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Calcio

“Il Miracolo di Berna”, spartiacque tra due ere – 20 Mar

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Quel 4 Luglio del 1954, i giocatori della Germania Ovest fissavano il campo nei momenti precedenti la partita con ferrea determinazione. Non sarebbero stati carne da macello, avrebbero tentato di riscrivere la storia: erano ben 9 anni che l’inno nazionale non veniva suonato dal vivo in nessuna occasione, 9 anni che il Nazismo era stato sconfitto e che il popolo tedesco aveva cercato faticosamente di ricostruire sulle macerie dei bombardamenti alleati. Era una squadra, quella Germania Ovest, arrivata alla Finale della V^ Edizione della Coppa del Mondo un po a sorpresa: eppure poteva contare su alcuni fuoriclasse, su un gioco solido e pratico e soprattutto sulla ferrea volontà tedesca, che porta questo popolo a non arrendersi mai, a dare sempre il 101%. E poi pioveva, e la pioggia era “il tempo di Fritz Walter”, il capitano di quella Germania, che si esaltava durante gli acquazzoni perché avendo contratto la malaria da piccolo era rimasto per sempre infastidito dal sole. Insomma, c’era fiducia. Anche se poi c’erano anche gli avversari.

La Germania Ovest del 1954

La fortissima Ungheria, la “Squadra d’Oro” (Aranycsapat) capace di giocare un calcio che, così bello, non era mai stato visto: una squadra piena zeppa di fuoriclasse, una squadra che non perdeva da 4 anni e che insegnava calcio a tutta l’Europa.
Gli ungheresi erano ad un passo da un traguardo prestigioso eppure quasi scontato: erano indubbiamente il team più forte del mondo, avevano dato vere e proprie lezioni di calcio anche ai maestri inglesi, rimarcando quei limiti che erano emersi anche 4 anni prima nel famoso “Miracolo sull’Erba”, quando erano stati eliminati subito da un gol dell’americano Joe Gaetjens. Si era trattato, comunque, di vittorie storiche: mai gli inglesi avevano perso in casa prima di affrontare l’Ungheria, che nel novembre del 1953 li regolò a Londra con un 6 a 3 che stupì l’intero mondo calcistico. 
Feriti nell’orgoglio, i “maestri” avevano chiesto ed ottenuto una rivincita, a Budapest, appena due mesi prima di quella finale Mondiale: erano stati annichiliti per 7 a 1.

L'Ungheria detta la "Squadra d'Oro" 

Ferenc PuskasEra una squadra, la “Squadra d’Oro”, costruita sul blocco della Honved: l’ossatura partiva dalla porta, dove giocava Gyula Grosics, ai tempi considerato uno dei migliori estremi difensori al mondo. In difesa, tra i tenaci Lantos e Buzansky agiva Jòszef Boszik, piedi da centrocampista abili a impostare la manovra da lontano. A centrocampo giostrava Gyula Lòrànt, ideale cerniera tra il reparto arretrato e quello di mediana. In attacco, infine, vi erano Sandor Kocsis, straordinario finalizzatore noto come “la seconda testa più importante del Mondo dopo Winston Churchill” e “Testina d’Oro” per via della sua incredibile abilità nel gioco aereo, a discapito di una stazza non da gigante, e Ferenc Puskas, la stella della squadra ed uno dei più forti calciatori di sempre, capace di creare e di segnare con un abilità senza eguali al mondo in quel momento.

