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Il Punto sul Bologna – Un colpo d’affetto

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Tre settimane, cantava Fred Bongusto. Tre settimane da ricordare. Saranno quelle che attendono il popolo rossoblù prima che parta il lungo, lunghissimo finale. A parte quello che avrebbe dovuto essere una festa ma che, data la contingenza, rischia di essere un vero fastidio: la coppa Italia contro la Juventus. È probabile che in quella data la dialettica tra parte della curva e Saputo potrebbe raggiungere un punto apicale. In questo quasi lustro di gestione Italo-canadese mai si era raggiunto un tale rischio di frizione. Quelle nove sigle di tifosi che firmano il documento di protesta chiedono un effetto lavatrice che rinnovi i vettori dirigenziali: da Fenucci a Di Vaio (nome, quest’ultimo, che diventa decisamente più divisivo tra le genti rossoblù). Un punto su cui, tuttavia, è difficilmente prevedibile un assenso dal Canada. Proprio Fenucci e Di Vaio sono da considerarsi elementi fondanti per Saputo. Su di loro, il chairman ha imposto la propria fiducia. E difficilmente si priverà di loro. Si dica per completezza che questo radicale cambiamento riguarda un sentimento non del tutto unitario con l’intera città; ma certo è che la critica si sta diffondendo. Brutalmente: il momento non è sereno.
Chiave per tornare ad una possibile mediazione di intenti tra il “produttore” e i suoi “clienti”, è il mercato che è in partenza e che, probabilmente, ha già chiuso i primi due assestamenti: Soriano e Sansone. Ma non saranno sufficienti a placare le vibranti acque. Ci vorrà qualcosa in più. Un colpo d’arte. Un colpo che coinvolga più elementi e che getti il seme per una nuova speranza. Può essere un colpo di mercato, sarebbe il più facile da ottenere: con un esborso di denaro che porta evidenti crediti di consenso, utilissimi per qualunque azienda.
Ma potrebbe essere un colpo gestionale. O relazionale con l’intera città. Insomma, un colpo ad effetto. Meglio, uno scambio di affetti. Perché o questo periodo si risolve come una rapida buriana famigliare e dunque circoscritta in un tempo adeguato, oppure si rischia di diventare come una delle tante piazze d’Italia dove il tifo si divide al proprio interno e prende corpo il reale e freddo distacco tra proprietà e città. Oggi, questa seconda possibilità non ci può o deve appartenere. Non oggi. Perché ciò che tutti amiamo, il nostro Bologna, è davvero in bilico. La debacle sportiva rischia di essere paragonabile a ferite che avrebbero dovuto essere dimenticate: quando retrocedemmo per colpa dell’Ascoli (tremenda, quella, per chi la ricorda!), per esempio. Oppure con il Parma a farci da boia (altrettanto dolorosa).
Ecco. E non è per nulla un bene che chi è tifoso del Bologna debba cominciare l’anno nuovo con queste preoccupazioni. Però, sanità mentale e lucidità. Ogni parte coinvolta in questa querelle sa di avere delle responsabilità. Sia per il lato sportivo, sia per quello sociale e di serenità pubblica. Non sempre si vince con la forza, né economica né fisica. E l’unica cosa che può avere senso è che ciò che ci ha reso unici rispetto a tutti gli altri, sia anche ciò che ci contraddistinguerá nel nostro futuro.
Un colpo d’effetto, un colpo d’affetto. Tra tutte le parti coinvolte. Ognuno, secondo ciò che può.

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