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Calcio

Tutto calcio che Cola #11: Comprate “la” Bologna – 05 giu

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“Così il mondo finisce
così il mondo finisce
così il mondo finisce
non con uno schianto
ma con un lamento”
(T.S. Elliot – “Gli uomini vuoti”)

Avrei dovuto scrivere un articolo di tono completamente diverso, oggi. A ridosso di un Mondiale che ci coinvolgerà tutti quanti avevo praticamente già scritto di Giuseppe Rossi, della sua mancata convocazione, del diritto di Prandelli a scegliere, anche a sbagliare. Di Cassano e Balotelli, dei gironi, dell’assurdità di stabilire adesso se gli azzurri possono arrivare in fondo oppure uscire subito, che il calcio è strano e imprevedibile.
Non ultimo, avevo visto come molti di noi lo scialbo (!) pareggio (!!) con il Lussemburgo (!!!), ennesima dimostrazione che quando la gara non conta noi italiani proprio non riusciamo a prenderla sul serio nemmeno un po.
Ripensandoci, ci sarà tempo e modo di parlare di queste cose, perché la notizia di giornata è un altra. Il Bologna potrebbe scomparire.

Proprio così. Una squadra che ha fatto la storia del calcio in Italia, seppure in tempi remoti. Che questo sabato, cinquant’anni fa, festeggiava l’ultimo Scudetto a cui poi avrebbero fatto seguito diversi bei piazzamenti, alcune gioie in Coppa Italia, molti campionati tranquilli.
Certo, alcune retrocessioni assurde e imbarazzanti, ma del resto a guardarsi intorno è da decenni evidente che nel calcio, giustamente, non esiste memoria storica ne riconoscenza per il blasone. La Pro Vercelli è stata per anni nel dimenticatoio del calcio, e forse solo tra qualche mese festeggerà una Serie B ritrovata; il Genoa ha trovato un Presidente che tra alti e bassi ha sempre messo soldi e passione, il Torino ha appena ritrovato l’Europa dopo anni a dir poco cupi. Si cade dolorosamente, si riparte, è questa la storia.
La retrocessione sul campo patita dal Bologna quest’anno è stata uno scempio, e non si possono usare mezzi termini. Una squadra che segna col contagocce, attaccanti che non sanno fare il proprio mestiere, uomini di burro sia fisicamente che psicologicamente. Qualcuno ha detto che forse, senza la cessione di Diamanti, la salvezza sarebbe arrivata: chi lo sa, seguo il calcio da anni e so che un uomo solo non può fare la differenza, ma è bello pensarlo. Forse. O forse no, forse farebbe solo più male.
Perché senza la retrocessione forse ora si starebbe già parlando di Zeman e dei suoi progetti, forse Massimo Zanetti non si sarebbe tirato indietro ed avrebbe acquistato la società, come il pubblico – se non l’intera città – voleva e per qualche settimana ha anche sognato.

Niente, tutta fuffa. Ci si è lamentati della Serie B appena un mese fa, e adesso già parteciparvi appare un miraggio. Zanetti ha ragionato con la testa e non con il cuore, come tutti i grandi industriali e del resto lo diceva sempre anche mio nonno, uomo abbastanza disincantato: “se ragionassero con il cuore non sarebbero industriali.” 
Triste verità.

Guaraldi ha commesso errori indicibili, ha peccato di presunzione prima e di codardia poi, esautorando Pioli e affidandosi a Ballardini come se fosse il tecnico, in fin dei conti, a scendere in campo. Eppure Pioli aveva concluso un bel campionato, la stagione precedente, e Ballardini era o non era il mago delle salvezze? Per quanto se ne possa parlare, ne l’uno ne l’altro tecnico sono improvvisamente diventati degli incompetenti: certo è che un conto è salvarsi con Gilardino, un altro con Bianchi. Senza Diamanti, poi. Con Kone a mezzo servizio, capitan Perez in crisi mistica.
Ha sbagliato Guaraldi, hanno sbagliato gli uomini-mercato, hanno sbagliato i calciatori che non hanno reso per quanto stipendiati non riuscendo a fare la miseria di 30 punti in uno dei campionati tecnicamente peggiori (se non il peggiore) di cui io abbia memoria. Si dirà che tutti, dirigenti e da lì calciatori, sono derivati dal presidente, che non a caso scrivo con la “p” minuscola, a differenza di quanto fatto con Preziosi. 
Verissimo.

