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Intervista a Cristian Fedrigo, assistente della Virtus Segafredo Bologna

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Cristian Fedrigo, assistente di coach Sasha Djordjevic, è giunto al suo undicesimo anno in Virtus. Nativo di Jesolo, classe 1970, è arrivato in Virtus nella stagione 2008-2009 dopo aver allenato prima la squadra della sua città natale e, poi, il settore giovanile della Benetton Treviso. Ripercorriamo con Fedrigo la sua carriera nel mondo della pallacanestro.

Buonasera Cristian. Vista la situazione in cui ci troviamo. la prima domanda è scontata: come sta affrontando questa quarantena?

“Il periodo che stiamo vivendo ci ha costretto a cambiare tutte le nostre abitudini quotidiane, quindi, non mi restava che prenderne atto e approfittare di una “opportunità” per dedicarmi ai miei figli e alla mia famiglia”.

Un bilancio su questa stagione che, purtroppo, si è dovuta chiudere anzitempo?

“Ci sono figure all’interno della società che si occupano di questo e di programmare il futuro della Virtus Segafredo. Nel mio ruolo posso solo dire che si è iniziato un percorso di “costruzione” all’interno delle varie “aree di competenza” della società che è stato supportato dai risultati sul campo”.

E’ già al lavoro per la prossima stagione?

“Si, coordinati dal Capo allenatore stiamo riordinando e pianificando lo scouting di questa e della prossima stagione. Nonostante il  momento particolare stiamo cercando di sviluppare un lavoro focalizzando la nostra attenzione sullo scouting di alcuni giocatori, ma non solo. All’interno di un sistema di lavoro ormai consolidato ci stiamo confrontando su come riuscire, nella prossima stagione, a fornire ai nostri giocatori una qualità ancora maggiore di proposte per il raggiungimento degli obiettivi: semplici idee, opzioni, esercizi, report”.

Come si è avvicinato al mondo della pallacanestro?

“Un giorno accompagnai mia mamma che andava a prendere mio fratello minore alla sua prima lezione di minibasket…”.

Parlando un po’ della sua carriera, è alla dodicesima stagione in Virtus. E’ fiero del percorso fin qui avuto?

“All’interno di un team ogni figura deve garantire professionalità ed affidabilità affinché il programma di cui fanno parte possa raggiungere l’eccellenza. Mi sento fiero quando riesco ad aiutare la società e le persone con le quali lavoro”.

Ha delle partite che ricorda più di altre e perché?

“Ne ricordo più di una e ad ognuna sono profondamente legato per motivi diversi. Porto con me ognuna di queste partite in quanto associate a momenti della mia vita lavorativi e non, persone, ambienti completamente diversi tra loro”. 

Tornando ancora più indietro, ha avuto l’occasione di fare parte dello staff tecnico di Mike D’Antoni a Treviso e, nel 2002, ha vinto lo scudetto e raggiunto anche le Final Four di Eurolega disputata proprio a Bologna. Che ricordi ha di quell’annata e quanto è stato importante per il suo percorso di crescita il poter lavorare con D’Antoni?

“In quell’annata facevo semplicemente il giovane allenatore delle giovanili che era stato aggregato alla prima squadra per presenziare agli allenamenti della mattina (sedute di tiro e allenamenti individuali dove il compito era passare la palla ed imparare) ed occuparmi – assieme ad altri dello staff – dei video e dello scouting cartaceo di campionato ed Eurolega.  E’ stata la stagione che mi ha permesso per la prima volta di stare a contatto quotidianamente con un ambiente professionistico che giocava per competere ai massimi traguardi in Italia ed in Europa. Mi ha dato l’opportunità di vedere e poter ascoltare i migliori.  Mi ha insegnato a capire il ruolo di ognuno, a fare uno scouting report di una squadra avversaria, a rispettare le dinamiche all’interno del team e non ultimo a migliorare tecnicamente la mia organizzazione che prevedeva anche allenare 2 gruppi del settore giovanile (allora Cadetti anno 1985’-86 ed Allievi 1987)”.

Ha allenato anche nel settore giovanile. Che tipo di approccio ha nei confronti dei più giovani?

“In tutti i miei anni da assistente ho sempre cercato (partite di Coppa permettendo) di allenare anche un gruppo giovanile. L’obiettivo primario di questo settore  è anche quello di “produrre giocatori” che un giorno possano far parte della nostra prima squadra. Ho imparato che noi allenatori abbiamo il dovere di fornire ai ragazzi che ci vengono affidati, competenza, programmazione tecnica e serietà”.

Ha un sogno nel cassetto? 

“Si, garantire ai miei figli educazione, istruzione ed opportunità. Le stesse che i miei genitori hanno saputo garantire a me”.

Vuole mandare un saluto ai tifosi bianconeri che anche quest’anno vi hanno sostenuto cercando sempre di darvi la carica giusta per affrontare le partite?

“Patrimonio ed anima emotiva delle nostre vittorie. Penso non ci sia altro da aggiungere. Spero di poterli risentire presto cantare per noi”.

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