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Ferruccio Lamborghini: uno straordinario percorso verso il mito

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Lamborghini. Basta questo nome e, subito, a chiunque, vengono in mente auto sportive, velocità, eleganza. Per gli appassionati si tratta di uno dei marchi che è stato, ed è tuttora, tra quelli più in grado di emozionarli, grazie ai suoi prodotti rivoluzionari e di straordinaria bellezza. 

Straordinari sono anche i fatti che hanno portato alla nascita e alla rapida ascesa di un’azienda di tale successo. Basti pensare che, quando, con il modello Miura, presentato al Salone di Ginevra del 1966, la Lamborghini sconvolse il mondo delle automobili di lusso grazie a un design aggressivo e ad alcune trovate tecniche innovative, la “Automobili Lamborghini” era nata da appena tre anni. Sicuramente, non ci si può improvvisare costruttori di macchine. Come è stato possibile un risultato del genere, e tutto ciò che è seguito da allora fino ai nostri giorni? Tutto ciò non sarebbe mai accaduto senza l’uomo che, per un motivo sorprendente, nel 1963 decise di dare vita a questa azienda e dal quale essa prende il nome: Ferruccio Lamborghini. Ma andiamo con ordine.

Ferruccio Lamborghini nasce il 28 aprile 1916 a Renazzo, frazione di Cento. Tale comune si trova in provincia di Ferrara, ma è ubicato quasi esattamente al centro del triangolo formato dalla città estense, Bologna e Modena, nel pieno della Pianura Padana. Terra, ancora oggi, ma a quei tempi in misura anche, votata all’agricoltura. E la vita nei campi sembra essere il destino di Ferruccio. La famiglia possiede un podere e lui è il figlio primogenito: il padre vuole che un giorno sia lui a condurlo. Ferruccio, però, non è interessato alla campagna. Ciò che lo affascina, invece, sono le macchine, sia quelle agricole, sia quelle di uso domestico, e tutto quello che ha a che fare con la meccanica. Guidato da questa passione, convince il padre ad iscriverlo a un istituto di formazione professionale in tale ambito. Seguiranno un’esperienza come fabbro, poi riuscirà, grazie alla sua determinazione, a guadagnarsi l’occasione di lavorare presso l’importante Officina Righi di Bologna. Tornato nel paese natale, apre una sua bottega. Nel 1939, allo scoppiare della Seconda Guerra Mondiale, viene inviato a Rodi, nel reparto che ha come compito la manutenzione dei mezzi dell’esercito. Anche in queste circostanze riesce a farsi notare per le sue capacità, e ad ottenere la fiducia dei comandanti. Ferruccio può così mettere le mani su mezzi all’avanguardia e su strumenti dotati della migliore tecnologia disponibile allora. Tutto questo entrerà a far parte del suo, già ben nutrito, bagaglio di competenze.

Passione, determinazione, capacità. Queste tre parole, che, come abbiamo visto, hanno caratterizzato la vita del giovane Ferruccio, continuano a descriverlo perfettamente quando, non senza difficoltà, nel 1946 riesce a tornare in Italia. Il Bel Paese è ancora fortemente scosso dagli effetti del ventennio fascista e del conflitto mondiale, ma finalmente libero e desideroso di ripartire. In particolare, l’agricoltura necessita di risollevarsi dalla crisi nella quale è sprofondata. Ed è in questo momento che Ferruccio ha un’idea geniale: creare dei trattori, destinati ai contadini della sua zona, mettendo insieme i motori dei mezzi militari (ormai dismessi) che lui conosce bene, opportunamente migliorati, e un semplice telaio artigianale. Il salto è ormai compiuto: Ferruccio Lamborghini diventa imprenditore, dando vita alla “Lamborghini Trattori”.

Intùito. Per chi si vuole mettere alla guida di un’impresa è una caratteristica imprescindibile. E Ferruccio dimostra di averne parecchio, già da questa prima mossa. C’è molto mercato per i suoi trattori, gli ordini arrivano a decine, e la produzione cresce e diventa sempre più di serie. L’azienda ora conta numerosi dipendenti, e deve spostarsi in un’area più grande. Sono gli anni ’50, preludio del miracolo economico italiano: tra le numerose aziende di successo di questo periodo, in grado di coniugare la qualità dei propri prodotti alla capacità di sfruttare il terreno fertile per il successo economico, c’è anche la Lamborghini Trattori. Ma Ferruccio non si limita alle macchine agricole. Come lui sa, le case degli italiani si stanno via via riempiendo di elettrodomestici, diventando più confortevoli. Nel 1959 fonda la “Lamborghini Bruciatori Condizionatori”, idea nata da una visita a una fabbrica di bruciatori negli Stati Uniti. 