Eppure viene da pensare che sia anche colpa di questo calcio moderno quanto malato, di questa Serie A dove i diritti TV vengono ripartiti in modo assolutamente non equo e dove la piazza, la storia, non contano niente.
Dove o capiti in mano al giusto imprenditore-mecenate o rischi di sparire. La colpa di Guaraldi è stata principalmente quella di non aver capito i tempi che cambiano, di non aver predisposto una società con – evidentemente – pochissimi fondi a vivere in un modo diverso. L’ottavo (o nono) monte-stipendi della Serie A, leggevo: ma siamo matti? Per quella banda scalcinata che si è visto ogni domenica?
Ma la domanda che viene da farsi in questo momento, e che sarebbe bello rivolgere anche a quel Massimo Zanetti che per molti era un salvatore e a proposito del quale veniva dimenticato spesso che occasione per investire in rossoblù l’ha sempre avuta, è questa: che strana malattia ha mai il Bologna?
Perché il Genoa ha Preziosi, il Chievo la Paluani, il Torino Cairo, la Fiorentina i Della Valle e il Bologna nessuno? Qui non si parla di fondi di investimento stile Manchester City o Paris Saint-Germain, e nemmeno di “asset” moderni e magari meno spenderecci ma solidi in stile Tohir o gli americani della Roma.
Si parlerebbe, semplicemente, di qualcuno che abbia voglia di dare un progetto al Bologna, e un sogno alla città. Che ha sempre risposto presente con la sua tifoseria, che ha storia, tradizione, che è una città bella e appassionata, che vive di sport. E mai possibile che ai gruppi americani possa interessare il Cagliari (con tutto il rispetto per i sardi, che rappresentano comunque un intera isola) e non il Bologna? E mai possibile che non ci sia nessun milionario cresciuto con il mito dello “squadrone che tremare il mondo fa” che abbia voglia di investire in un progetto serio?

Anzi. Ho detto che non si parla di sceicchi stile PSG. No, non parlerò nemmeno di un progetto. Parlo di qualcuno che tiri fuori una decina di milioni, sufficienti almeno per l’iscrizione alla B. Che dia a Guaraldi, che a quanto pare è l’unico che bene o male (male) ha voglia di far calcio in città, il modo di ingaggiare Zeman e una banda di sconosciuti dalle serie inferiori.
Sarebbe una scommessa, certo. Ma sai se va bene che divertimento? Sai quanti allo stadio per vedere un calcio perlomeno attraente e divertente con tutto lo scempio anonimo che è capitato negli ultimi anni?
Sai che recupero economico. Prendere un nuovo Verratti, valorizzare un nuovo Immobile. Spendendo magari anche meno di quel che è costato mantenere in vita cavalli zoppi come Natali, Perez, Bianchi: che no, non possono offendersi, perché comunque sono stati capaci di retrocedere in un torneo dove bastava la miseria di 35 punti per salvarsi. 
Potrebbe andar male, vero. Potrebbe essere una scommessa persa: ma sempre meglio che vivacchiare mese per mese, no?
10 milioni, che saranno mai per un qualsiasi padrone del vapore? A fondo perduto o quasi, che tra salvagente per la B e cessioni di quei 2-3 che ancora hanno un qualche valore un po ci rientri pure. Possibile che nel mondo dello sport ci sia chi ha voglia di investire ovunque tranne che qui?
“Comprate la Bari”, dicevano poche settimane fa i tifosi del Bari, con il fallimento alle porte. La squadra volava, orgogliosa, poco costosa e ancor meno stipendiata; il pubblico riempiva lo stadio; qualcuno ci ha visto del potenziale. Un potenziale importante, ma sappiamo tutti che a Bologna ci sarebbero le stesse possibilità. Forse anche di più.
Un mese fa il Bari tremava per il fallimento e adesso si trova con un patron e con il sogno della A dietro l’angolo; un mese fa il Bologna s’infuriava per la B e adesso sogna di parteciparvi.
Buffo, il calcio. Amaramente buffo. Che dire quindi?

Comprate la Bologna. La Bologna che sogna, che ricorda, che vive di sport e di pallone e di leggende lontane eppure sempre attuali. La Bologna che ha accolto come eroi chi ha dato tutto per la maglia, consegnandogli le chiavi della città. Comprate la Bologna dinamica, dei giovani, tanti dei quali magari aspettano solo un segnale per tornare ad uno stadio comunque pieno anche nei momenti peggiori, quelli inguardabili.
Comprate il Bologna: che ha vinto 7 Scudetti, 2 Coppe Italia, che è un marchio che al momento vale appunto poco o niente ma che con poche mosse azzeccate potrebbe tornare ad essere uno dei più importanti nel paese. Che ha dato al calcio e alla Nazionale tanti campioni, e che ha una maglia che racconta di imprese, di calcio in Italia.
Create un progetto, uno qualsiasi purché dignitoso, e la città vi seguirà. Garantito.
Possibile che in tutto il pianeta non ci sia un ricco appassionato che rispetto a squadre senza storia e senza identità preferisca puntare qualche decina di milioni sul Bologna? Ecco, la speranza è quella: che qualcuno intraveda l’affare, un ‘brand’ che può essere rilanciato, e agisca ora e subito.
Perché il fallimento del Bologna non sarebbe solo un fallimento come tanti: sarebbe un pezzo di storia che se ne va nel calcio in Italia. E in un momento di crisi come quello attuale, davvero non vale la pena di preservare almeno la storia?

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