Altri Sport
Pop&Sports – Da Ganna a Girardengo e Alfonsina Strada: le origini del Giro d’Italia
La settimana scorsa ero in giardino, seduto all’aperto sulla sedia a dondolo e ripensavo come il tempo, dal ritorno alla libertà post-covi ad adesso, sia passato super veloce. Nel ripensare, sentivo qualcosa che mancava: il consueto appuntamento di guardare, con uno dei miei trecento zii, il Giro D’Italia in tv. Incuriosito, guardando le nuove date di inizio del Giro di quest’anno, mi sono chiesto quali fossero le origini di una delle gare ciclistiche più importanti a livello nazionale.
La nascita della mitica Corsa Rosa venne formalizzata con un annuncio sulla Gazzetta dello Sport il 24 agosto 1908, grazie all’idea del giornalista forlivese Tullo Morgagni, appassionato di sport a tutto tondo. L’idea di Morgagni consisteva in una gara ciclistica, a livello nazionale, imitando il Giro automobilistico d’Italia, lanciato qualche anno prima dal Corriere della Sera. La promessa era di 25.000 lire come premio al vincitore, oltre alla gloria di aver vinto “una delle prove più ambite e maggiori del ciclismo internazionale”. Nell’organizzazione del Giro la Gazzetta dello Sport anticipò di poco il Corriere, che stava per dare lei stessa il via a un’iniziativa ciclistica simile al Giro automobilistico scritto prima. Il Corriere fece buon viso a cattivo gioco e contribuì al montepremi.
La prima edizione del Giro D’Italia fu il 13 maggio 1909, partendo in 127 al via da Milano, alle 2.53 del mattino, da una piazza milanese nota ben per altri motivi: Piazzale Loreto. La tappa d’apertura si concluse all’ippodromo di Bologna, 14 ore dopo e 397 chilometri sulle polverose strade di quel tempo, alla velocità di 28,090 di media oraria. Il primo vincitore, con la maglia della mitica Bianchi, fu Dario Beni. Ai tempi, le gare ciclistiche della Corsa Rosa erano eroiche, in cui si stava in sella dall’alba al tramonto e le tappe partivano ogni tre giorni, affrontando chilometraggi oggi impensabili.
Nella prima edizione, le tappe furono otto: tra il 13 e il 30 maggio si corsero otto tappe, per un totale di 2.447 chilometri, dove videro affrontarsi i migliori ciclisti dell’epoca, tra cui Giovanni Gerbi, Giovanni Rossignoli, Luigi Ganna, Carlo Galetti, Eberardo Pavesi e Giovanni Cuniolo. La classifica fu determinata dalla somma dei piazzamenti, 1 punto negativo al primo, due al secondo e così via ogni tappa. A vincere la prima classifica generale fu proprio Luigi Ganna, ciclista di Induno Olona, paese in provincia di Varese. Vinse due tappe e si piazzò sempre bene nella parte alta del tabellone, terminando la Corsa il 30 maggio con 25 punti negativi. Il montepremi effettivo si dice che fu di 18.900 lire, di cui 5.325 per il vincitore. Nel mondo del ciclismo, leggenda narra che Ganna, sceso dalla bicicletta e avvicinato da un cronista che voleva conoscere la sua impressione più viva, dopo la vittoria, abbia risposto: “L’impressione più viva l’è che me brusa tant ‘l cu”.
Il Giro D’Italia conquistò subito le folle, che riempirono strade intere per assistere il passaggio dei corridori. Per questo, la Corsa Rosa viene riproposta anche nel 1910, con 10 tappe, sempre da Milano a Milano, e col chilometraggio aumentato a 2.987. Quell’anno vinse Carlo Galletti, milanese dell’Atala, altra istituzione nel ciclismo italiano, precedendo due compagni di squadra, tra cui Ganna, arrivato terzo, che aveva lasciato la Bianchi. Galletti replicò di nuovo nel 1911, stavolta con la maglia Bianchi e, nel 1912, tornando di nuovo all’Atala, vinse nuovamente, insieme ai suoi compagni di colori in una edizione particolare, l’unica della storia che ebbe la classifica a squadre come principale. Come ciliegina sulla torta, quell’anno, non in maniera ufficiale, fu anche il vincitore della classifica individuale a tempo.
