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Tutto calcio che Cola #04: Bologna, è greca la strada per la salvezza – 09 Apr

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Per quanto possa sembrare fuori luogo, all’indomani di un pareggio a San Siro contro l’Inter che permette di fare un piccolo ma significativo passo in avanti verso una difficile salvezza, penso sia doveroso per il Bologna non guardare solo i lati positivi ma soffermarsi ancora su cosa non va.
Detto che è positivo il fatto di essere tornati al gol su azione e l’aver addirittura rischiato nel finale di vincere una gara dove in molti li davano per spacciati, i rossoblù dovrebbero cominciare a prestare maggiore attenzione ad una fase difensiva che può essere l’architrave su cui costruire la permanenza in A.
In una partita così importante, seppur difficile, non è pensabile prendere gol dopo appena 5 minuti e concedere quasi un tempo ai rivali. Si, anche se si parla dell’Inter – che con pregi e difetti è comunque squadra superiore a quella di Ballardini – e si parla di una gara in trasferta. Il primo tempo si è concluso in parità unicamente per via del fortuito gol di Pazienza e dell’imprecisione dei nerazzurri, incapaci di concretizzare una superiorità a tutti apparsa evidente.
In ogni caso, se riesci a concludere un tempo così in pareggio, devi assolutamente stringere i denti e portare a casa il risultato. Invece ancora Icardi ha segnato, e onestamente lì in pochi avrebbero scommesso su un Bologna capace di rialzarsi ancora. E’ successo, invece, e grazie a Kone è arrivato un pari che vale quasi quanto una vittoria, sfumata solo per l’imprecisione di Acquafresca e compagni nel finale.

In queste ultime gare di campionato, dove anche un singolo punto – se non un singolo gol – possono essere determinanti ai fini della salvezza, questo Bologna dall’anima greca, dove Lazaros è quello che più si danna l’anima e Kone l’uomo di maggior classe, è proprio alla Grecia che dovrebbe ispirarsi.
Precisamente, alla Nazionale che vinse, nello stupore generale, i Campionati Europei nel 2004.
Era, quella squadra, una congrega di giocatori perlopiù mediocri: il CT, il tedesco Rehagel, seppe però dare un senso ed un anima a quegli 11 uomini, costruendo la vittoria gara dopo gara – se non minuto dopo minuto – su un attentissima fase difensiva che rese la porta difesa da Nikopolidis un bunker praticamente inespugnabile. Fu il trionfo di Dellas, di Charisteas, di Zagorakis – che fu addirittura eletto miglior giocatore del torneo e passò proprio al Bologna dove ridiventò un normale mestierante.
Qualcuno definì il gioco di quella squadra “l’anti-calcio”, come se il football fosse scienza esatta con parametri ben definiti riguardo alla bellezza del gioco e allo stile che i calciatori devono adottare in campo. Un ragionamento assurdo, visto che ognuno nel calcio deve giocare come meglio sa sfruttando i propri punti di forza e limando le eventuali debolezze: non sono un fan delle statistiche, ma penso che mai i greci vinsero il possesso palla in una gara, eppure alla fine ebbero ragione di tutti, persino – nella finalissima – del Portogallo che si giocava in casa un occasione storica e che poteva schierare un giovane Ronaldo oltre ai vari Figo, Rui Costa, Deco.

Con senso pratico estremo e spirito di sacrificio tale da ricordare i 300 spartani di Leonida, la Grecia ebbe la meglio su tutti: in 6 gare segnò la miseria di 7 reti subendone però appena 4 e tutte nel girone iniziale, di cui 2 nella sconfitta con la Russia quando la qualificazione al secondo turno era già in cassaforte.
Per farla molto semplice, era un catenaccio: gli uomini di Rehagel, consci dei propri limiti tecnici, lasciavano l’onere di “fare la gara” ai rivali per poi colpire di rimessa o in seguito a qualche calcio piazzato. Piaccia o non piaccia, anche questo è calcio.


Ecco, il Bologna dovrebbe fare come la Grecia. Perseguire e perfezionare al massimo la fase difensiva, rendendo la porta di Curci difficile da bucare, e poi sperare in qualche mischia, in qualche situazione su palla inattiva, in qualche momento in cui l’avversario ormai ti sottovaluta e ti concede immancabilmente degli spazi da sfruttare. E a chi obbietta che le qualità difensive non ci sono, è bene ricordare che non ci sono nemmeno le qualità tecniche per fare altrimenti, e che nel calcio – se sei scarso, e questo Bologna ahimè è scarso – è più facile distruggere che costruire. Non sarà un bello spettacolo, ma penso che ormai a tutti importi solo di vedere la squadra salva.

Non sempre si potrà contare sui gol di Pazienza e Kone, e dato per scontato che dal reparto offensivo (Bianchi, Acquafresca, Cristaldo, il sottoutilizzato Moscardelli) difficilmente arriverà un aiuto, ecco che diventa necessario non partire più con l’handicap di un gol, magari dopo 5 minuti, che costringe ad inseguire una squadra che evidentemente non ha le qualità per farlo: molto meglio fare di necessità virtù, stringere i denti, difendersi come un solo uomo e minuto dopo minuto, punto dopo punto, conquistare una salvezza che  a questo punto sarebbe quasi un mezzo scudetto.
In questa serie A ormai livellata verso il basso, dove la pessima Inter vista sabato è quinta in classifica e dove la quota salvezza si abbassa sempre più come se le ultime 6 facessero a gara a chi fa più pena, non bisogna necessariamente meritare la salvezza per ottenerla. Del resto la vittoria della Grecia, nel 2004, era quotata 150 a 1. Voi a quanto quotereste le possibilità di Ballardini & C. di salvarsi? 

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