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Calcio

Bert Trautmann, l’Uomo di Ferro – 02 Apr

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“Ci sono stati due soli portieri di classe mondiale. Uno era Lev Yashin, l’altro era il ragazzo tedesco che giocava a Manchester. Trautmann.”
(Lev Yashin, primo ed unico portiere a vincere il Pallone d’Oro)

Se qualcuno avesse detto a quel giovane soldato tedesco, prigioniero in Inghilterra al termine della Seconda Guerra Mondiale, che Albione sarebbe diventata la sua nuova casa, probabilmente lui avrebbe pensato ad uno scherzo. Se poi gli avessero detto che non solo quella sarebbe stata la sua nuova casa, ma che addirittura avrebbe avuto un posto immortale nella galleria degli eroi di sua Maestà, e grazie al calcio, avrebbe pensato che non era uno scherzo.
Era delirio.

Del resto Bernd Trautmann, nato a Brema nel 1923, il calcio non lo aveva mai praticato professionalmente: era stato si un eccellente sportivo nella “Jungvolk”, antesignana della “Gioventù Hitleriana”, disimpegnandosi come centrocampista, ma gli sport in cui eccelleva erano altri. Nuoto, pallamano, dodgeball. Il Presidente della Germania, Paul Von Hindenburg, lo aveva insignito di un certificato di “eccellenza sportiva”, un onore che non toccava a tipi qualunque.
E Bernd Trautmann non era certo un tipo qualunque: affascinato, come moltissimi giovani tedeschi, dall’avvento del Partito Nazista che prometteva di ridare lustro al suo Paese, Trautmann a 17 anni si era arruolato nell’esercito spinto da grandi ideali. Lo avevano assegnato alle radiocomunicazioni, ma si era mostrato inadatto al ruolo e aveva deciso di cambiarlo (una cosa che gli succederà ancora, in futuro, anche se in altri ambiti) trasferendosi a Spandau e diventando un paracadutista della Luftwaffe. Si era ritrovato di servizio nella Polonia occupata, un compito noioso per uno come lui. Trautmann ingannava il tempo facendo scherzi, ed uno di questi costò l’ustione al braccio ad un sergente, ustione che si tramutò in 3 mesi di prigionia per il giovane Bernd.
Quando tornò operativo, nel 1941, l’appena maggiorenne Trautmann si ritrovò in Ucraina, nel tentato attacco all’Unione Sovietica fermata dal rigido inverno russo: l’unità di Bernd fu distrutta, solo 300 dei 1000 soldati fecero ritorno, ma tra questi c’era lui. Contraddistintosi per il coraggio, ricevette 5 medaglie all’onore e la Croce di Ferro al merito. Fu allora mandato in Francia, dove la sua unità fu vittima dei bombardamenti e dove ancora una volta sfidò la morte e vinse, rimanendo seppellito sotto i detriti di un edificio per 3 giorni prima di essere catturato da soldati americani mentre tentava di tornare a casa a Brema. Non era la prima volta, era già stato catturato da soldati della Resistenza Francese e dai Russi, ma era sempre riuscito a scappare. Fu così anche stavolta, proprio mentre gli americani progettavano un plotone di esecuzione, ma la fuga durò pochissimo: dei soldati inglesi, poche ore dopo, lo trovarono e lo catturarono ancora. Con la Guerra che ormai si avviava alla conclusione, Trautmann capì che tentare una nuova fuga era un azzardo troppo grande persino per lui, e così fu imprigionato in Inghilterra: il tedesco era un sergente, si, ma in fondo era solo un giovane soldato indottrinato dal Nazismo che si limitava ad eseguire gli ordini, così fu condannato a diversi anni di prigionia da scontare a Ashton, nel Lancashire, ma ebbe salva la vita.

Nei campi di prigionia le partite di calcio erano all’ordine del giorno, essendo uno sport diffuso e che necessitava di mezzi minimi, e fu così che Trautmann ingannò il tempo: in una partita, tuttavia, si infortunò ad un ginocchio e chiese ai compagni di poter giocare in porta.

