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Il Resto del Carlino – 250 giorni da ricordare

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Come riportato da Massimo Vitali de “il Resto del Carlino”, questo campionato sarà difficile da dimenticare. Un campionato iniziato il 4 luglio, in piena afa estiva, quando mister Sinisa guidava la truppa rossoblu, col fischietto in bocca, ancora ignaro dell’enorme macigno della malattia che, da li a poco, sarebbe piombato sul suo capo. A Casteldebole sgambettava anche Jerdy Schouten, Cantatore sfidava con arroganza mezza squadra e Palacio firmava il suo primo prolungamento di contratto. era quello il primo giorno di fatiche collettive, quello che dava il via all’inizio di stagione. Quello di lunedì, invece, è stato il giorno in cui il presidente del Coni Giovanni Malagò, capo supremo dello sport italiano, ha decretato la sospensione di ogni manifestazione sportiva su territorio nazionale, in attesa di comprendere se entro il 3 aprile (data del prossimo check) il coronavirus allenterà la morsa nel Paese. 

Tra una data e l’altra sono passati 250 giorni esatti, che hanno trasformato una “semplice” avventura sportiva in un viaggio che ha messo a dura prova gli affetti: prima causata dalla lotta di Sinisa contro la Leucemia, poi esaltata dalle imprese di una squadra che ha usato la malattia del suo condottiero come trampolino per arrivare fino alla colonna sinistra della classifica e infine atterrata da un’emergenza sanitaria nazionale che ha fatto sì di stroncare tutti i sogni d’Europa, quando ancora era consentito sperarci. 

Durante questi giorni è successo davvero di tutto. Una settimana dopo la scoperta della malattia di Mihajlovic, la squadra suda agli ordini dello staff, sia a Castelrotto che in Austria, mentre il mister guidava da remoto. Il 25 agosto avvenne quello che sembrava tra un’apparizione e un miracolo, ovvero l’arrivo in panchina al Bentegodi del leone serbo. Poi il trapianto di midollo osseo il 29 ottobre e il ritorno in panchina, in pianta stabile, all’inizio di Dicembre, portando una parvenza di normalità anche tra i tifosi. Fino ad arrivare a lunedì con la tragica decisione di Malagò, dove spiega, giustamente, che l’Italia ha ben altri problemi da risolvere. 

Rimane comunque un bel decimo posto, che tra 50 anni saremo ancora lì a ricordare.

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