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Le Mans 2023: il ritorno di Ferrari – prima parte

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Un’ annuncio che cambia la storia

L’automobilismo è fatto di miti. Vetture, uomini e circuiti che hanno regalato sogni per oltre un secolo unendosi o scontrandosi, creando una storia che assomiglia tanto ad un poema epico. Il mito dei miti, inutile negarlo, è nato nella Motor Valley ed è rappresentato in tutto il globo da un cavallino rampante. Un altro mito è quello di una corsa lunga un giorno che da quasi cento anni trasforma una città del nord della Francia nel centro del mondo dei motori. Una casa ed una corsa che si sono legati ingigantendosi l’un l’altro reciprocamente, ma da molto, troppo tempo sembravano lontani. Almeno fino ad un annuncio che un paio di giorni fa ha cambiato la storia: vediamo perché.

Le origini della leggenda

Nata nel 1923 e sospesa per ovvi motivi fino al 1949, la 24 ore di Le Mans rappresentava al pari della Mille Miglia un’occasione imperdibile per i costruttori di auto sportive desiderosi di mostrare il valore dei loro prodotti. Per un costruttore appena nato come Ferrari una grande vittoria oltralpe rappresentava un’enorme possibilità di salire alla ribalta internazionale ed a capirlo prima di tutti fu un uomo di nome Luigi Chinetti . Vecchia conoscenza di Ferrari fin dai tempi dell’Alfa Romeo, Chinetti era una vera “volpe” del mondo delle corse. Trasferitosi in Francia per seguire i clienti sportivi del Biscione, aveva anche ottenuto due vittorie alla 24 ore nei panni di pilota prima di emigrare negli Stati Uniti. In quella prima edizione del dopoguerra fu proprio lui a credere nelle vetture di Maranello, cogliendo la vittoria al volante della stessa 166 MM con cui Clemente Biondetti aveva fatto sua la Mille Miglia.

L’albo d’oro vede accanto al nome di Chinetti anche quello di “Lord Seldson”, al secolo Peter Mitchell Thompson, proprietario della vettura iscritta e nominalmente secondo componente dell’equipaggio. In pratica il britannico tenne il volante appena una mezz’ora. Chinetti spingeva Ferrari ad esportare le sue vetture oltreoceano, proponendosi come gente. Il trionfo fu una potentissima arma di convincimento nei confronti di un dubbioso Ferrari, che alla fine acconsentì. La storia racconta che nel 1953 Chinetti divenne il primo e per decenni unico importatore sulla rotta Maranello-”States”, trasformando in breve gli

“Golden age”

Rotto il ghiaccio con la 24 ore, Ferrari nei due decenni successivi trasformò Le Mans in uno degli appuntamenti decisivi della stagione. Gli anni Cinquanta furono una specie di “derby” tra Maranello ed il Regno Unito, rappresentato da Jaguar ed Aston Martin.

Nonostante le mai troppo vaste risorse economiche giunsero a Maranello altri due trionfi (1954 e 1958) prima che si aprisse il momento d’oro per la Scuderia. Dal 1960 al 1965 le vetture del “Drake” divennero le dominatrici incontrastate della Sarthe stringendo con la corsa francese un legame inscindibile. Le storie legate a quei trionfi sono praticamente infinite, ricordiamo solo quella tutta italiana del 1963 con Bandini e Scarfiotti a cingersi d’alloro e quella del 1965 con Rindt e Gregory coadiuvati, pare, dal “fantasma” Ed Hugus. Quest’ultimo trionfo, del tutto inatteso, fu colto da una 250 iscritta dal NART.