La chiave di volta della manovra ungherese era costituita da Nandor Hidegkuti, la sola Nandor Hidegkutistella non proveniente dalla fortissima Honved e che, arretrata la sua posizione in campo di una decina di metri, aveva creato l’inedito ruolo di “centravanti arretrato” che dava a quell’Ungheria una manovra mai vista prima. Hidegkuti, come e più dei suoi compagni, suppliva ad una fisicità non eccelsa con squisite doti tecniche che avevano costretto il tecnico magiaro Sebes a cucirgli un ruolo su misura, paragonabile a quello del moderno “falso 9” utilizzato adesso dal Barcelona e dalla Nazionale Spagnola e che ovviamente per quei tempi era più che rivoluzionario.
Con il suo arretrare, egli attirava i difensori deputati a marcarlo fuori posizione, favorendo gli inserimenti letali di Kocsis e Puskas, che lasciati liberi diventavano devastanti. 
Era quindi una squadra, quell’Ungheria, che precedeva di almeno vent’anni quello che sarebbe poi stato il “Calcio Totale” olandese e tutte le sue future derivazioni.
Una squadra magnifica.

Fritz WalterLa Germania Ovest invece era un incognita. Non propriamente una “cenerentola” come poi gli storici avrebbero amato dipingerla, ma sicuramente non tra le squadre favorite del torneo nonostante alcuni buoni giocatori ed un fuoriclasse, Fritz Walter, stella del Kaiserslautern insieme al fratello Ottmar (con cui giocava insieme anche in Nazionale) e magari meno talentuoso dell’inarrivabile Puskas ma dotato di carattere indomito e grande intelligenza tattica.

Quella squadra era allenata da Josef “Sepp” Herberger, saggio e carismatico “santone” che era divenuto allenatore della Nazionale nemmeno quarantenne e che avrebbe poi guidato i bianchi fino al 1964, per un totale di 28 anni. Herberger aveva costruito una squadra forte fisicamente e soprattutto ben disciplinata, togliendo i talenti discontinui e preferendo affidarsi a chi davvero avrebbe garantito di dare il tutto per tutto per la causa.

Sarebbe comunque riduttivo citare solo Fritz Walter: anche il fratello Ottmar era un gran"Der Boss" Helmut Rahn calciatore, un centravanti capace di segnare quasi 300 reti con il Kaiserslautern in circa 275 gare prima di un precoce ritiro dovuto a ferite da guerra con cui aveva convissuto per tutta la carriera. E poi c’era “Der Boss”, “Il Capo”, Helmut Rahn, idolo dei tifosi del Rot-Weiss-Essen e unico talento discontinuo di quella squadra, ma capace di giocate incredibili nelle giornate di grazia. La sua presenza tra i titolari della finale era la meno scontata, ma Herberger decise di affidarsi anche alla fortuna: con Rahn in forma, c’era qualche possibilità in più per i tedeschi, seppure ovviamente per tutti l’Ungheria fosse la grandissima favorita.

Gustzav Sebes, tecnico unghereseJosef "Sepp" Herberger, allenatore tedesco
Il cammino delle due squadre per arrivare in finale era stato molto diverso: mentre la Germania Ovest aveva sconfitto la Jugoslavia per 2 a 0 (partita in cui si sbloccò Rahn, in ombra nei gironi preliminari) e con un sonoro 6 a 1 un Austria semifinalista ma assai deludente dimostrando quindi molta fortuna con i sorteggi, all’Ungheria erano toccate in successione Brasile e Uruguay, ovvero la squadra finalista e quella campione nell’edizione precedente: priva di Puskas, infortunato ad un ginocchio, la “Squadra d’Oro” aveva regolato le altre due grandi favorite in successione e con il medesimo punteggio: 4 a 2.
Contro il Brasile si era giocata una partita violenta e molto nervosa, passata alla storia come “La Battaglia di Berna”: passata rapidamente in vantaggio di due reti (era caratteristica tipica di quell’Ungheria il partire subito a 100 all’ora per distruggere l’avversario), la selezione magiara aveva poi ecceduto nei leziosismi facendo infuriare gli avversari, che avevano prima accorciato le distanze con un netto rigore realizzato da Djalma Santos e poi avevano attaccato a testa bassa non trovando il gol solo per la prestazione superlativa di Boszik in difesa e di Grosics tra i pali. Nel secondo tempo era venuto poi un rigore inesistente per i magiari e gli animi si erano surriscaldati. Il Brasile aveva ripreso a mulinare il suo calcio, Julinho (grandissimo giocatore che meriterà un approfondimento, dato che era l’idolo di mio nonno) aveva segnato un gran goal, Didì aveva colto un clamoroso palo e solo nel finale, in 9 contro 10 per via di tre espulsioni comminate dallo scadente arbitro inglese Ellis, l’Ungheria aveva chiuso l’incontro in contropiede con un gol (di testa) di Kocsis.
Momenti di tensione in Germania Ovest-Brasile

