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Calcio

Stadi d’Italia: quando l’erba del vicino è davvero più verde – 19 settembre

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28 maggio 2010, Espace Hippomène di Ginevra.

La Francia vince di misura il ballottaggio con la Turchia e viene selezionata dal Comitato Esecutivo Uefa come Paese ospitante gli Europei di calcio del 2016. All’Italia, terza candidata, tocca l’ultimo posto con la conseguente eliminazione al primo turno. Una bocciatura che ha l’amaro retrogusto dell’umiliazione e che spinge inevitabilmente a riflessioni e mea culpa.

Nonostante i progetti per i lavori di ristrutturazione già approvati ed il via libera ai finanziamenti, la Uefa non si è ritenuta soddisfatta della situazione degli stadi italiani.

Dodici erano le città proposte dalla Figc per ospitare la massima competizione europea. Tra queste, Bologna. Il Dall’Ara, visitato da una delegazione Uefa nell’ottobre 2009, non è stato giudicato idoneo a soddisfare i parametri necessari per ospitare simili eventi internazionali. Parametri rigidissimi, che tengono conto della capienza, dell’ampiezza del campo e degli spogliatoi, della qualità dei servizi, dell’indice di illuminazione del terreno di gioco e persino del numero di parcheggi riservati alle autorità e quello minimo dei fotografi. Su questi e tanti altri punti si basa la classificazione Uefa degli impianti sportivi, che prevede quattro categorie in ordine crescente. Soltanto uno stadio di categoria quattro può ospitare eventi quali le finali di Champions League, di Europa League o degli Europei. Tra gli impianti di elite campeggiano l’Amsterdam ArenA, il Camp Nou, l’Ataturk di Istambul, il Da Luz di Lisbona e i mitici Old Trafford e Santiago Bernabeu.

 

San Siro e l’Olimpico di Roma, a cui va ad aggiungersi anche lo Juventus Stadium di recentissima costruzione, sono gli unici stadi italiani ad appartenere alla categoria più prestigiosa.

E gli altri? Prendiamo come esempio ancora una volta il Dall’Ara.

Inaugurato nel 1927, l’ex Littoriale (poi Stadio Comunale dopo la Grande Guerra) era negli anni ‘30 uno degli stadi più all’avanguardia d’Europa. Ristrutturato in occasione di Italia ‘90, oggi il Dall’Ara costituisce uno dei tanti exempla di come l’Italia del pallone, almeno per quanto concerne i suoi impianti, sia indietro anni luce se messa a confronto con le sorelle tedesche o inglesi. Strutture datate e, sotto certi aspetti, al limite del fatiscente contro impianti recenti e confortevoli. Campi spelacchiati da far concorrenza a quelli di un’anonima parrocchia della bassa contro distese verdi di ultima generazione. Tifosi che, causa simpatica presenza delle piste d’atletica, per farsi sentire dai propri beniamini devono ricorrere ai segnali di fumo contro vere e proprie bolge dantesche dove la curva è davvero il dodicesimo uomo.

 

Qualcosa, fortunatamente, sta cominciano a mutare. La Juventus, con la sua completa (e vincente) adesione modello inglese, ha inaugurato un nuovo trend destinato a coinvolgere un numero sempre maggiore di stadi italiani. Lo Juventus Stadium non è solo un impianto sportivo ma è anche un museo, un luogo a misura di famiglia, una struttura attiva e fruibile sette giorni su sette. Uno stadio a 360° insomma, la vera Casa (con la C maiuscola) di uno dei club più vincenti del Paese.

La prossima sarà Udine, dove i lavori per il nuovo Friuli dovrebbero essere ultimati entro il fischio di inizio della stagione 2014-2015, ma prima o poi toccherà a tutte le altre. Bologna compresa. Se così non fosse, si concretizzerebbe il rischio di rendere incolmabile un gap che, al momento, già ci vede a distanza siderale dalle belle d’Europa. Urge adeguarsi; il calcio sta cambiando e, con esso, cambiano anche i suoi templi, via via sempre meno sacri ma più a misura d’uomo.

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