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Calcio

Aleksandar Durić, dalla canoa a “The Goal Machine” – 19 Mar

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La via per l’affermazione, nel calcio, segue a volte strade misteriose e mai battute. Ho raccontato sempre in questo sito dell’avventurosa carriera di Lutz Pfannenstiel, portiere giramondo capace di giocare in tutti e sei i Continenti calcistici. Una storia simile, anche se di fatto avvenuta principalmente in un solo paese, è quella di Aleksandar Durić, che da profugo durante la Guerra dei Balcani è riuscito a diventare la più grande leggenda di un esotico paese asiatico.
Questa è la storia di un uomo scopertosi calciatore prima e giramondo poi, nato nella ex-Jugoslavia e che poi, anni dopo, ha trovato una nuova patria a Singapore, arrivando addirittura a indossare la fascia di capitano della Nazionale asiatica.

Durić nasce a Doboj, attualmente in Bosnia-Herzegovina, il 12 Agosto del 1971. Crescendo si mostra molto portato per lo sport, e divide la sua passione tra il calcio e la canoa: con il primo i risultati sono mediocri e lo vedono disimpegnarsi in porta nelle fila del club cittadino, mentre con la seconda si impone come uno dei migliori nel suo paese, e a 21 anni riesce a qualificarsi per le Olimpiadi di Barcelona ’92, dove gareggia nei 1500 metri anche se viene eliminato quasi immediatamente. L’inasprirsi del conflitto nei Balcani lo porta a trasferirsi nel minuscolo club ungherese dello Szeged, una scelta più di vita che di carriera, ma dopo un anno il contratto termina ed è allora che Aleksandar fa rotta verso l’Australia. Qui Durić si scopre bomber, aiutato da un fisico aitante (194 cm di altezza) che lo porta ad essere un vero e proprio dominatore dell’area avversaria: i gol arrivano a pioggia, nel giro di sei anni gioca in sei club e onora ognuno di questi con delle belle prestazioni. Quando lascia l’Australia, nel 1999, lo fa con un bottino di 74 reti in 124 partite, e fa rotta verso Singapore, dove trova posto nei “Giaguari” del Tanjong Pagar United. Nel pittoresco campionato locale, dove giocano squadre interamente formate da calciatori di altre etnie (vi è un club francese da poco scomparso, uno giapponese e uno coreano, uno che prevede l’utilizzo solo di under-23, per dire) Durić manco a dirlo lascia il segno, siglando 15 reti in 16 gare e portando i bianco-rossi  al terzo posto. L’amore però non sempre è un colpo di fulmine, e così, per quanto si piacciano e si apprezzino, Durić e Singapore si lasciano dopo appena una stagione, quando il bomber decide di tornare in quella che ormai sente la sua terra, e cioè l’Australia.
All’alba del XXI° secolo Aleksandar è di nuovo nella terra dei canguri, deciso a spendere lì quel che rimane di una carriera che – nonostante i numerosi gol – si può decisamente definire minore. Gioca e segna a raffica (13 reti in 15 gare) nei Marconi Stallions, squadra adesso semi-defunta ma ai tempi tra le migliori del panorama australiano (club dove concluse la carriera Roberto Vieri, talentuoso calciatore in Serie A tra gli anni ’60 e ’70 e padre di Christian) prima che gli ambiziosi Sidney Olympic ne acquisiscano i servigi per tentare di vincere il campionato. L’inizio è in effetti scoppiettante, nelle prime 3 gare Durić segna 2 reti, ma poi arriva la chiamata che – a 30 anni compiuti – non si può rifiutare: lo vuole l’Home United, la squadra della Polizia di Singapore, paese dove non hanno scordato la sua fenomenale stagione di due anni prima, e i soldi offerti sono tanti, almeno per gli standard di quel calcio.
Durić arriva ma trova una squadra davvero sotto pressione, dove la vittoria è vista come un dovere e la sconfitta non ammessa: nonostante in metà stagione segni la bellezza di 11 reti in 10 gare, la rimonta non riesce ai “Protettori”, e anzi la vittoria del campionato va ai rivali del Singapore Armed Forces, la squadra dell’esercito. E’ uno smacco, e nonostante la vittoria della Coppa di Singapore (primo trofeo vero vinto da Durić in carriera) per il bomber è ancora tempo di fare la valigia: stavolta però non lascia il paese, ma si accasa semplicemente ad un altra squadra, il Geylang United arrivato terzo e che necessita di un attaccante di peso. Le “Aquile” pensano di trovarlo in Durić, ed è il caso di dire che dimostrano una vista degna del loro soprannome: Durić rimane nel Geylang per 4 stagioni segnando a raffica e ottenendo la vittoria del campionato al primo anno seguiti da un secondo e un terzo posto. Lascia il club in crisi di risultati (7° posto, in un campionato che prevede la partecipazione di 10 squadre) con l’incredibile bottino di 148 reti in 126 gare. Una media di più di un gol a gara che gli vale il soprannome di “The Goal Machine” e l’ammirazione dei tifosi locali, che riconoscono in questo ragazzone slavo nato canoista il miglior calciatore del campionato. Aleksandar lascia a malincuore il Geylang, dove è un autentico idolo, ma alle soglie dei 34 anni è arrivato il momento di vincere, e il solo modo per farlo è unirsi al Singapore Armed Forces, la squadra più titolata di Singapore.
Dove non gli viene forse chiesto di mantenere l’incredibile media realizzativa mostrata nel Geylang, ma più di portare carisma ed esperienza.
E invece Durić non solo continua a segnare, ma addirittura passati i 35 anni migliora la sua media: dopo un secondo posto alla prima stagione, porta la squadra a vincere il campionato per 4 stagioni consecutive, fatto mai avvenuto nel povero ma equilibrato campionato di Singapore. E’ l’uomo che fa la differenza, sempre e in ogni campo, segnando ben 156 reti in 129 gare. A metà di questa esperienza, nel 2007 e alla soglia dei 36 anni, arriva finalmente la cittadinanza di Singapore, che gli permette – dato che non è mai sceso in campo con il suo paese natio – di vestire la maglia della Nazionale dei Leoni: non è il primo straniero a farlo, anzi. Trova infatti compagni come il difensore inglese Daniel Bennet, il connazionale serbo Fahrudin Mustafić e i cinesi Shi Jiayi e Qiu Li, in una Nazionale che rispecchia appieno lo spirito multietnico di Singapore e del suo calcio, al cui campionato come detto partecipano anche compagini interamente formate da stranieri. L’esordio di Durić in Nazionale avviene al secondo turno preliminare delle qualificazioni asiatiche alla Coppa del Mondo del 2010: subentrando dalla panchina, realizza entrambi i gol che valgono la vittoria contro il Tajikistan ed il passaggio alla fase a gironi, dove però Singapore finirà schiacciata da Uzbekistan e Arabia Saudita, superando il solo Libano anche per colpa di due gare perse a tavolino con uzbeki e arabi per il fatto di aver schierato giocatori squalificati.