"Testina d'Oro" Sandor KocsisLa semifinale contro l’Uruguay campione in carica era stata più tranquilla dal punto di vista nervoso ma ancor più difficile sul piano tecnico: anche stavolta i magiari si erano trovati facilmente in vantaggio di due reti alla fine del primo tempo, e anche stavolta erano stati ripresi nel quarto d’ora finale da una doppietta di Juan Hohberg. Nei tempi supplementari era salito però in cattedra Kocsis, che con una doppietta aveva chiuso i conti. 
Emergevano due dati da questi confronti: l’Ungheria era letale nei primi minuti ma non sapeva difendersi con ordine, era una squadra capace solo di attaccare. Splendidamente però, visto che aveva pur sempre eliminato le due squadre accreditate come le più forti al mondo oltre a lei.
La Germania Ovest era invece pratica, tenace e ordinata, una squadra senza particolari punti deboli ma con pochi punti di forza ed un livello tecnico che nemmeno avvicinava quello dei magici magiari, pur se si poteva considerare una certa superiorità rispetto all’Ungheria per quel che riguardava la corsa e la pura forza fisica. Quello che si giocava nel 1954, comunque, era un calcio che prediligeva ancora ritmi lenti e cadenzati e dove la superiorità tecnica spesso era decisiva nel determinare l’esito di un incontro.

Walter e Puskas ad inizio partita

Le due squadre, poi, si erano scontrate già nel girone eliminatorio di quello stesso Mondiale: era finita 8 a 3 per gli ungheresi, un risultato che aveva fatto stropicciare gli occhi all’opinione pubblica e che aveva causato anche l’infortunio di Puskas, che poi aveva saltato le successive gare con Brasile e Uruguay.
Ma Herberger, da vecchia volpe, aveva schierato contro i magiari le seconde linee, preferendo concentrare le forze nelle altre partite di qualificazione piuttosto che sprecare gli uomini nel vano tentativo di vincere una partita impossibile. Aveva così potuto studiare il gioco degli ungheresi, cosa impossibile da parte opposta visto che la Germania Ovest che giocò la Finale era diversa per oltre la metà degli uomini da quella sconfitta agevolmente dai magiari nel girone eliminatorio.
Ferenc Puskas non era ancora recuperato al 100% dall’infortunio, ma non voleva mancare un giorno così glorioso per il suo Paese, così andò dal CT Sebes e chiese ed ottenne di essere schierato nella finale: si parlava pur sempre del più grande calciatore al mondo, anche con una gamba sola era sempre Ferenc Puskas, questo si pensa considerò Sebes quando decise di accontentare il suo campione.
Come detto, piove, quel 4 Luglio: il giorno precedente la partita, con la pioggia, Herberger ha portato i tedeschi ad allenarsi per far prendere loro confidenza con questa condizione climatica. Un altra mossa che si rivelerà azzeccatissima.
Puskas segna l'1-0La partita comincia sotto gli occhi dell’arbitro inglese Ling, già selezionato per arbitrare lo scontro tra le due squadre avvenuto nel girone eliminatorio: la Germania sorprende gli ungheresi quando, invece di mostrare cautela contro la furia magiara, si spinge immediatamente in avanti. L’Ungheria ci mette però poco ad organizzarsi, e al 6° minuto passa: Czibor tira da fuori area, la palla viene deviata dalla difesa ma finisce sui piedi di Puskas, che solo davanti al portiere non sbaglia mai. Non lo fa nemmeno stavolta, e siamo 1 a 0. 
La “Squadra d’Oro” sembra aver subito spento la grinta degli avversari.
I tedeschi, come detto, hanno un gran carattere ma anche diverse lacune tecniche: due minuti dopo aver subito la prima rete, ecco il 2 a 0 ungherese: su un lancio lungo il difensore Kohlmeyer ed il portiere Turek si intendono male, impappinandosi e lasciando il pallone a Czibor, che a porta vuota deve solo appoggiare la palla in rete: siamo all’8° minuto, ed è già 2 a 0. 
Tutti i presenti cominciano a pensare che assisteranno ad un altra goleada.

