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Robin Friday. Il calciatore più forte che non avete mai visto

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Britannico. Talento superbo. Fragile umanamente. Problemi di alcol.
Quasi qualunque appassionato di calcio, di fronte a questi quattro indizi, indicherebbe il nome di George Best, grandissima ala nord irlandese del Manchester United sul quale tanto ci sarebbe da scrivere e tantissimo è già stato scritto.
Eppure, per il vero tifoso inglese, il nome di Best non sarebbe l’unico a venire in mente.
Anzi, diversi potrebbero dire che c’è stato un altro calciatore che ha riassunto la carriera di Best, superandolo addirittura in diverse di queste sfaccettature. Ti potrebbero fare un altro nome, il nome di un giocatore che non ha mai giocato nella massima serie, e nemmeno in Nazionale. Un giocatore che aveva certamente il talento per farcela, ma che si è bruciato in appena un lustro diventando leggenda.
Alcuni appassionati di calcio farebbero il nome di Robin Friday, “il più grande calciatore che non avete mai visto”.

Nato ad Acton, periferia ovest di Londra, nell’estate del 1952, Robin Friday è fin da subito un ragazzo molto problematico: svogliato ed incostante negli studi, mostra però un notevolissimo talento calcistico. All’età di 10 anni è capace già di palleggiare con un arancia, a 12 è nella scuola calcio del Crystal Palace, a 13 in quella del Queen’s Park Rangers e a 14 mostra il suo talento nei giovanissimi del Chelsea: un talento unico che però si abbina ad un carattere ostinato e duro, che non permette agli allenatori di affinarne le capacità tattiche e che porta tutti, chi prima chi poi, a lasciarlo perdere. Robin ha talento da vendere, ma è individualista, non ascolta nessuno, in campo odia avversari e compagni.
A 15 anni molla la scuola e comincia a consumare droghe, lavorando nel frattempo come stuccatore. Ma è incostante anche nel lavoro, poco dopo lavora in una ditta di alimentari, poco dopo ancora pulisce le finestre. A 16 anni viene beccato dalla polizia mentre tenta di rubare un autoradio e finisce in riformatorio: qui rinforza il suo fisico in una maniera incredibile, mostrando anche il suo talento calcistico nella squadra carceraria, venendo selezionato nonostante la sua giovane età nella “All-Star” locale e ottenendo di potersi allenare con la squadra giovanile del Reading prima di tornare in riformatorio per dormire.
Scontata la condanna torna nel suo quartiere, conosce una ragazza di colore e la mette incinta. A quei tempi le coppie interrazziali sono cosa rara e malvista, ciononostante Robin sposa la ragazza, Maxine, e nel frattempo in qualche maniera diventa un calciatore, pur se lontano dal professionismo: sono i semi-dilettanti del Walthamston Avenue a credere in lui, dandogli il primo stipendio (10 sterline a settimana) e trovandogli un lavoro come asfaltista.

Il periodo nel primo club dura poco, il tempo di subire un aggressione in un pub per via della moglie di colore e di mettere in mostra tutto il suo repertorio dentro e fuori dal campo: dentro con il suo enorme talento (segna all’esordio, entrando dalla panchina) unito ad un fisico robusto e un coraggio senza pari, fuori con la sua attività di donnaiolo, alcolista e drogato. Difetti però poco noti e che non scoraggiano, nell’inverno del 1971, l’Hayes dal metterlo sotto contratto, triplicandogli la paga: i “Missioners” hanno appena giocato contro Friday, e il ragazzo li ha distrutti con due grandi reti.
Poco dopo aver firmato per il nuovo club, Friday rischia la vita in un incidente sul lavoro: cade da un tetto su di un largo palo, che gli perfora una natica e manca di un pelo un polmone. Robin non solo si libera da solo, ma in appena tre mesi è guarito e pronto a giocare. A modo suo però. Come sempre farà.
Accade che una volta l’Hayes inizi una partita in 10: nessuno sa dove sia Robin, anche se chi lo conosceva bene poteva immaginarlo. E’ al pub dello stadio, completamente ubriaco, e quando raggiunge i compagni e fa il suo ingresso in campo sono passati una decina di minuti. E’ talmente malmesso che vaga come un fantasma per il campo, inducendo gli avversari a ignorarlo, ed è un errore fatale: a pochi minuti dalla fine, approfittando della libertà concessagli, raccoglie un lancio e segna il gol della vittoria per la sua squadra.
Perché Robin Friday è così, avrà i problemi che ha ma sul campo è una spanna sopra a tutti, pur se si parla ancora di serie minori inglesi. In quella stagione l’Hayes avanza in Coppa d’Inghilterra fino a scontrarsi con il Reading, club di Quarta Divisione, l’ultimo grado del calcio professionistico: nonostante l’eliminazione subita, Friday si mette in mostra e colpisce Charlie Hurley, manager del club rivale, che ne ottiene i servigi per 750 sterline. L’allenatore cerca e ottiene informazioni sulla persona, oltre che sul calciatore, ma nonostante senta in giro di tutto su Robin decide di acquistarlo ugualmente, abbagliato dal suo talento.
L’ultima stagione nelle serie minori di Friday prima del passaggio al Reading è la sua migliore, e lascia il club con un notevole bottino di reti ma anche con ben sette espulsioni maturate in tre stagioni, un record se si pensa che si parla di un attaccante, un ruolo cioè che più che fare falli dovrebbe subirli.