 

La carriera infinita di Durić sembra potersi concludere nel 2009, quando ormai 38enne viene lasciato libero dal Singapore Armed Forces. Invece a sorpresa firma per i Tampines Rovers, una squadra buona che con lui diventa fantastica: dopo due secondi posti consecutivi, arrivano sempre consecutivi due titoli nazionali, nel 2011 e nel 2012, con “The Goal Machine” che continua a fare quel che sa fare meglio – e cioè buttarla dentro – con una regolarità impressionante considerati gli ormai 40 anni indicati dalla sua carta d’identità, anche se ora si parla “solo” di un gol ogni due gare. Alle gioie con la maglia del club si uniscono anche quelle con la Nazionale, con la quale vince ultra-quarantenne la Suzuki Cup nel 2012 superando in finale la Thailandia.
Indossa anche la fascia di capitano dei Leoni, accade contro il Bahrain in amichevole vista l’indisponibilità del capitano e del suo vice, ed è un piccolo record: è infatti il primo “straniero” ad avere tale onore. Attualmente in Nazionale vanta 27 reti segnate in 54 incontri disputati.
La carriera di Durić continua fino ai giorni nostri, con gol e gloria che arrivano da quello splendido paese asiatico che è diventato ormai casa sua: attualmente, oltre a giocare, gira il sud-est asiatico cercando di promuovere il calcio nei paesi poveri, e mentre si trovava in Cambogia ha annunciato che alla fine di questa stagione si ritirerà dal calcio giocato. A 43 anni Aleksandar Durić, “The Goal Machine”, chiuderà la carriera per iniziarne un altra: l’intenzione è quella di allenare, e le opportunità di certo non mancheranno in un paese che guarda a lui come a un Dio.
Sapere se avrà successo non è possibile, ma su una cosa si può scommettere: per uno come lui, nato canoista nella ex-Jugoslavia e diventato macchina da gol a Singapore, niente è impossibile.

 

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