Davide contro Golia

Se non puoi comprarli, battili. Così potremmo introdurre l’approccio della Ford nell’assalto alla 24 ore di Le Mans dando vita all’epico duello contro Ferrari raccontato, un po’ liberamente, anche sul grande schermo. Alla Scuderia non bastò più nemmeno il genio di Mauro Forghieri per contrastare l’assalto dell’armata americana tra il 1966 ed il 1969. Ma Enzo Ferrari attendeva solo il momento propizio per rientrare ed infatti nel 1970 scatenò l’offensiva per tornare al vertice. Peccato che quell’anno segnò l’inizio del regno Porsche in quel di Le Mans e l’unico lampo per il cavallino fu quello della privatissima 512M del Team Penske  l’anno successivo. Ci fu spazio solo per un ultima partecipazione ufficiale nel 1973, quando le 312P appositamente riprofilate per i lunghi rettilinei della maratona francese si dimostrarono velocissime ma non sufficientemente affidabili per battere una pur pasticciona Matra Simca. I transalpini misero in campo il meglio delle loro risorse per cogliere la seconda vittoria consecutiva alla 24 ore e, già che c’erano, anche quella nel mondiale marche. La doppia sconfitta lasciò il segno in una Ferrari che stava completamente riorganizzando la Gestione Sportiva. Sulla stampa specializzata le voci di ritiro dal mondo endurance iniziavano a rincorrersi. 

Un capitolo chiuso

A fine 1973 si vide in un test al Paul Ricard una versione ampiamente riveduta della 312P  che, a detta di Ferrari, avrebbe disputato poche e selezionate gare l’anno successivo con la coppia di piloti ufficiali Lauda-Regazzoni. Le risorse però erano limitate e la competitività tutta da dimostrare, mentre l’imperativo era tornare ai vertici in Formula 1. Il nuovo direttore sportivo Luca Cordero di Montezemolo orientò, con successo, tutti gli gli sforzi sulla massima formula. La scelta cambiò di fatto la storia non solo della stessa Ferrari, ma anche delle corse automobilistiche. Da allora l’epoca d’oro delle gare di durata si chiuse e la Formula 1, ben gestita dal “padrino” Ecclestone, divenne l’espressione dell’automobilismo sportivo per antonomasia catalizzando tutte le attenzioni e le risorse economiche. Le Mans mantenne il suo prestigio con l’impegno di Porsche, Peugeot, Audi e Toyota, ma gli universi Formula 1-Endurance si allontanarono sempre di più, arrivando ad un’aperta ostilità. Merzario in fuga a Le Mans nel 1973. Arriverà solo la piazza d’onore  

Cavallini imbrigliati

Il sogno della 24 ore non si è però mai sopito a Maranello e soprattutto tra i clienti sportivi del cavallino. Negli anni le Ferrari sono diventate protagoniste delle classi GT, dove hanno colto ben 27 successi a partire dai primi anni Settanta con le Daytona per giungere ad oggi con le 488 GT2 gestite in pista dalla piacentina AF Corse, in pratica emanazione diretta della casa.

Il ricordo di una rossa che sfida le grandi marche per riappropriarsi della vittoria assoluta è però divenuto sempre più sbiadito ed intere generazioni di tifosi non sanno nemmeno che esiste una Ferrari vincente fuori dalla Formula 1. A dire il vero le possibilità ci sono state. A metà anni Novanta la splendida 333 SP nacque per volere di Piero Ferrari diventando regina tra Daytona e Sebring, ma per tentare l’assalto a Le Mans. non ci fu mai un vero appoggio da parte della casa, che vide in quella biposto una figlia non proprio benvoluta. Ci fu anche l’interessantissimo tentativo di realizzare una “GT1” su base F50 per rinnovare la sfida alle Porsche, ma quella vettura che nel 1996 venne provata dal collaudatore Benuzzi a Fiorano venne rapidamente pensionata per sempre sulla spinta di una presidenza Montezemolo che aveva come priorità il ritorno alla vittoria in F1 con il nuovo arrivato Schumacher. La scelta venne ampiamente ripagata dai fatti, ma la nostalgia di tanti appassionati per i cavallini da endurance è rimasta intatta. Da mercoledì l’attesa è finita. In che modo ve lo raccontiamo nello speciale di domani! 

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