E’ che Robin è così, è un combattivo, uno che pensa solo al pallone e a vincere. I primi allenamenti al Reading sono epici: in un partitella riesce ad azzoppare due o tre “compagni” con la sua foga agonistica, costringendo subito il manager a toglierlo e farlo allenare a parte per evitare che i veterani lo stendano duramente. Mister Hurley vorrebbe aspettare quindi a lanciarlo, ma pochi mesi dopo il Reading è in una posizione di classifica delicata e non vince da mesi, mentre Robin con la squadra Riserve sta facendo faville: un piccolo club come il Reading non può permettersi di fare a meno di un giocatore così.
Il suo esordio è, secondo i media locali, “stupefacente”, e una settimana dopo arriva anche il primo gol, pur se i “Royals” escono sconfitti. Da lì è un crescendo incredibile: in pochi mesi i tifosi del Reading hanno un nuovo idolo, è quel ragazzo che gioca senza parastinchi, che segna gol sensazionali, come quando contro l’Exeter si beve l’intera difesa da solo prima di sparare un missile rasoterra imparabile. E’, soprattutto, quel ragazzo che non molla mai, che ogni volta che viene steso si rialza più forte di prima, che quando viene costretto dai duri interventi dei difensori del Lincoln City a stare fuori dal campo per dieci minuti rientra in campo ancora più determinato e segna le due reti della vittoria, la dove altri avrebbero mollato per paura di rimetterci una gamba.
Eppure i suoi demoni non lo abbandonano: fuori dal campo è sempre peggio, viene espulso da diversi pub e locali della zona per i suoi atteggiamenti eccessivi, come quando si toglie il cappotto e sotto è completamente nudo o come quando ballando provoca gli avventori. I compagni sopportano certi atteggiamenti per via del suo enorme talento, ma alcuni pensano che quel talento rischi di andare a rotoli. Viene trasferito in una casa vicino al club, ma si segnala per il mettere dischi di heavy metal a volumi allucinanti e in orari notturni, spesso in preda ai deliri del LSD.
Continua a contribuire al club a fasi alterne: quando c’è è decisivo, migliorando la classifica del Reading e attirando l’interesse di squadre di prima divisione, ma quando non è in giornata è incredibilmente autodistruttivo, beccando ammonizioni ed espulsioni inutili che gli fanno mancare partite decisive. Passano così due stagioni, in cui è comunque sempre il migliore del club, e nella terza stagione da professionista al Reading decide di fare le cose seriamente: trascina letteralmente il club alla promozione in terza divisione, un risultato inaspettato e che arriva grazie alle sue 20 reti, una delle quali va raccontata: ricevuto un pallone lungo, Friday controlla con il petto e calcia in rovesciata da fermo senza guardare la porta alle sue spalle. La palla percorre 30 metri in pochi secondi e poi si insacca nell’angolino alto alla destra del portiere, stupendo compagni, avversari, spettatori e persino l’arbitro, che a fine partita si congratula con Friday per il gesto tecnico, definendolo il gol più bello mai visto. Friday risponde così: “Davvero? Allora dovresti venire a vedermi giocare più spesso.”
Quando arriva la promozione Friday salta oltre i cartelloni pubblicitari, afferra un poliziotto e lo bacia. “Lo avevo visto tutto serio, invece era un momento di festa. Ma mi sono pentito di averlo fatto, visto che odio così tanto i poliziotti”, dirà poi a proposito del gesto.