 Enzo Ferrari Ferruccio Lamborghini – QuartaMarcia.it

Ormai è diventato il simbolo dell’uomo capace di arrivare al successo partendo da zero. Adesso è in grado di soddisfare uno dei suoi sogni: acquistare una Ferrari. Alla guida della sua 250 GT, si accorge però che la vettura di Maranello ha qualche problema con la frizione. La sostituisce con un’altra, ricavata da uno dei suoi trattori: vede che si può adattare all’auto, e che questa smette di dare segni di cedimento. Decide allora, credendo di fare cosa gradita, di parlarne direttamente con Enzo Ferrari, per segnalargli il malfunzionamento. A queste osservazioni, il Drake risponde in maniera stizzita, dicendogli più o meno: “Le mie macchine funzionano perfettamente. Sei tu a non essere capace di guidarle, pensa ai tuoi trattori”. Come ricorda suo figlio Tonino, Ferruccio torna a casa quella sera infuriato per essere stato trattato in quel modo. E in quel momento prende una decisione sorprendente e inaspettata: “Mi metto a fare le automobili”.  Ebbene, è stato grazie a un litigio tra due degli italiani più brillanti del dopoguerra che la vita della “Automobili Lamborghini”, destinata a segnare il mondo delle quattroruote, ebbe inizio nel 1963.

Il parere dei suoi collaboratori è contrario, a partire da quello di sua moglie Annita, che lo aiuta nell’amministrazione dell’azienda. Gli affari vanno a gonfie vele, perché prendere una strada così rischiosa? Ferruccio innanzitutto pensa che potrà trattarsi di una mossa pubblicitaria: il clamore destato dalle nuove auto Lamborghini sarebbe servito a diffondere ancora di più la notorietà del suo marchio. Però, come è nel suo stile, vuole fare le cose in grande: si procura quindi i migliori tecnici disponibili, tra cui gli ingegneri Paolo Stanzani e Gian Paolo Dallara (altro nome che ha contribuito a rendere grande la Motor Valley). E, come sappiamo, non sarà un successo solo di marketing. Come sede viene scelto uno stabilimento appositamente costruito a Sant’Agata Bolognese. Così come la Ferrari, anche la Lamborghini doveva avere un simbolo riconoscibile ed aggressivo. Ferruccio quindi optò per un toro, corrispondente anche al suo segno zodiacale. Anche il nome Miura, già citato, è connesso a questo: infatti così si chiama la razza più aggressiva di tori da combattimento.  

La prima auto, prodotta in un unico esemplare, è la 350 GTV, da cui derivò la 350 GT, il primo modello prodotto in serie e che ottenne un buon successo, rendendo già Lamborghini uno dei più grandi produttori in Italia di supercar. Poco dopo seguì, tra gli altri, il già citato capolavoro della Lamborghini Miura, che finì addirittura per essere esposta al MOMA in quanto considerata un’opera d’arte a tutti gli effetti.

Oltre ad avere un vasto background tecnico, Ferruccio curava le relazioni con i clienti più importanti. Paolo Stanzani ha raccontato che Lamborghini sapeva riconoscere il talento dei suoi dipendenti, dei quali si fidava e a cui dava la massima autonomia possibile, limitandosi a supervisionare i progetti.

Verso il finire degli anni ’60 però il vento inizia a cambiare direzione. L’economia entra in un periodo di crisi, che si ripercuote dal punto di vista sociale, con proteste sindacali che riguardano anche il settore metalmeccanico. A peggiorare la situazione è anche la scelta, rivelatasi infelice, di accettare un ordine dal traballante governo boliviano di cinquemila trattori che, una volta costruiti, non verranno mai pagati. Per far quadrare il bilancio Ferruccio è dapprima costretto a cedere gli stabilimenti alla FIAT, e poi a vendere le quote sia della Automobili Lamborghini che della Trattori, interrompendo di fatto la sua attività come costruttore nel 1973. Una scelta che per Ferruccio è stata, secondo Stanzani, dolorosa. Ma purtroppo il clima non era più lo stesso degli inizi, e il periodo di crisi, che per poco non gli è costato la bancarotta, lo ha segnato.

Si ritira quindi in una tenuta agricola sul Lago Trasimeno, dove può riscoprire la sua passione per l’agricoltura, sempre con il suo spirito vincente: come in passato, è in grado di radunare a sé le persone più qualificate (in questo caso enologi) e costituisce un’azienda vinicola e agrituristica tra le più all’avanguardia in Europa. La morte di Lamborghini, mai dimenticato dalle persone che hanno avuto la fortuna di conoscerlo, avviene nel 1993. E sono sicuro che da ora in poi, anche chi ha conosciuto solo adesso la sua storia, quando sentirà quel nome, non penserà solo ad auto sportive, velocità ed eleganza, ma anche a come un sogno può diventare realtà: passione, determinazione, capacità, intuito.

Fonti:

  • lamborghini.com;
  • museolamborghini.com;
  • motorvalley.it;
  • youtube.com (Intervista di Davide Cironi a Paolo Stanzani) (Intervista di Quartamarcia a Tonino Lamborghini)

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