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Tutti gli uomini di Mister Siniša – Diego Gabriel Raimondi, inguaribile combattente con il Pisa nel cuore
Tra i personaggi meno appariscenti dello staff rossoblù troviamo sicuramente Diego Gabriel Raimondi. Lavoratore umile quanto carismatico, ha trascorso la maggior parte della sua carriera calcistica in Italia, senza però riuscire mai ad approdare in serie A. Dal 2016 lavora agli ordini di Mihajlovic, in veste di collaboratore tecnico. Ma chi è davvero Raimondi? E come è riuscito a conoscere e conquistare il tecnico serbo? Riavvolgiamo il nastro e scopriamolo assieme.
Gli inizi
Diego Gabriel Raimondi nasce il 27 settembre 1977 a Buenos Aires. Da buon argentino, fin da piccolo si lega indissolubilmente al calcio. Ma a differenza di tanti suoi conterranei, Diego non sembra farsi impressionare dalla tecnica o dagli estetismi; Diego cerca la sostanza. E mentre i bambini della sua età si lasciano trasportare dal talento e dalle giocate di Maradona, lui si innamora di Oscar Ruggeri, imprescindibile perno difensivo di quell’Albiceleste campione del mondo nell’86. Per un ragazzo cresciuto con il mito del “Cabezòn”, la collocazione tattica può essere solamente una: difensore centrale.
La carriera professionistica di Raimondi inizia quindi nella seconda serie argentina, dove veste la maglia del Club Atlètico Atlanta. La sua prima stagione (’99-00) si conclude con 27 presenze ed 1 gol, che gli permettono di attirare l’attenzione di diversi club delle massime serie sudamericane. L’anno seguente viene così acquistato dal Deportivo Italchacao, società rappresentante la comunità italiana di Caracas. L’avventura nella Primera Divisiòn venezuelana si conclude con 1 gol in sole 13 presenze, troppo poche per convincere le parti a proseguire insieme.
Nell’estate del 2001 si spalancano le porte dell’Italia: Raimondi si trasferisce al Casarano, dove in due stagioni prende parte a 42 gare nel campionato di Serie D, segnando una rete. Nel frattempo, a soli venti chilometri di distanza da quelle parti, un imprenditore di nome Vincenzo Barba sta rilevando il Gallipoli, con l’intenzione di costruire qualcosa di importante. Dopo una stagione di transizione, il presidente salentino decide di intraprendere il percorso ambizioso promesso, intervenendo energicamente sul mercato: Raimondi comprende la serietà del progetto ed accetta la corte giallorossa, nonostante questo comporti scendere di categoria. Mai decisione fu più azzeccata: dal 2003 al 2006 viene impiegato per ben 81 volte, rendendosi protagonista della clamorosa cavalcata di un Gallipoli capace di infilare tre promozioni consecutive e di passare improvvisamente dall’Eccellenza alla C1.
Il legame con Pisa e la consacrazione
L’estate del 2006 segna una definitiva svolta nella carriera e nella vita di Raimondi. Un certo Gianluca Petrachi, al tempo direttore sportivo del Pisa, individua in lui l’uomo giusto per rinforzare il reparto difensivo nerazzurro. All’ombra della torre pendente Diego riesce subito ad imporsi come titolare, dimostrando grande spirito di abnegazione: Mister Braglia lo vede infatti come esterno sinistro nel 3-4-3, ruolo per lui inedito fino a quel momento. L’argentino conquista in brevissimo tempo i tifosi, piacevolmente sorpresi dalla sua grinta e personalità. Ma la scintilla definitiva scocca a Monza, in un grigio pomeriggio di novembre, quando rimane eroicamente in campo con tredici punti di sutura cuciti in testa appena pochi minuti prima: l’episodio in questione rimane scolpito nella mente e nel cuore dei pisani, consegnandolo letteralmente alla leggenda. La stagione si rivela poi un successo, con il Pisa che vince i playoff e torna in Serie B dopo 13 anni dall’ultima volta.
Per affrontare la serie cadetta, Petrachi sceglie di affidarsi ad un allenatore navigato come Gian Piero Ventura. Raimondi non solo viene confermato, ma viene addirittura proclamato capitano per acclamazione. Con il tecnico genovese Raimondi torna a ricoprire il ruolo di difensore centrale, vivendo probabilmente la migliore annata della sua carriera (40 presenze e 2 gol). Nonostante la sconfitta rimediata a Bologna nell’ultimo turno di campionato (che di fatto spalanca ai rossoblù le porte della A), il Pisa si posiziona sesto, guadagnandosi l’accesso ai playoff; qui viene eliminato al primo turno dal Lecce, che una settimana dopo diventerà la terza squadra ad essere promossa in Serie A.