La squadra è promossa, Robin nel frattempo ha divorziato da Maxine e si è risposato con Liza, una ragazza di Reading, in un matrimonio da ricordare, dove prima viene visto fuori dalla chiesa intento a rullare uno spinello, quindi al matrimonio scatta una rissa tra gli invitati, tutti ovviamente “fuori”, che finisce con il furto di alcuni regali degli sposi, tra cui un grande quantitativo di marijuana.
Anche la promozione della squadra ha cambiato Friday, che nonostante sia l’idolo dei tifosi viene quasi costretto ad andarsene dal presidente del club, che ricatta lui e i compagni offrendo uno stipendio inferiore a quello promesso in caso di promozione. Inoltre il giocatore rifiuta di cambiare stile di vita, ed è così che, dopo una serie di prestazioni scialbe, il club scarica la sua croce e la sua delizia: Friday viene ceduto al Cardiff City, una squadra di seconda divisione, che per lui spende 28.000 sterline.
Nonostante il salto di categoria, l’attaccante rifiuta il trasferimento per via della troppa lontananza da casa, ma quando viene messo di fronte alla scelta “o Cardiff o senza squadra” accetta e si decide ad andare in Galles.
Dove, va detto, si presenta in grande stile: viaggia in treno senza biglietto e viene arrestato appena arriva alla stazione. L’allenatore del club, Jimmy Andrews, sa tutto o quasi delle abitudini di Robin, ma a discapito di ciò definisce il suo acquisto per sole 28.000 sterline “un vero e proprio furto” – ai danni del Reading, s’intende.
L’esordio di Friday con la maglia del Cardiff avviene dopo una notte dove si dice si scoli ben dodici pinte di birra: avversario è il Fulham, guidato in difesa dall’ex-pilastro della Nazionale Inglese Bobby Moore. Bene, Robin lo ridicolizza, segnando due reti e omaggiandolo di una strizzata ai testicoli, un modo per dire “ehi, io sono Robin Friday e me ne frego di te”. Andrews chiama il vecchio allenatore di Robin e ne esalta le qualità, raccontando di come Moore ancora non si capaciti di cosa ha visto, ma Hurley è scettico: “Jimmy, lo avete da soli quattro giorni. Dagli qualche mese…”

E infatti, qualche mese dopo, siamo già al delirio. Friday salta numerosi allenamenti, si scazzotta con avversari e perfino compagni, viene trovato nudo e svenuto negli hotel dove la squadra va in ritiro più e più volte. Prende più volte il treno per andare e venire da Cardiff a Bristol, dove risiede, e mai pagando il biglietto. Anzi, se non si chiude nel bagno del treno finge di essere egli stesso il controllore, e così facendo si appropria di un biglietto e rifiuta di restituirlo. Una mattina il suo vecchio allenatore Hurley se lo ritrova nel suo ufficio, a Reading: “Boss, non posso giocare per quel piccolo bastardo – dice riferendosi al manager del Cardiff – e tu sei l’unico che sa come trattarmi. Posso tornare a giocare con voi?”
Ma il Reading non può permettersi di riacquistarlo, e così Friday deve tornare al Cardiff, dove in mezzo a tutti i casini di una vita sottosopra e a prestazioni anonime, trova il modo di segnare una rete che lo fa passare alla storia.
E’ il 16 Aprile del 1977. Il Cardiff, grazie anche alle prestazioni incostanti di Friday, è in piena zona retrocessione, e riceve il Luton, in corsa invece per la promozione. E’ una partita maschia, Robin fa di tutto per segnare scontrandosi più volte in modo energico con il portiere avversario finché, frustrato, non lo colpisce al volto con una pedata.
Viene ammonito e decide di scusarsi, avvicinando il rivale e porgendogli la mano, ma Aleksic, questo il nome del portiere, rifiuta la stretta e fa ripartire il gioco passandola ad un difensore: ecco allora che Friday scatta con tutta l’energia che ha in corpo, insegue il difensore, recupera il pallone, punta il portiere, lo mette a sedere e deposita il pallone in rete. E’ un gol strepitoso, che la punta del Cardiff festeggia mostrando le dita a V al portiere rivale a terra: un segno di vittoria, ma anche un offesa. E’ un istantanea che ci lascia questo magnifico calciatore, l’ultima e la più importante.

