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Corriere di Bologna – Mihajlovic: la lettera dei cento, il caso Jugoslavia e il libro sulla malattia

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Sinisa Mihajlovic non risponderà alla lettera degli oltre cento cittadini, tra esponenti della cultura, della politica e dell’associazionismo, che gli hanno chiesto di dissociarsi dalle parole spese sugli autori dei genocidi nei Balcani all’epoca della guerra in ex Jugoslavia, prima di diventare cittadino onorario di Bologna. Questo è quanto riportato dal Corriere della Sera, in un’intervista in occasione dell’uscita del libro autobiografico “La parità della vita” e che stamane il Corriere di Bologna ha riproposto. Nel libro, il tecnico rossoblu ripercorre le tappe dolorose della scoperta e della cura della malattia. 

Tempo addietro, il sindaco di Bologna Merola e il suo consigliere comunale, anche se non all’unanimità, hanno deciso di consegnare a Mihajlovic la cittadinanza onoraria. Quello che successe tra la città e il tecnico, quando si è scoperto della malattia, è qualcosa che difficilmente si ripeterà: il sostegno del pubblico al mister, i pellegrinaggi a San Luca dei tifosi di Bologna e Lazio e il gesto di forza mostrato da Sinisa nel volere ritornare prima del tempo in campo, anche contro il parere dei medici. Ma Sinisa è sempre stato un uomo forte anche per le sue idee politiche, che ogni volta dividono. Per chi è giovane come me (23), deve sapere che Mihajlovic ha una macchia nel suo passato che difficilmente andrà via: durante la guerra in Jugoslavia Arkan, militare jugoslavo di etnia serba, fu autore di numerosi genocidi con la sua unità paramilitare “Le Tigri”. Quando si diffuse la notizia della sua morte, fece molta polemica, in Italia, l’esposizione dello striscione “Onore alla tigre Arkan” da parte di alcuni gruppi della Curva Nord della Lazio. Secondo alcuni tale striscione fu commissionato da Mihajlovic, amico del militare serbo. Ecco, da qui ha preso il movimento dei vari esponenti detti nelle prime righe, tra cui anche Don Ciotti, che gli chiedevano di dissociarsi da quelle parole dette in passato, prima di accettare la cittadinanza onoraria. 

Nell’intervista del Corriere, Mihajlovic risponde a distanza di mesi con parole dure, dicendo di “No”, che lui la guerra l’ha vissuta in Italia, cercando di aiutare quanta più gente possibile da qui. Sinisa continua dicendo “I serbi hanno fatto schifo, ma così come i croati. Però la storia viene scritta dai vincitori, quindi gli unici colpevoli siamo noi”. Il tecnico rossoblu, al ricordare del giornalista dei crimini commessi da Arkan, risponde dicendo di non condividere le cose orrende che hanno commesso “le Tigri”, ma non può rinnegare un rapporto che fa della sua , quel che è stato, “se no sarei un ipocrita”

Al Corriere continua a parlare del suo libro, dei giorni difficili durante la lotta contro la malattia, e c’è un racconto che fa sorridere: all’interno del libro si parla di questo Cgikjltfr Drvnovsk, sessantanovenne senza fissa dimora. Sinisa racconta che quell’uomo era la falsa identità di Sinisa che al Sant’Orsola gli avevano affidato, per non attirare i curiosi che potevano disturbare anche le altre persone ricoverate. Fa sorridere perchè dice: “Dopo i primi due cicli di chemio dimostravo altro che 69 anni. Trovavo ironico quel senza fissa dimora affibbiato a me, che in ogni stadio venivo accolto come zingaro di emme”

Ma è che con quest’ultima frase che ammette che è stato aiutato molto dall’affetto e gli applausi che il pubblico gli dava: “Mi ha aiutato molto, ma ora basta. Non vedevo l’ora di tornare ad essere uno zingaro di emme”.  

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