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I racconti del Commissario – Un Toro da Formula 1 (2ª puntata)

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La nuova Lambo andava portata in salvo

Dopo la sparizione di Gonzalez Luna e senza più finanziatori il destino della monoposto preparata da Forghieri e soci sembrava segnato, con l’innovativa vettura emiliana destinata ad impolverarsi in un capannone modenese e la Lamborghini Engineering sarebbe rimasta nel suo semplice ruolo di fornitrice di motori. Ma non tutto era perduto. Fu proprio “Furia” a muoversi tra le sue tante amicizie soprattutto nel mondo della auto storiche e finalmente il nome di un possibile finanziatore saltò fuori. Ma non si trattava di un nome qualunque bensì di Carlo Patrucco, monferrino all’epoca quarantacinquenne e candidato a succedere a Sergio Pininfarina nella carica di presidente di Confindustria. Patrucco aveva ricoperto la presidenza dei Giovani Industriali dal 1982 al 1984 per diventare poi vicepresidente dello stesso Pininfarina con l’importante delega ai rapporti con i sindacati. Dopo avere ricoperto la presidenza di varie società si era da poco lanciato nel mondo della produzione di caschi acquisendo l’AGV, la Nolan Helmet e la Opticos controllando un gruppo da 500 miliardi di lire. Un personaggio dalle solide radici in Italia e con ottime fondamenta economiche, che raccolse rapidamente altri sponsor per assicurare un futuro alla vettura preparata dalla Lamborghini Engineering. Le voci del tempo parlarono di un investimento da 12 miliardi di lire, più che sufficienti a scendere in pista.

Nasce il Modena Team

Partì così un “salvataggio” dell’ultimo minuto per garantire la partecipazione al Mondiale di Formula 1 1991. Nonostante la validità del progetto e dei nomi coinvolti, da parte della proprietà americana di trasformare la Lamborghini Engineering in una vera squadra corse non se ne parlava nemmeno. Si creò così una nuova realtà per iscriversi al campionato che prese il nome di Modena Team. Quest’ultima nasceva come società legalmente separata dall’Engineering della quale era nominalmente cliente, come una vera squadra corse che avrebbe portato in pista le Lambo 291 spinte dal V12 del Toro progettate dal gruppo di lavoro di Forghieri. In pratica il team trovò posto accanto alla struttura ufficiale di Lamborghini con un solo reticolato a dividerle e gli stessi uomini in ruoli differenti a comporre il gruppo di lavoro: il manager Daniele Audetto, l’ingegner Forghieri e con loro i tecnici Martini, Gestri, Giachi, Guerri e Bolletta, questi ultimi provenienti dalla Ferrari insieme a “Furia”. Un gruppo sicuramente poco numeroso ma preparato e validissimo per costruire e sviluppare l’interessantissima monoposto “made in Modena”. Con altri innesti di collaboratori esperti come l’Ingegner Tollentino dall‘Alfa Romeo insieme ad altre risorse di provenienza Scuderia Italia la squadra poteva dirsi al completo. Infine il comparto piloti venne rapidamente organizzato ingaggiando ufficialmente Nicola Larini ed Eric Van de Poele (anch’egli “portatore sano” di sponsorizzazioni) con il bolognese Marco Apicella come collaudatore.

Inizia la grande avventura

Non restava che buttarsi nella mischia, con l’entusiasmo decoubertiniano di chi è già riuscito in una grande impresa ma con la voglia di farsi valere di chi sa quanto di buono sta facendo. Con questo spirito il Modena Team si presentò al via del Gran Premio degli Stati Uniti a Phoenix, prima prova del Mondiale 1991. Con ben 34 iscritti e solo 26 posti in griglia non era complicata soltanto la semplice qualificazione alla corsa, ma anche la pre-qualificazione. Infatti in quegli anni di straordinaria partecipazione per selezionare i 30 partecipanti alle qualifiche era stata istituita un’ulteriore sessione in cui le squadre peggio piazzate del campionato precedente si giocavano l’ingresso alle prove ufficiali. Una vera e propria terribile battaglia da tenersi alle 8 del venerdì mattina, su piste non ancora “gommate” e gomme di seconda scelta a garantire una precaria aderenza. Una sfida senza appello alla quale erano ovviamente chiamate anche le squadre esordienti come appunto il Modena Team. L’esordiente squadra emiliana si trovò così a lottare contro avversari ben attrezzati come la coppia Pirro-Letho per la Scuderia Italia e quella De Cesaris-Gachot con l’altrettanto esordiente Jordan. Eppure quel venerdì 8 marzo 1991 si compì l’impresa: sull’infido cittadino della capitale dell’Arizona Nicola Larini piazzò la sua Lambo 291 tra i prequalificati ed il giorno dopo si ripeté ottenendo la diciassettesima posizione in griglia tra i 26 piloti al via della gara. La monoposto nata a Modena aveva evidentemente del potenziale oltre alle linee eleganti e la splendida livrea blu metallizzato. La conferma arrivò in una gara dove ben diciotto vetture alzarono bandiera bianca e Larini riuscì a vedere la bandiera a scacchi in settima posizione, seppur staccato di tre giri dal vincitore Senna. Una piccola impresa, che oggi varrebbe ben sei punti mondiali ed unanimi applausi, ma in un’epoca in cui si veniva premiati in classifica solo se si giungeva al massimo sesti a fronte di una numerosa partecipazione il piazzamento del pilota toscano passò quasi inosservato. Per gli uomini di Forghieri però fu una straordinaria spinta a proseguire.