Il Cardiff si salva ma la stagione successiva le cose vanno solamente peggio, sia per il club che per lo stesso Robin: nell’estate si ammala di un misterioso virus che gli fa perdere oltre 10 chili e lo tiene lontano dai campi per tre mesi. Quando rientra l’avversario è il Brighton & Hove Albion, e il suo rivale diretto è lo stopper Mark Lawrenson, che non risparmia entrate al limite del regolamento. La cosa frustra talmente Friday che alla prima occasione, su un intervento in scivolata del rivale, lo salta e lo colpisce con un calcio in pieno volto.
E’ ovviamente espulso, ma anziché raggiungere il suo spogliatoio raggiunge quello dei rivali, trova la borsa di Lawrenson e vi defeca dentro.
La misura è colma, il Cardiff in 10 e già ultimo in classifica perde 4 a 0 e Andrews, l’allenatore che aveva creduto di poterlo capire, getta la spugna: Friday finisce fuori squadra, riappare solo di tanto in tanto e a fine anno annuncia il suo clamoroso ritiro.
“Ne ho abbastanza di sentire persone dirmi cosa devo o non devo fare”, dice al manager del club, che lo lascia andare volentieri: così la stagione 1977/78, la quinta da professionista, è l’ultima da calciatore per Robin Friday. Si ritira a soli 25 anni.

Torna a casa, nella sua Londra, e riprende il lavoro di asfaltatore e decoratore. Un lavoro che non porterà le folle adoranti, ma a Robin va bene così: può bere quanto vuole, drogarsi quanto vuole e senza rendere conto a nessuno. Divorzia anche dalla seconda moglie, viene contattato dal Brentford ma quando ha già svolto il ritiro e sembra essere in forma ci ripensa e molla tutto. Lo contatta anche il Reading, il “suo” Reading, costretto da una raccolta di firme dei fans, ma anche in questo caso declina: quando il nuovo manager, Maurice Evans, gli prospetta di mettere la testa a posto “per tre o quattro anni, così arriverai anche in Nazionale” risponde chiedendo l’età dell’interlocutore e aggiunge: “Ho la metà dei tuoi anni e ho già vissuto il doppio di te”. Evans aggiungerà, anni dopo, che aveva ragione Robin.
La vita di Friday si incasina sempre di più: si sposa una terza volta nel 1980, 28enne, ma divorzia appena tre anni dopo. Finisce a vivere in una casa popolare ad Acton, permanenza che intervalla con quella in prigione, dove viene mandato per essersi travestito da poliziotto ed aver sequestrato droga – che naturalmente poi utilizza. Il suo corpo viene trovato privo di vita il 22 Dicembre del 1990, quasi 13 anni esatti dopo il suo abbandono dal calcio.

Robin Friday viene eletto dai tifosi del Reading “Calciatore del Millennio”. Lascia con appena 3 stagioni e mezzo al Reading e una e mezzo spesa al Cardiff, senza aver mai giocato in Prima Divisione ne in Nazionale e senza aver mai vinto un trofeo. Eppure la sua storia è importante, perché era un giocatore che aveva molto più talento di tanti altri che sono arrivati ad alti livelli, un talento racchiuso però in una mente instabile e tormentata.
La band gallese dei “Super Furry Animals” gli dedica un singolo, “The Man don’t give a Fuck”, che in copertina immortala il gesto rivolto ad Aleksic durante Cardiff – Luton.
Friday era un calciatore duro ed egoista, incapace di giocare di squadra ma fermo nel suo proposito, una volta ricevuto il pallone, di puntare l’intera difesa da solo per segnare, cosa che avveniva poi anche abbastanza spesso. Era comunque amato da compagni e tifosi perché “averlo in squadra voleva dire avere un centravanti ed un centrocampista allo stesso tempo”, come dirà un ex-compagno. “Dopo un duro contrasto si rialzava immediatamente e tornava subito alla caccia del pallone”.
Un talento, insomma, frenato soltanto da se stesso. Un talento così grande, comunque, da riuscire in appena 5 stagioni di serie inferiori inglesi ad entrare nell’immaginario collettivo della patria del football. Un uomo che, se non è stato un campione, è stato semplicemente perché non ha voluto esserlo. Lui preferiva essere semplicemente Robin Friday, “il più grande calciatore che non avete mai visto”.

“Sul campo odio tutti gli avversari.
Non mi importa niente di nessuno.
La gente pensa che sono pazzo, lunatico.
Io sono un vincente.”

 

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