La parentesi Perugia ed il richiamo di casa
La stagione 2008/09 non si apre nel migliore dei modi. Ad inizio luglio il presidente Covarelli acquista inspiegabilmente il Perugia, cedendo il Pisa a Luca Pomponi. Intanto Raimondi è costretto a convivere con una fastidiosa pubalgia, che lo tiene lontano dal campo per diverse partite.
A gennaio del 2009 – quando gli acciacchi sembravano alle spalle – il difensore argentino viene ceduto proprio al Perugia, dando luogo ad uno strano intreccio di capitali; la cessione, scatenante le ire della piazza, viene ritenuta indispensabile per ossigenare le casse di una società oberata da debiti. In un anno e mezzo di Lega Pro a Perugia Raimondi colleziona 31 presenze e 2 gol, dimostrandosi il solito grande professionista. Nell’estate del 2010 la società umbra fallisce, e l’ex capitano nerazzurro si sistema temporaneamente a Cosenza.
Temporaneamente, sì, perché il richiamo di casa inizia a farsi sentire. Un richiamo che giorno dopo giorno diventa sempre più forte, fino a risultare assordante. Attraverso un comunicato diffuso da un portale locale, il tifo organizzato pisano chiede a gran voce il ritorno del “grande Gabriel Raimondi”: il trasferimento si concretizza nella sessione invernale di calciomercato, riconsegnando al pubblico dell’Arena Garibaldi il suo lottatore. Grazie al suo apporto il Pisa – nel frattempo fallito, ripartito e ripescato in Prima Divisione – riesce a conquistare la salvezza. L’annata seguente (2011/12) si conclude con un 7° posto ed una Coppa Italia Lega Pro persa in finale.
Il ritiro e l’esperienza da allenatore
La stagione 2011/12 è l’ultima del Capitano in riva d’Arno; la società infatti, intenzionata a svecchiare la rosa ed abbassare il monte ingaggi, non lo conferma. Diego allora firma per il Pontedera, ma dopo sole 5 presenze decide rescindere il contratto ed abbandonare il calcio giocato.
Pochi mesi dopo vola in Cile, dando inizio alla seconda parte della sua carriera. Viene chiamato a fare il vice di Christian Lionel Diaz, allenatore del Club Deportes Iquique. Qui rimane per due anni, fino a che non gli si presenta l’occasione di ritornare in Italia. Nel 2015 prende così le redini del Sestri Levante, formazione di Serie D ligure. Curiosamente, alla prima uscita ufficiale (in Coppa Italia) incontra proprio il Pisa, che gli tributa il giusto onore dedicandogli cori e striscioni. Conclude il campionato con un ottimo 7° posto.
La collaborazione con Mihajlovic
Il 25 maggio del 2016, il Torino ufficializza l’arrivo in panchina di Sinisa Mihajlovic. Per un particolare gioco di incroci, il direttore sportivo del Torino è Gianluca Petrachi e l’allenatore appena esonerato è proprio Gian Piero Ventura. Il caso è davvero il più grande romanziere del mondo: ancora una volta, il ds leccese sta per cambiare la vita dell’argentino.
Sinisa è alla ricerca di un collaboratore tecnico per completare lo staff e Petrachi, senza pensarci una volta di più, suggerisce il nome di quello che è da tempo diventato il suo pupillo: Diego Gabriel Raimondi. Il serbo accetta, e tra i due si instaura immediatamente un rapporto di reciproca stima.
“Ha una capacità innata di saper spiegare in maniera semplice la tattica anche ai comuni mortali” dirà di lui un ex compagno di squadra. Evidentemente, lo spirito e la chiarezza di Raimondi devono aver conquistato anche Mihajlovic che – terminata l’esperienza di Torino – ha deciso di portarlo con sé nella mancata parentesi di Lisbona prima e nel ritorno a Bologna poi. Dal 2019, in rossoblù, si occupa principalmente della fase difensiva e della preparazione delle palle inattive. Insieme agli altri membri dello staff, è uno degli Uomini che attraverso il lavoro è riuscito ad annichilire le difficoltà causate dalla temporanea assenza del Mister.
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