Nel 1913 si tornò alla formula individuale a punti, con la vittoria di Carlo Oriani, milanese di Balsamo, dove fu il primo a vincere il Giro senza aggiudicarsi nemmeno una tappa. Oriani scomparve nemmeno trentenne, 4 anni dopo, nel 1917, per essersi ammalato di polmonite durante la ritirata di Caporetto.
Nel 1914 si passò alla classifica per somma di tempi, quella in uso ancor oggi, che premiò Alfonso Calzolari, dove precedette il secondo classificato di quasi due ore, un distacco oggi impensabile.
Nel 1915 il Giro D’Italia si fermò: incombeva il richiamo alle armi sull’Italia della Prima Guerra Mondiale. Le guerre sono, ad oggi, sono gli unici avvenimenti ad essere state in grado di fermare il Giro: dal 1914 al 1918 e successivamente dal 1941 al 1945.
Nel 1919, la corsa riprese il 21 maggio: 6 mesi e 17 giorni dopo la fine della guerra. Quell’anno vinse, per la prima volta, Costante Girardengo, uno dei Big del ciclismo italiano, con in bacheca due Giri, sei “Milano-Sanremo”, due “Lombardia”, un secondo posto ai Mondiali nel 1927, in Germania al Nurburgring, e decine di vittorie su strada, oltre a due “Sei Giorni in pista”. Successivamente, Girardengo visse diventato costruttore di biciclette, direttore sportivo della sua stessa squadra e per alcuni anni Commissario Tecnico della nazionale, guidando Gino Bartali alla conquista del Tour de France, nel 1938. In quel 1919 Girardengo dominò il Giro, vincendo sette tappe su dieci, rimanendo sempre in maglia rosa. Quell’anno la Corsa, per scelta della Gazzetta dello Sport, attraversò i territori scossi dalla Grande Guerra: la prima tappa si concluse infatti a Trento, la seconda a Trieste. Il grande rivale di Girardengo, Gaetano Belloni, vinse nel 1920, mentre nel 1921 e nel ’22 la spuntò Giovanni Brunero. Nel 1923 tornò a trionfare Girardengo, su un percorso di oltre 3.200 chilometri divisi in dieci tappe: vinse come solo lui sapeva fare, aggiudicandosi ben otto tappe, di cui sei consecutive. Nonostante ciò, il suo vantaggio in classifica, rispetto al secondo Brunero, fu solo di 37 secondi.
Concludiamo il nostro racconto con la Corsa Rosa del 1924. Quello fu un Giro D’Italia molto particolare: le tappe del Giro aumentarono a 12, con 3.613 km da fare. Ma non per questo fu particolare: caratterizzata dall’assenza dei grandi campioni, a causa dello sciopero delle principali squadre per disaccordi sui primi con l’organizzazione, la Gazzetta aprì la competizione ai corridori indipendenti. Essendo questi privi di una organizzazione, l’ente organizzatrice dovette fornire tutta la logistica, comprendendo il mantenimento. Quella gara la vinse Giuseppe Enrici, con pochi altri risultati in carriera, approfittando al meglio dell’occasione. Per l’unica volta nella storia gareggiò anche una donna, Alfonsina Morini Strada, nata a Castelfranco Emilia nel 1891, concludendo la corsa per la gloria, poiché fuori classifica a causa del termine, fuori tempo massimo, della quarta tappa. Cercò nuovamente di iscriversi alla corsa negli anni successivi, ma senza successo.
Continua a leggere le notizie di 1000 Cuori Rossoblu e segui la nostra pagina Facebook