/Porta San Felice): avrebbe meritato ben altro pulpito, lui decise che andava bene così. Dico questo per far capire la stima che mi lega al Civ e fugare ogni possibile dubbio. Bene, ieri sera Gianfranco mi ha fatto capire qualcosa: non sopporta Saputo, Fenucci, Bigon, Di Vaio e Inzaghi – in ordine gerarchico, non di disistima professionale – ma nessuno può mettere in dubbio la sua fede rossoblù. E allora nella sua disamina parte dallo 0-0 contro i viola (“Un pareggio comunque non disprezzabile”), passa attraverso le pagelle (a memoria, un paio di “5”, che nel suo lessico equivale alla sufficienza…) e apre le cateratte, perché “vanno cacciati tutti” e perché “Io lo sapevo da giugno”. Benedetto Gianfranco e la sua voglia di essere ancora oggi Il Più Bravo: a lui non solo non interessa che il campionato termini il 26 maggio, ovvero tra sei mesi esatti, ma addirittura aveva capito tutto due mesi prima che il campionato stesso iniziasse… Stimo e rispetto il Civ da quando avevo 14 anni e lo conobbi nel bar di Via Marconi dove Pesaola teneva le sue “conferenze stampa” del sabato; qualche anno dopo, da suo attento lettore passai al rango di suo collega, senza che stima e rispetto venissero intaccati; infine ho seguito la sua trasformazione in “animale televisivo”, che “la tivù è una brutta bestia e può fare danni” (me lo disse Marino Bartoletti, uno che già ai tempi del tubo catodico era un’Eccellenza in materia e con l’arrivo degli LCD non ha certo perso smalto e autorevolezza). Nelle parole del Civ – ancora una volta – è condensato lo stato d’animo di tanti, per questa va ascoltato. Lo è anche quando parla del documentario di Matteo Marani (lui magari vorrebbe che lo chiamassi “docufilm”, ma sono vecchio e parlo come mangio) sul Bologna del ’64. Gianfranco rimpiange quei tempi, sicuramente dal punto di vista sportivo, probabilmente dal punto di vista anagrafico, ma tralascia – ah, la paura… – di soffermarsi su alcune sfumature. Marani racconta una Bologna che in quegli anni inaugurava la Tangenziale; fra cinquant’anni racconterà una Bologna che da un decennio non decide sul Passante. Marani racconta una Bologna che aveva per sindaco Giuseppe Dozza; fra cinquant’anni racconterà una Bologna guidata da Virginio Merola. Potrei andare avanti, ma diventerei antipatico. E allora torno al Civ, che va ascoltato sempre e comunque, pure quando dice cose che non condividiamo. Gianfranco sostiene a modo suo queste tesi apocalittiche perché ha paura per il Bologna. Io non ho paura. L’ho avuta una volta e ne sono uscito. Forza Bologna, eccheccazzo!

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