Un secondo cambio di ruolo, anche questo decisivo per il suo futuro.
Quel giorno Bernd Trautmann era inconsapevole che un capitolo della sua vita si chiudeva e che se ne apriva un altro: da soldato a portiere, da Bernd a “Bert”, come lo chiamavano gli inglesi per la difficoltà di pronunciare correttamente il suo nome.
Il secondo capitolo della sua vita si apre definitivamente con la chiusura del campo di prigionia e la liberazione: “Bert” rifiuta il rimpatrio e decide di rimanere in Inghilterra, lavorando come contadino e giocando amatorialmente nel locale club del “St.Helen’s Town”, dove conosce anche quella che in futuro diventerà sua moglie, Margaret, figlia del segretario della squadra.
A 25 anni, pur se in quarta serie, Trautmann gioca una stagione eccellente e la voce si sparge per tutto il circondario: addirittura 9000 spettatori vengono a vederlo giocare nella finale della “Mahon Cup”, una coppa locale dove la principale attrazione è lui, quel portiere tedesco che vola da un palo all’altro con incredibile agilità e che si butta con coraggio su ogni pallone.
Del resto, queste qualità sono naturali per chi ha sfidato la morte così tante volte, risultando sempre vincitore. A 25 anni Trautmann gioca così bene che il suo nome arriva fino agli uffici di un club quattro divisioni piu’ in alto, il Manchester City, che cerca il sostituto dell’appena ritirato eroe locale Frank Swift, idolo dei tifosi.
L’inizio non è per niente semplice: nonostante l’aiuto del capitano del club, Eric Westwood, un reduce della Normandia che pubblicamente dichiara che “la guerra non esiste nello spogliatoio”, sono decine di migliaia i tifosi inglesi che non vedono di buon occhio un nazista tra i pali di un club di Prima Divisione. I primi critici sono proprio i tifosi del Manchester City, che circondano la sede e marciano per le strade chiedendo il rimpatrio di “quella feccia nazista”, ma Trautmann riesce in qualche mese a portarli dalla sua parte grazie alla sua abilità e al suo coraggio, che lo distinguono come portiere di gran livello.
Rimane da convincere il resto d’Inghilterra, ed è un compito che sembra subito piu’ arduo: se alla fine i tifosi del City si sono lasciati convincere è perché comunque Bert gioca (e bene) per loro, ma il resto dei tifosi non subiscono certo il fascino della divisa. Anzi.
In ogni stadio in cui il City gioca in trasferta ci sono vere e proprie mobilitazioni contro Trautmann, che viene appellato in innumerevoli modi, da “mangiacrauti” a “Nazista schifoso”: le sue prestazioni ne risentono, e una volta a Derby concede ai locali ben 7 reti. Il Manchester City se la passa male, e quando nel gennaio del 1950 per la prima volta Trautmann si trova a giocare a Londra si prevede un disastro: avversario è il Fulham, per le strade (appena ricostruite dopo i bombardamenti della Luftwaffe nella quale Trautmann prestava servizio) si sprecano i cortei e al suo ingresso in campo tutto lo stadio bombarda di fischi quel portiere tedesco.
Il Nazista.

90 minuti dopo il quadro è completamente cambiato: il Fulham ha vinto come pronosticato, ma solamente per 1 a 0. Trautmann ha tenuto i suoi in partita fino all’ultimo con una serie di fenomenali interventi, facendo stropicciare gli occhi ai fans inglesi, che possono essere tacciati di tutto tranne che dell’incapacità di riconoscere e rispettare un talento.

Al termine della partita tutto lo stadio applaude Trautmann, compresi i compagni e gli avversari in mezzo al campo.
Finalmente, grazie al suo talento e al suo coraggio, Bernd è diventato davvero “Bert”.
Il paracadutista della Luftwaffe ha lasciato il posto al portiere del Manchester City.
La squadra retrocede al termine di quella stagione, ma torna subito in Prima Divisione la stagione successiva, e Trautmann diventa uno dei migliori portieri del campionato. Troppo debole per vincere addirittura un campionato, il Manchester City, guidato da Les McDowell, preferisce concentrare i suoi sforzi sulla FA Cup, la Coppa d’Inghilterra, un trofeo che prevede la partecipazione di tutte le squadre inglesi e che in terra d’Albione aveva (e ha tutt’oggi) lo stesso prestigio della vittoria del Campionato. Trautmann e i suoi arrivano alla finale nel 1955, il ragazzo-soldato è diventato un uomo, ha 32 anni ed è il primo tedesco a giocare una finale di FA Cup. L’avversario è il prestigioso Newcastle United, che ha vita facile: in gol dopo nemmeno un minuto di gioco sfruttando il nervosismo del City, che non è abituato a giocare questo tipo di partite, i “Magpies” sfruttano anche l’infortunio di Jimmy Meadows, che lascia i giocatori di Manchester in 10 per piu’ di un ora.
Alla fine il risultato è 3 a 1, il Newcastle vince la sua terza coppa in cinque stagioni e a Trautmann e compagni non rimangono che le briciole.

La sconfitta non distrugge i giocatori, che anzi capiscono che l’impresa è possibile. La stagione successiva arrivano un altra grande serie di risultati ed una nuova finale di Coppa: Trautmann ha giocato così bene che ha vinto il premio di “Calciatore dell’Anno”, primo portiere nella storia. Due giorni dopo aver ricevuto questo premio, guida i suoi compagni ancora a Wembley, finale di FA Cup. Stavolta intende vincerla, costi quel che costi.

