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Tutto calcio che Cola #25: Goodbye Mario, né campione né mela marcia – 24 Ago

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Il calcio sembra non essere più lo sport preferito dagli italiani. Negli ultimi anni pare infatti che sia stato superato da un’altra disciplina, molto più facile e redditizia, ovvero il facile qualunquismo da bar. Stella (o bersaglio) principale di questo intrattenimento, non nuovo ma senz’altro molto aumentato in termini di successo tra i tifosi, Mario Balotelli.

Lungi da me definirmi un fan dell’ormai ex-centravanti del Milan, abbastanza inconcludente nella sua pur finora breve carriera e autore di atteggiamenti francamente indifendibili che molti altri giocatori ben più grandi e vincenti di lui non hanno mai avuto. Tuttavia negli ultimi mesi mi pare che si sia decisamente oltrepassato il limite nel giudicare questo calciatore, che ha molte colpe ma senza dubbio meno di quante gliene vengano attribuite.
Cominciamo con il dire che no, Mario Balotelli non è un campione e – se continua così – difficilmente lo sarà mai. Un campione, per intenderci, come i più grandi di questa disciplina. Seppur dotato da madre natura di fisico e tecnica fuori dal comune, non ha mai abbinato a queste qualità una perlomeno decente disciplina, in campo e fuori. È noto come non sia facilmente inquadrabile tatticamente, così come è altrettanto noto che altruismo e capacità di fraseggiare con i compagni siano a lui qualità quasi sconosciute. Balotelli è una splendida gemma grezza, capace di tutto e del suo contrario; lo era quando appena maggiorenne esordiva nell’Inter e lo è tuttora, senza che niente sia cambiato. Mai infatti è avvenuta quella maturazione tattica e caratteriale che in molti auspicavano: ci ha provato l’Inter che lo ha scoperto e lanciato, ci ha provato Roberto Mancini al Manchester City, ci hanno provato al Milan trasformandolo nella stella della squadra. Niente da fare, per quanto Super Mario non sia decisamente un perdente – anzi, a soli 24 anni ha già vinto moltissimo – è spesso mancato quando è contato, non ha mai trascinato la squadra, è sempre stato un giocatore tra i giocatori se escludiamo i primi sei mesi di Milan, quando indubbiamente il suo arrivo portò i rossoneri a salvare in rimonta una stagione disastrata.

Detto ciò, però, non riesco a capire l’enorme ostilità del tifoso medio nei suoi confronti, che porta a giudicare poco serenamente le qualità di un calciatore che comunque non può essere dov’è per puro caso e che qualcosina, in campo, deve pur saperla fare se è vero come è vero che guadagna le cifre che guadagna. Intendiamoci, non sempre nel calcio lo stipendio corrisponde ad un effettivo valore sul campo, tuttavia resta difficile pensare che un gruppo di milionari a caso (gli arabi del City, Berlusconi) abbiano voglia di fare beneficienza ad un ragazzino a caso. Penso che, pur riconoscendo tutti i limiti di Balotelli come scritto sopra, spesso si ecceda nel giudicarlo confondendo la persona con il giocatore, confondendo le qualità umane con quelle tecniche. Balotelli è un ragazzo di 24 anni, di successo, ricco, probabilmente non molto abile nel rendersi conto della situazione in cui si trova: che non è – attenzione – quella di chi deve essere un modello per le giovani generazioni (ruolo che i calciatori possono ma non devono necessariamente svolgere), quanto quella di essere un giocatore con mezzi strepitosi travolto però da un mondo dorato e falso come quello del gossip che, alla lunga, rischia di fargli dimenticare qual è il suo vero mestiere, il suo talento.

Eppure proprio tifosi e giornalisti, che ne invocano una maturazione che non arriva, continuano a parlare del personaggio e non della persona, del divo e non del calciatore. Fidanzate, ex-fidanzate, la figlia, la cresta: tutto pur di parlare di lui, che è evidentemente un personaggio che colpisce (prova ne è che il Liverpool ha già venduto diverse magliette con il suo nome, fattore da non trascurare quando si parla di ‘stipendi eccessivi’) ma di cui spesso si dimentica che dovrebbe essere un calciatore.
Un calciatore bravo, dalle buone qualità nonostante gli evidenti limiti tattici: uno che da ragazzino giocava con personalità nell’Inter del Triplete, che al City ha deluso ma quando è contato ha saputo fare la differenza (assist decisivo per la vittoria di un campionato atteso da 44 anni) e che al Milan non ha certamente fatto male.

Invece, in questi giorni, è stato un continuo di commenti inneggianti alla sua partenza per Liverpool (che a proposito, è una delle squadre più gloriose al mondo, non una condanna all’ergastolo) quasi che tutti i problemi di Milan e Nazionale dipendessero dall’ingombrante presenza di Balotelli.
Mario se ne va, ma non vedo poi cosa ci sia da festeggiare per i tifosi milanisti, dato che è quasi certo che difficilmente chi arriverà al suo posto offrirà maggiori garanzie tecniche. Jackson Martinez è bravo, sì, ma finora si è visto solo in Portogallo; Fernando Torres da almeno due o tre anni – e sono generoso – è l’ombra del talento che fu; Mattia Destro è un ottimo centravanti, ma per quanto ci straveda – e giudichi follia una sua eventuale cessione da parte della Roma – non mi si venga a dire che offre più garanzie di Balotelli dal punto di vista del puro rendimento.