La beffa di Imola

Dopo una trasferta brasiliana in cui le cose non andarono altrettanto bene (entrambi i piloti non passarono le prequalifiche) si giunse alla terza gara di campionato a Imola, in pratica il circuito di casa per il Modena Team che vi aveva svolto buona parte dei collaudi iniziali della 291. Questa volta fu Van de Poele che riuscì a qualificare la vettura in un’onorevolissima ventunesima posizione  con l’intenzione di ripetere la prestazione americana di Larini applicando la medesima strategia: evitare guai ed attendere che la gara mietesse le sue “vittime”. La primavera romagnola si sa essere particolarmente imprevedibile ed il libeccio che spira dalla Vallata del Santerno porta nubi cariche di pioggia per poi spazzarle rapidamente via. Anche quel giorno non fece eccezione e lo scroscio che inondò l’Enzo e Dino Ferrari poco prima della partenza lasciò spazio al sole ma rese la gara ricchissima di insidie fino dal giro di allineamento. Per conferma chiedere a Prost che si girò con la sua Ferrari senza nemmeno riuscire a partire. Van de Poele invece indovinò tutte le mosse conducendo senza forzare una gara intelligente e priva di sbavature tanto da issarsi fino ad una insperata quinta posizione. Il momento di gloria per il neonato Modena Team sembrava avvicinarsi giro dopo giro ma si stava invece approssimando la più atroce delle beffe. Giunto proprio in vista della bandiera a scacchi, alla curva Rivazza, la Lambo del pilota belga ammutolì di colpo senza nemmeno un filo di fumo. La causa del ritiro fu assurda quanto letale: benzina finita. Sarebbero bastate poche centinaia di metri per cambiare completamente la storia di Eric, del Modena Team ed anche della Lamborghini stessa ed invece fu a quanto pare un semplice sbaglio a cambiare il corso degli eventi. A distanza di trent’anni e dopo mille ipotesi pare infatti che l’addetto al rifornimento in squadra avesse semplicemente immesso una quantità di carburante inferiore a quanto calcolato. Giusto per dimostrare quanto l’assoluta banalità di un errore umano possa sconvolgere drammaticamente il futuro.

A seguire: 

Van de Poele in gara lotta con la Ligier di Boutsen, anch’essa equipaggiata con il V12 Lamborghini. Al commento tecnico insieme a Mario Poltronieri troviamo lo stesso Mauro Forghieri (Alfetta Unocinquenove su YouTube)

Verso l’epilogo 

La cocente delusione imolese fu il punto di non ritorno per la storia della squadra. Da lì in poi l’ambiente divenne pesante e la coesione iniziò a mancare insieme alle risorse economiche, diventate ormai appena sufficienti a portare avanti la stagione. La situazione creatasi logorò rapidamente anche il rapporto tra Lamborghini Engineering ed il “cliente” Modena Team. I progetti di sviluppo aerodinamico e telaistico della vettura non vennero attuati perché mancavano i fondi per realizzarle nella pratica e le modifiche già programmate alle pance della vettura rimasero sulla carta. Rimasero così irrisolti i problemi di raffreddamento che avrebbero compromesso l’affidabilità in gara, se solo le Lambo fossero riuscite a partire. Da Imola in avanti infatti Van de Poele non sarebbe più riuscito a qualificarsi mentre Larini prenderà il via a Budapest, Monza e Adelaide giungendo sedicesimo nelle prime due occasioni come “miglior” risultato. In pratica il Modena Team terminò la stagione per evitare di pagare una salatissima penale per chi si fosse ritirato dal mondiale, ma poco dopo Imola la situazione era già definitivamente compromessa. Ulteriore beffa fu l’ammissione diretta alle prove ufficiali, visto che il settimo posto di Larini a Phoenix aveva garantito alla squadra di evitare le pre-qualifiche per il risultato ottenuto! Il Gran Premio d’Australia fu così l’ultima gara che vide al via una monoposto completa del Modena Team, che chiuse la sua avventura. L’anno successivo la Lamborghini Engineering tornò al semplice ruolo di motorista equipaggiando Minardi e Venturi Larrousse. Anche l’esperienza come fornitore di propulsori sarebbe proseguita solo per un’ulteriore stagione e sempre attraverso l’ormai storico legame con la squadra francese, unico cliente ufficiale, e con la McLaren che mise alla prova il V12 di Sant’Agata su una MP4/8 pilotata da Ayrton Senna e Mika Hakkinen. Ma questo lo scoprirete in un altro “Racconto del Commissario”…

 

 

 

 

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