L’avversario è un buon team, il Birmingham City, ma stavolta i fragili ragazzi della finale di un anno prima sono diventati uomini spinti da un feroce desiderio di vittoria: dopo pochi minuti passano in vantaggio, vengono ripresi ma trovano la forza di continuare ad attaccare a spron battuto, con tutte le energie che hanno in corpo, e segnano altre due reti.
>Improvvisamente però il Manchester City crolla: non si sa se per l’enorme sforzo prodotto precedentemente, quando forse le energie andavano amministrate con piu’ parsimonia, o se per via di quella che nello sport è chiamata “paura di vincere”, quella strana sensazione per cui tutto sembra diventare piu’ difficile man mano che si avvicina un traguardo a lungo inseguito.
Fatto sta che gli ultimi 20 minuti sono un monologo del Birmingham City, che si getta in attacco piu’ con foga che con calma: ed è durante uno di questi attacchi che accade l’episodio che strappa Trautmann dalla storia per inserirlo nel Mito./div>

E’ il minuto 75, il Birmingham butta un pallone in area e Trautmann come sempre esce a valanga facendo suo il pallone. Nel farlo si scontra però con Murphy, attaccante avversario, ed è uno scontro incredibilmente violento: il ginocchio dell’attaccante colpisce la testa e il collo del portiere, che subito sembra confuso e barcolla stordito, incerto sulle gambe. Ai tempi non esistono le sostituzioni, uscire dal campo equivarrebbe ad una resa, perché anche se con soli 15 minuti rimasti da giocare il Manchester City si troverebbe in 10 e senza un portiere di ruolo.

Trautmann stringe i denti: rimane in campo, nega in altre occasioni il gol agli avversari mentre il pubblico applaude sbalordito.Finisce la partita, il Manchester City ha vinto la FA Cup.
Bert Trautmann ha vinto la FA Cup.
Riceve la medaglia dal Principe Filippo, partecipa alla festa per la vittoria e va a dormire convinto che il dolore passerà con il riposo. Il dolore non passa, e dopo qualche giorno Bert si decide ad andare in ospedale: i raggi X rilevano che nello scontro con Murphy, Trautmann si era incrinato cinque vertebre nel collo, spezzandosi la seconda. La terza vertebra si era incastrata con la seconda, prevenendo danni che sarebbero costati la vita al coraggioso portiere tedesco.

Bert Trautmann giocherà 15 stagioni nel Manchester City, mettendo insieme 545 presenze. Giunto al club nel 1949, 26enne, lo lascerà solo nel 1964, a 41 anni, ritirandosi poco dopo.

Nel suo palmares solo quella Coppa d’Inghilterra vinta sfidando la morte: la squadra era troppo mediocre per altri obbiettivi, eppure quel solo trofeo lo renderà immortale.
A discapito della sua enorme e rinomata abilità, non giocherà mai con la Nazionale Tedesca, visto che il CT Sepp Herberger preferisce convocare giocatori che giocano in Germania e che può quindi tenere sott’occhio costantemente. Mancherà così la vittoria del Mondiale del 1954, quando i tedeschi vinceranno il loro primo Mondiale nel famoso “Miracolo di Berna” contro l’Ungheria di Puskas, Hidekguti e anche di Gyula Grosics, portiere magiaro idolo dichiarato di Trautmann. Terminata la carriera allenerà una stagione lo Stockport County, quindi diverse squadre minori tedesche prima di girare il mondo come CT delle Nazionali di Birmania, Tanzania, Liberia e Pakistan.
Nel 2004 viene insignito come “Cavaliere dell’Ordine dell’Impero Britannico”, e l’anno successivo è inserito nella “Hall of Fame” del calcio inglese.

Tutt’oggi, nel Museo del Manchester City, una sua statua ispira i portieri del club, nel frattempo diventato una superpotenza economica mondiale. Ma anche se i soldi degli arabi di oggi permetteranno forse un giorno ai migliori del mondo di vestire quella maglia, nell’immaginario dei tifosi dei “Citizens” questi saranno solo dei portieri, per quanto forti.

Perché di Bert Trautmann ce ne è stato solamente uno. Uno che oggi, a 90 anni, non si perde ancora una sola partita del Manchester City, che considera ancora la sua squadra.
Un uomo di ferro che è stato eroe di due mondi.

“Non fermatevi a pensare dove calciare quando affrontate Trautmann. Calciate, e dopo pensate. Perché se guardate la porta lui leggerà nella vostra mente e fermerà il vostro tiro.”
(Sir Matt Busby, allenatore del Manchester United)

“Il solo modo per fregare Trautmann e voler fare un tiro in un modo ma poi colpire male il pallone e mandarlo da un altra parte.”
(Neil Young, centrocampista e compagno di squadra di Trautmann)

 

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