Perché così non è.
E per carità, non illuda un trofeo estivo qualsiasi giocato discretamente: mai ho creduto e mai crederò che la soluzione migliore per una squadra sia vendere il suo giocatore tecnicamente più dotato.
Perché sarebbe bene ricordare che in una stagione e mezza Mario ha sì fallito una stagione (l’ultima), peraltro fallita anche da tutti i suoi compagni in un Milan senza né capo né coda, ma nei sei mesi precedenti ha trascinato come detto una truppa sgangherata fino ad una qualificazione-Champions che dal punto di vista economico ha dato tanto ai rossoneri, che lascia dopo 54 gare condite da 30 gol, una media mica male per uno finito in una squadra in quelle condizioni, accolto come mela marcia e ceduto come unico problema societario. Cedendolo, il Milan recupera interamente la cifra spesa per acquistarlo, oltretutto.

I tifosi però hanno memoria corta. Come quelli – azzurri – che si augurano che Conte non convochi mai Balotelli, certi che se ciò accadrà sarà per ragioni di sponsor e non per indubbio talento calcistico, che sicuramente va affinato ma che c’è e va riconosciuto come tale, manco poi dietro a lui scalpitasse il nuovo Gigi Riva. Tifosi azzurri che dimenticano lo splendido Europeo 2012 giocato da Mario ma ricordano bene il Mondiale, che Balotelli ha fallito come però del resto tutti i suoi compagni.
Ma era una spedizione perdente in partenza, una squadra assemblata e gestita male, in cui tutti hanno reso sotto le aspettative. Come del resto il Milan della scorsa stagione, che ripescava Kakà, si imbottiva di parametri zero, dava fiducia ad un allenatore esautorato (Allegri) salvo poi accorgersi che forse era il caso di cambiarlo a campionato compromesso, si inventava la soluzione-Seedorf strapagandolo e bocciandolo in pochi mesi. Rendiamocene conto.
Due progetti (l’Italia Mondiale, il Milan 2013-14) sbagliatissimi, ma che problema c’è quando hai un capro espiatorio come Balotelli? Andrebbe quasi ringraziato, il buon Super Mario. Che scherzi a parte campione non è, forse non lo sarà mai, ma certamente è un giocatore con tante qualità, molte delle quali poi devono ancora emergere. E se ciò accadrà scommettiamo che tutti diranno che – in fondo in fondo – ci avevano sempre creduto? 
La verità è che la presenza di Balotelli, in Italia, ha fatto comodo a tanti: ai gossippari, che sguazzavano tra fidanzate e amanti, a chi aveva bisogno di un bersaglio per sfogare la propria frustrazione o esercitare il proprio bisogno di giudicare, ai ‘tecnici da bar’ che con Mario trovavano spesso il problema di una squadra e ai complottisti deliranti che potevano dire che “i booh sono perché è antipatico e non perché è nero”, che anzi fosse bianco non giocherebbe nemmeno perché è evidente, è un prodotto pubblicitario.
In Inghilterra la stampa non è più tenera, ma se uno fa un gol ogni due partite e qualcosa riescono ancora a riconoscere che si, fuori dal campo sarà quel che sarà, ma nel rettangolo verde in fondo in fondo il ragazzo se la cava.

E intanto a Liverpool (dove hanno redento recentemente due personaggini non facili come Sturridge e Suarez) plaudono l’acquisto di uno dei migliori talenti in prospettiva del calcio europeo per la modica cifra di 20 milioni, vale a dire meno della metà di quanto è costato qualche stagione fa un Andy Carrol qualunque. Il che la dice forse lunga sulla dabbenaggine di alcuni manager inglesi, ma allo stesso tempo è indicativo delle diverse realtà economiche che sono il nostro Paese – ed il nostro campionato – e l’Inghilterra. Ma forse in Italia si vuol continuare a non rendersi conto della realtà e si vuole continuare a convincersi che il nostro torneo sia ancora allettante per i più grandi campioni mondiali quando così non è, e non da ieri. Così, con qualunquismo plaudiamo la cessione di uno che – nel bene e nel male – era uno dei protagonisti del nostro campionato, e intanto mentre aspettiamo “Falcao l’impossibile” finiamo per riprenderci – forse – Eto’o. E poi ci lamentiamo della mancanza di prospettiva.

Tanto se qualcosa non va, alla fine, qualcuno su cui scaricare la colpa si trova sempre. Magari giovane, ricco e antipatico, presuntuoso, su cui facilmente si può fare del qualunquismo, che come detto in apertura ormai è preferito al calcio in quasi tutti i bar e stadi. Perché il calcio mica è una gara di simpatia.

Ciao, caro Mario. Come faremo senza di te?

 
Editing: Sara Vasi  

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