Rahn paregga segnando il 2-2Ed invece la Germania Ovest non si scoraggia, non si arrende.
Helmut Rahn tocca forse la prima palla della sua partita e indirizza un diagonale rasoterra verso l’area magiara, Morlock (altro superbo rapace d’area) anticipa Grosics e segna: siamo appena al 10° minuto e la Germania ha appena accorciato le distanze! 2 a 1!
Gli ungheresi sono confusi, non si aspettavano i tedeschi ancora così battaglieri, e invece il meglio ha ancora da venire: su calcio d’angolo la palla passa oltre l’area piccola assiepata e finisce in posizione laterale, dove si trova Helmut Rahn, che tocca il pallone e lo deposita in rete!!! E’ l’incredibile pareggio!!! Siamo solo al 18° minuto e Rahn, con un gol ed un assist, ha aiutato la Germania a ritrovare la parità! Il lungo lavoro psicologico operato dal CT Herberger sul talentuoso ma incostante “Der Boss” ha dato i suoi frutti.

Le formazioniDa lì è un susseguirsi di emozioni: Hidegkuti riceve un cross appena fuori area, stoppa il pallone con classe e spara a botta sicura, ma con Turek battuto il palo salva i tedeschi. L’Ungheria è furiosa, vuole ristabilire il vantaggio ma la Germania difende con ordine ed il primo tempo termina 2 a 2.

Nel secondo tempo però la musica non cambia, e i tedeschi cominciano a vacillare sempre più: prima Puskas, a tu per tu con il portiere, si vede prima respingere il tiro e poi, ripreso il pallone, spara a porta vuota. O quasi: infatti Kohlmeyer respinge sulla linea, facendosi così perdonare il pasticcio che aveva portato al 2° gol dell’Ungheria. Pochi minuti dopo è la traversa a fermare gli uomini di Sebes, ed è il secondo legno colpito dai magiari dopo il palo di Hidegkuti nel primo tempo. 
Nel calcio certi episodi sono segnali, i tedeschi si scuotono e capiscono che, con un po di fortuna, possono vincere: ci prova ancora Rahn un paio di volte, ma Grosics è un portiere di classe mondiale e neutralizza. Rapido contrattacco ungherese, Turek esce a valanga e prende una botta in testa, il gioco prosegue e la palla finisce a Toth che però da posizione decentrata non riesce a infilare la porta sguarnita.

Grosics non ci arriva 3-2 tedesco!E arriviamo all’84° minuto: l’Ungheria è stanca, i tedeschi hanno ancora qualcosa da dare.Lancio lungo dalle retrovie, la difesa respinge di testa, Rahn raccoglie il pallone da fuori area, controlla e spara un rasoterra imprendibile. E’ la rete del clamoroso 3 a 2!

La Germania è in vantaggio, mancano poco più di 5 minuti alla fine ed Helmut Rahn, “Der Boss”, con un assist e due reti è riuscito nell’impossibile impresa di mettere sotto la “Squadra d’Oro”, rimontando da un passivo di due reti.
L’Ungheria non si arrende, non perde da 4 anni e non vuole certo cominciare dalla Finale della Coppa del Mondo: lancio per Puskas, che ha camminato per tutto il secondo tempo ma che ha pur sempre una classe illimitata. Il capitano dei magiari è solo davanti a Turek, e stavolta lo supera! E’ l’89° minuto! E’ pareggio!
E invece no, il gol viene annullato per un fuorigioco che rimane tutt’oggi molto dubbio.
Rimane il tempo per il tiro della disperazione di Czibor, che il portiere tedesco in qualche modo respinge, e poi è finita. La Germania Ovest vince la sua prima Coppa del Mondo contro ogni pronostico, sconfiggendo l’imbattibile Ungheria di Puskas.

