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È una caccia ai colpevoli? È imperativo prima chiudere nel modo migliore possibile la stagione, per la Virtus Segafredo. L’editoriale del lunedì

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La settimana più importante, possiamo dire la decisiva della stagione della Virtus Segafredo non è finita come in tanti ci si aspettava. C’è anche chi sostiene che ce ne fossero le avvisaglie; io, sinceramente, non ci ho creduto fin quando non è accaduto il crollo virtussino contro una forte ma battibile Kazan, ma anche sabato scorso contro l’ancor più forte ma nonostante questo non imbattibile Armani Milano. Ci sono certamente scusanti come l’assenza improvvisa di Tessitori e poi anche di Markovic; si può recriminare, per modo di dire, su alcune decisioni arbitrali, come quasi sempre in ogni partita; tuttavia resta inoppugnabile il fatto che questa Virtus abbia perso il treno per partecipare all’Eurolega il prossimo anno e la speranza, come consolazione, di finire seconda in campionato e quindi avere almeno il vantaggio del fattore campo sulla terza, una volta raggiunta la semifinale. A questo punto si sono già moltiplicati i leoni da tastiera che sui social hanno pienamente individuato colpevoli e capri espiatori. Il più gettonato, in tal senso, è il coach, un Sale Djordjevic che a dire il vero non è parso brillante in queste ultime partite, ma che prima di essere condannato alla lapidazione merita, a mio parere, alcune riflessioni.

La Virtus quest’anno ha espresso un gioco come mai si era visto da anni e anni, almeno una ventina, sui parquet bianconeri. La Virtus quest’anno ha vinto 19 gare su 21 in Eurocup, e in campionato salvo soprese sarà terza nella stagione regolare, nonostante il gravoso doppio impegno. La Virtus di Djordjevic ha portato in Nazionale e proposto all’attenzione dell’ambiente uno dei giovani più promettenti, direi anzi una realtà come Alessandro Pajola. Vogliamo dare merito al coach di tutto ciò?

Allo stesso tempo, la Virtus quest’anno ha perso con una certa sistematicità gli incontri “decisivi”. Non parlo tanto della Supercoppa, trofeo assegnato in una fase di stagione improponibile, ancor più quest’anno con i ritardi obbligati dei tempi di preparazione precampionato, ma dell’immediata uscita dalla Coppa Italia e dall’ancor più dolorosa estromissione dalla finale di Eurocup. Su questo, il coach può avere delle responsabilità.

Dopo la sconfitta con Milano le sue esternazioni sono state piuttosto acide: “Sono avvelenato perché sto mettendo la faccia da quando sono arrivato qui in società ma non posso andare contro qualcosa che sento profondamente mio e giusto da dire: così non si gioca”. È indiscutibile che l’atteggiamento difensivo di alcuni suoi giocatori non sia stato quello di chi ha il coltello fra i denti, e sabato la Virtus ha patito l’intensità dei milanesi pressoché quanto mercoledì quella dei russi. Una differenza è venuta nel secondo tempo, probabilmente anche perché gli uomini di Messina hanno cominciato a sentire in cassaforte la partita e hanno rallentato in vista di una settimana per loro durissima. La Virtus in tal modo ha recuperato ed ha dato l’illusione di poter addirittura vincere, fallendo il – 2 a pochi minuti dalla fine. E qui sta il problema: Djordjevic, sceglie di affrontare il finale con i “titolari” a prescindere dai valori emersi prima sul campo, come già accaduto anche contro Kazan e un po’ sempre tutta la stagione. C’è una logica, in tutto ciò: ritiene alcuni giocatori migliori degli altri e si affida a loro nei momenti decisivi. La cosa a volte ha pagato, altre no (d’altra parte manca sempre una riprova alternativa se non puramente teorica). Il campo aveva detto, sia con Milano che con Kazan, che con alcuni considerati “panchinari” la Virtus stava avendo un rendimento più produttivo, in qualche caso, vedi Milano, con divario nettissimo, come dimostrato dai +/- statistici di fine gara: con Alibegovic, Adams (i soli col valore positivo), Abass, Pajola la squadra riusciva a mettere in difficoltà gli avversari, con Weems, Belinelli, Teodosic e Gamble tutto l’opposto. Per non parlare di Hunter che sembra pagato a cottimo, con la paura di impiegarlo in misura troppo onerosa, pur essendo quasi unanimemente il giocatore più forte di questi ultimi mesi. Ma Djordjevic si è giocato il finale, subendo un 7-0 negli ultimi 80 secondi, con i suoi “pretoriani”. Sorgono quindi dubbi su scelte difficile da comprendere se si considera che in fase di presentazione della squadra si era parlato di un allungamento del roster per sostenere il doppio impegno; poi, però, i giocatori davvero impegnati nei momenti cruciali sono stati selezionati più per pedigree che per le loro prestazioni, tra l’altro con l‘evidenza di una difficoltà a reggere in difesa con la compresenza di certi giocatori sul parquet. Sono provocatorio, non parlo di valori assoluti, ci mancherebbe, ma solo di rendimento in questa fase di stagione: siamo sicuri che oggi come oggi il quintetto con Pajola, Adams, Abass, Alibegovic e Hunter non riuscirebbe a battere quello con Teodosic Belinelli, Weems, Ricci e Gamble? Facendo attenzione sul fatto che esiste una doppia fase di gioco, composto sia da attacco che da difesa, e che fare 100 punti prendendone 101 è peggio che farne 70 prendendone 69.

Detto che la stagione deve ancora finire, che il campionato potrebbe ancora riservare soddisfazioni, che fare processi sommari a questo punto sarebbe inopportuno, che in ogni caso non si potrà negare a Djordjevic di averci fatto divertire, anche entusiasmare, da quando siede sulla panchina virtussina, ci sia permesso di nutrire dubbi sulla gestione di quest’ultima da parte sua. Anche se queste rimangono parole e si spera, per chi ha nel cuore le Vu Nere, che i fatti le smentiscano in un finale di stagione potenzialmente ancora tutto da giocare. Si rimandino le valutazioni finali alla vera conclusione – e di conseguenza le scelte che potrebbero derivarne – visto che di mezzo ci sono ancora da giocare i play off italiani. Lo sport, d’altronde è fatto di vittorie e di sconfitte, ottenere il massimo degli obiettivi ai primi assalti non è quasi mai possibile e che occorrano lavoro e pazienza per arrivare ai traguardi più ambiziosi, anche se si spendono tanti soldi, è la prima cosa da imparare. Da parte delle società, in primis, ma sarebbe il caso pure da parte dei tifosi.

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