 

Quella Germania, che non si arrese anche quando sembrava impossibile rimontare, ispirerà le future leve calcistiche tedesche, al punto che in ogni edizione della Coppa del Mondo i teutonici saranno sempre tra i favoriti e figureranno sempre bene. 
Prima di quel Mondiale la Germania non era una superpotenza calcistica, da quel giorno lo diventerà.
Il discorso opposto capiterà invece all’Aranycsapat, l’Ungheria che aveva fatto tremare il mondo: l’invasione dei carri armati sovietici a sedare la Rivoluzione Ungherese del 1956 convincerà i calciatori dell’Honved, in quel momento in tour all’estero e ossatura fondamentale della Nazionale, a scappare in ogni parte d’Europa. Conclusa quella generazione fenomenale, il calcio ungherese non saprà mai più anche solo sfiorare quei livelli di eccellenza, e cadrà nelle retrovie del calcio mondiale, dove langue tuttora.
Qualche mese dopo molti calciatori tedeschi si ammaleranno della stessa malattia, facendo nascere più di un sospetto sull’utilizzo di sostanze dopanti all’epoca dei Mondiali svizzeri. Helmut Rahn continuerà a giocare da campione discontinuo qual’è, ma in Nazionale subirà una trasformazione: segnerà 6 reti anche nei Mondiali successivi, e cinquant’anni dopo quella finale gli verrà dedicata una statua.
Werner Kohlmeyer si ritirerà anni dopo, quindi avrà seri problemi di alcolismo che lo porteranno ad una morte prematura ancora non cinquantenne.
Fritz Walter entrerà nella leggenda del calcio tedesco, diventando alla sua morte “Capitano Onorario” e venendo eletto dalla Federazione Tedesca “miglior calciatore tedesco di sempre”: a lui è dedicato lo stadio dove gioca le sue partite il Kaiserslautern.
Ottmar Walter, fratello di Fritz, aveva giocato per tutta la carriera con schegge di esplosivo nel ginocchio che ne avevano condizionato il rendimento: si ritirerà ad appena 32 anni avendo segnato quasi 300 gol in meno di 300 gare. Figuriamoci se fosse stato bene.

La Rivoluzione Ungherese del 1956 spazzerà via la Honved e l’Aranycsapat: Ferenc Puskas dopo essere fuggito vagherà due anni tra Italia e Austria prima di accasarsi al Real Madrid. Segnerà in carriera più di 1000 reti, vincerà sei campionati spagnoli e tre Coppe dei Campioni, realizzando in una finale ben 4 reti, record tuttora ineguagliato. 
Tornerà nel suo Paese soltanto dopo diverse decadi, per morirvi nel 2003.
Czibor andrà al Barcelona, con il quale affronterà l’ex-compagno Puskas nel “Clasico” del calcio spagnolo, e la Catalogna accoglierà anche Sandor Kocsis, “Testina d’Oro”, che darà spettacolo in maglia blaugrana. Di carattere allegro e gioviale, quando gli diagnosticheranno un cancro allo stomaco cadrà in una fortissima depressione, al punto da gettarsi da una finestra di Barcelona nel 1979, quasi cinquantenne.

Questa partita ha ispirato un film tedesco del 2003, chiamato appunto “Il Miracolo di Berna”, un film che vi consiglio sinceramente di guardare. Soprattutto, questa partita rimarrà per sempre nella storia del calcio per le emozioni che ha saputo dare e per aver visto la caduta della mitica Ungheria e la nascita di quella che poi sarà una delle più forti squadre nazionali di sempre, la Germania.

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